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Indiana Jones: 40 anni alla ricerca dell'ultima avventura

Analisi e omaggio al mito di Indiana Jones per i quarant'anni dell'uscita de I predatori dell'arca perduta

Da quando il personaggio di Indiana Jones è apparso nei cinema di tutto il mondo, la strada percorsa dell'archeologo interpretato da Harrison Ford è stata sicuramente molta, ma ciò che colpisce dopo quarant’anni di avventure - ossia dall’uscita de I predatori dell’arca perduta nel 1981 - è come il peso cronologico degli anni, ma se vogliamo anche quello fisico, non abbia intaccato di un millimetro il mito di Indy, rendendolo di fatto un’icona immortale. 

 

Ma facciamo un passo indietro per scoprire quale sia stata la storia che ha portato alla realizzazione del personaggio di Indiana Jones e perché abbia riscosso così tanto successo tra pubblico e critica. 

 

 

[Iniziamo]

 

“Non sono gli anni, amore: sono i chilometri” 

 

Siamo nel 1977 e George Lucas si trova alle Hawaii per cercare di riprendersi da tutto lo stress accumulato durante la produzione di quello che sarà uno dei più grandi e remunerativi successi della Storia del Cinema: Guerre Stellari.

 

Nella mente del cineasta statunitense continua però a essere presente l’idea di realizzare un’opera che ricordasse i film d’avventura degli anni ‘40 con cui è cresciuto. 

Per intenderci, tutta quella categoria di prodotti - non per forza di qualità - che guardavano da vicino la letteratura per ragazzi, piccoli romanzi dove era presente sempre un eroe pieno di carisma, che volente o nolente, si infilava sempre in situazioni pericolose salvo poi uscirne indiscutibilmente come vincitore.

 

Vi ricorda qualcuno?

 

In vacanza con George Lucas c’era anche Steven Spielberg - non proprio il cugino di terzo grado - che confessa all’amico di aver sempre voluto realizzare un film su James Bond, vista la sua fascinazione per il carattere dell’agente al servizio di Sua Maestà.

 

Lucas ovviamente coglie la palla al balzo e propone a Spielberg l’idea del personaggio di Indiana Jones, simile per molti versi a quello di 007, ma con una doppia vita che si ricollegava invece gli eroi dei fumetti con cui il regista di Star Wars era cresciuto.

 

I due si mettono al lavoro per la pre-produzione e la relativa realizzazione de I predatori dell’arca perduta che, tra problemi di casting (inizialmente a interpretare Indy doveva esserci la star di Magnum P.I. Tom Selleck) e attacchi di dissenteria sul set, non risultò di certo una passeggiata, ma il risultato finale fu un film che cambiò per sempre un intero genere cinematografico.



 [Sfoglia la gallery per scoprire un bel po' di curiosità su I predatori dell'arca parduta]

 

 

Un’affermazione abbastanza pesante quest’ultima, ma sono fermamente convinto che ci sia un “prima” e un “dopo” I predatori dell’arca perduta: evolvere, rivoluzionare e scoprire sono tutte azioni che il film diretto da Steven Spielberg ha compiuto direttamente e indirettamente all'interno dell'industria cinematografica hollywoodiana.

 

Il genere d’avventura viveva un periodo di stagnazione, fermo a un’idea di Cinema vecchia ormai di vent’anni, adagiato su stilemi registici figli di quel periodo classico che fece la fortuna di Hollywood.

La macchina messa in moto dall'accoppiata Spielberg/Lucas sì rifà a un immaginario del passato, ma al tempo stesso lo rinnova e lo modernizza, creando così uno specchio fedele alla natura del suo protagonista.

 

Il regista de Lo Squalo lega Indiana Jones alla Storia nel senso pragmatico del termine - al posto della pistola preferisce l’iconica frusta - e lo fa lottare ideologicamente contro di essa in chiave temporale, facendogli affrontare il demone del nazismo.

 

Una dualità che diventa scontro: da una parte l’amore per la scienza e per l’arte, dall’altra la ricerca spasmodica del potere.  

 

La modernità all’interno della Storia del Cinema è andata spesso di pari passo con il concetto di guerra - penso alla motocicletta di Lawrence d’Arabia - e tale archetipo viene preso e inserito anche in I predatori dell’arca perduta

 

Questo leitmotiv fornisce a Spielberg il pretesto per una dichiarazione d’amore nei confronti del Cinema d’avventura della Golden Age hollywoodiana, riproposta - questa volta però la parola assume un connotato positivo - con una modernità strabiliante, quasi futuristica, se il film viene guardato quarant’anni dopo.

 

 

[Questo è il mio sguardo quando qualcuno mi dice che non ha mai visto un film di Indiana Jones]

 

Basterebbe l’incipit per rendersi conto di quanto I predatori dell’arca perduta riesca a instaurare con lo spettatore un rapporto mai troppo serioso, ma utile principalmente al divertimento.

 

Una sorta di Luna Park in cui ogni inquadratura del film può generare stupore o paura.

Una giostra in mezzo a una giungla dove lo spettatore possa sentirsi come su una zattera in preda alle rapide di un fiume in collera, che diverte e scombussola e da cui non si vorrebbe mai scendere.

 

Oltre all'abilità registica di Steven Spielberg, il successo mondiale del personaggio di Indiana Jones trova un'altra motivazione nella sua contestualizzazione nel tipo di Cinema dell’epoca.

Nel 1981 Ronald Reagan fu eletto Presidente degli Stati Uniti e il Paese si avviava verso una politica che fece dell'aggressività il suo punto di forza.

 

Il mondo della Settima Arte stava ormai abbandonando la modernità, dove il Cinema di denuncia sociale (siamo negli anni successivi allo scandalo del Watergate) non trovava