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Sull'isola di Bergman - Recensione: scatole cinesi a Fårö - Torino Film Festival 2021

Estremamente personale e rispettoso, non cerca di scimmiottare il Maestro svedese ma riesce a raccontare il tempo e la quotidianità di una coppia di artisti

Sull'isola di Bergman, film di Mia Hansen-Løve, è uno dei titoli di punta delle sezioni fuori concorso di questo 39° Torino Film Festival, dopo la presentazione al Festival del Cinema di Cannes che ha convinto molto sia il pubblico sia la critica. 

 

Il film della regista francese quarantunenne, già Premio Speciale della Giuria della sezione Un Certain Regard di Cannes nel 2009 e Orso d'argento alla Berlinale nel 2016, è un vero e proprio omaggio al Maestro di Uppsala e al suo luogo più rappresentativo: l'isola di Fårö.  

 

Il sogno di ogni bergmaniano (come chi scrive, ndr) e di ogni artista che si ispira all'opera del regista svedese è quello di potersi mettere a lavorare e vivere nei luoghi dell'autore di Persona: il film di Mia Hansen-Løve parte proprio da questo presupposto.

 

Sull'isola di Bergman infatti ci mostra il soggiorno della coppia di autori cinematografici Chris (Vicky Krieps) e Tony (Tim Roth) a Fårö: entrambi appassionati della filmografia di Ingmar Bergman, avranno la possibilità di muoversi nei luoghi simbolo mentre portano avanti la scrittura dei rispettivi film. 

 

[Il trailer di Sull'isola di Bergman, il film sarà distribuito da Teodora Film dal 7 dicembre]

 

 

Lui autore di Cinema di genere, lei più indirizzata al Cinema romantico e drammatico: si troveranno a dormire nella stanza di Scene da un matrimonio - come si sente nel trailer "il film che ha spinto milioni di coppie a divorziare" - mentre si intrecciano il processo creativo di due artisti, la vita di coppia e il fantasma di uno dei più grandi autori di sempre.

 

Tutto il primo atto del film gioca sul confronto tra due differenti autori e la stanca quotidianità della loro convivenza.

 

Mentre scoprono insieme i luoghi di Bergman, infatti, ci mostrano tutte le differenze che intercorrono tra loro: dagli sguardi differenti sull'autore che tanto li ha ispirati al modo di tuffarsi nel processo creativo.

 

 

[Chris e Tony nella stanza in cui lei prova a terminare il suo lavoro]
  

  

Chris: "Scrivere qui, come puoi non sentirti una perdente?"

Tony: "Nessuno si aspetta che tu scriva Persona." 

[Un dialogo di Sull'isola di Bergman tra i due protagonisti che ci dice molto sull'importanza di Ingmar Bergman in questo film]

 

Chris è la classica scrittrice tormentata per cui scrivere è una "tortura autoinflitta", costantemente in preda ai dubbi e all'insoddisfazione: un'autrice perennemente alla ricerca della scintilla dell'ispirazione.

 

Vive l'arte in modo viscerale e la bravissima Vicky Krieps ci mostra perfettamente il suo continuo cambiamento e la sua inquietudine.

 

Tony, che tra i due è l'autore più affermato, è invece analitico, rigoroso, organizzato e produttivo: alterna la scrittura e le visite guidate nei luoghi del suo regista preferito senza tormenti, mentre sembra avere la soluzione a ogni problema della moglie.

 

È un uomo dalla cultura profonda ed estremamente curioso, nonostante la semplicità dei suoi modi: sembra quasi essere un simbolo di serenità in contrapposizione al tormento di Chris.

 

Questa prima frazione interlocutoria serve principalmente per presentarci i due protagonisti e per rendere omaggio al luogo e all'autore che rappresenta, ma più il film va avanti più Mia Hansen-Løve si allontana dal tributo bergmaniano, per guidarci in un viaggio nell'arte e nella psiche di Chris.

 

 

[Chris e il mulino in cui scrive The White Dress]

 

Da buona regista appassionata di Bergman, infatti, mentre Sull'isola di Bergman si sviluppa le situazioni cedono il campo a un viaggio nella psicologia della donna: se l'inizio è tutto votato al personaggio di Tim Roth e al suo innamoratissimo viaggio nei luoghi del regista, poco a poco il focus si sposta sul girovagare senza meta e ispirazione della consorte.

 

Tutto questo mentre scorrono le spiagge sassose di Persona, la casa inesistente di Come in uno specchio, la chiesa di Luci d'inverno e tanti altri luoghi entrati nell'immaginario di qualsiasi appassionato di Cinema.

 

Lei è inquieta anche nel rapporto con Bergman: da un lato la difficoltà nello scindere l'uomo dall'artista la tormenta, dall'altro è affascinata da un personaggio così pieno di dubbi, ambiguità e cambiamenti che hanno segnato il suo percorso filosofico.

 

In questo la scena a tavola con Stig Björkman - regista e critico, autore con Olivier Assayas del fantastico libro-intervista all'autore svedese - o quella in cui devono scegliere quale suo film guardare nella saletta privata sono emblematiche.

 

Qui la regista cerca di includere in Sull'isola di Bergman anche un discorso, a mio parere non riuscitissimo, su come una certa cultura cinefila sia più arida della scoperta genuina, mettendo a confronto il Bergman Safari, un tour nei luoghi dell'autore, e un pomeriggio di Chris con uno studente di Stoccolma, vero conoscitore di quei luoghi.

 

Questo dialogo tra la sincerità della scoperta e l'artificiosità della conoscenza percorre tutto il film, ma risulterà più sfaccettato e giustificato nella parte successiva.

 

Dopo averci raccontato la coppia, il loro rapporto e il luogo in cui le vicende avvengono, Mia Hansen-Løve con un ribaltamento totale della situazione ci porta in un film dentro al film: la protagonista chiede al marito di ascoltare dove sia arrivata con la stesura della sua sceneggiatura, chiamata The White Dress.

 

 

[I due protagonisti di The White Dress, film dentro al film di Sull'isola di Bergman]

 

Nel film, che vedremo sullo schermo come se fosse già girato, la realtà dei due coniugi, la presenza di Bergman sull'isola, il Cinema scritto dalla giovane autrice e Fårö (il luogo in cui sono ambientati tutti questi racconti) si intrecciano costantemente in una struttura narrativa estremamente interessante.

 

Sull'isola di Bergman a questo punto diventa un gioco di scatole cinesi in cui le storie si piegano alla percezione, in funzione di continui paralleli e confronti.

 

L'omaggio di Hansen-Løve a Bergman è quasi più formale che contenutistico: oltre ai luoghi e al fantasma dell'autore svedese che tormenta Chris troviamo curiosità, scene riprese quasi shot-by-shot e omaggi simbolici (da August Strindberg tra le letture di Tony a inquadrature che richiamano i grandi classici del drammaturgo di Uppsala).

 

La regista non sta girando un film dal tono bergmaniano, come se ne vedono molti negli ultimi anni, ma sta sfruttando la grandezza dell'autore per muovere i suoi protagonisti in un'opera molto più intima e semplice di quelli dell'autore de Il silenzio.

 

Una vocazione più indipendente che si concentra sui piccoli dettagli della quotidianità, più che sulle grandi domande che hanno tormentato Ingmar Bergman per gran parte della sua produzione.

 

The White Dress è un dramma romantico con echi di filosofia linklateriana: tre momenti divisi nel tempo e un weekend raccontato nella sua interezza sono lì a mostrarci il rapporto strettissimo con il regista texano e con molta della scena indie dei primi anni '90.

 

Anche la prima parte del film in realtà ricorda molto il Cinema di Richard Linklater: vagare in un luogo parlando d'arte e perdendosi richiama molto la sua trilogia e le sequenze iniziali sono molto vicine in tutto a Before Midnight.

 

Quest'idea di perdersi e ritrovarsi attraverso il dialogo, il rapporto con un luogo non conosciuto, la centralità del racconto dell'arte e il continuo confronto dialettico pone Sull'isola di Bergman molto vicino alla filosofia artistica di Linklater.

 

Tutto ciò che frena e tormenta l'autrice è ribaltato nella joie de vivre e nell'impulsività di Amy, la protagonista del suo film: un gioco a tre che coinvolge Hansen-Løve, il personaggio interpretato da Vicky Krieps e quello di Mia Wasikowska.

 

 

[Mia Wasikowska nei panni di Amy nel film dentro al film di Sull'isola di Bergman]
 Sull'isola di Bergman  Sull'isola di Bergman Sull'isola di Bergman Sull'isola di Bergman Sull'isola di Bergman

 

Il film dentro al film è poi un tripudio di riferimenti a questo costante intreccio: scene che vengono cambiate durante il racconto, telefoni che squillano, oggetti e attori che ritornano in realtà differenti.

 

The White Dress, che racconta un amore che non ha mai trovato il proprio momento, risulta forse meno interessante e ispirato dei momenti tra Chris e Andy di Sull'isola di Bergman, ma il costrutto narrativo che regala e alcuni momenti visivamente estremamente immersivi perdonano questa debolezza.

 

Tutto il film è curatissimo dal punto di vista della messa in scena, dosato e rigoroso: quasi come se volesse essere rispettoso delle citazioni a Bergman che si concede, limitandosi e cercando di imporsi una certa eleganza e classicità.

 

Il film si ribalta ancora e ancora, attorcigliandosi sempre di più nell'ultimo atto. 

La vera perla, però, resta il rapporto tra i due personaggi femminili e l'autrice che ci conduce a un finale in cui tutti la matassa di dubbi e tensioni viene sciolta.

 

Il raggiungimento della serenità grazie alla fine del parto artistico è gestito in maniera estremamente delicata e simbolica, ma regala a tutto il caotico intrecciarsi che contraddistingue Sull'isola di Bergman una chiave di lettura estremamente chiara e dirimente. 

 

Un film in cui si respira tutta la voglia dell'autrice di parlare di sè e delle proprie convinzioni.

 

Resce a far questo nella maniera più intima e personale possibile, nonostante una struttura tanto interessante quanto artificiosa: sarebbe stato facile concentrarsi sul solo gioco dei confronti e degli incastri, risultando un film vuoto e lezioso. 

 

Sull'isola di Bergman, invece, è un'opera estremamente delicata che parla del tempo, della quotidianità, dei rapporti e si focalizza sulle percezioni, senza cercare inutilmente - perdendo in partenza - di dialogare con lo stile e il tono di Ingmar Bergman.

 

Un film estremamente personale e rispettoso che, proprio grazie alla lontananza dall'autore del suo titolo, risulta un ottimo omaggio.

 

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1 commento

Fabrizio Cassandro

2 anni fa

Sicuramente ne parleremo nell'articolo conclusivo sul festival, ma cercherò comunque di consigliarlo nei prossimi giorni (anche perchè, come vi ho detto sul gruppo telegram mi è piaciuto molto).

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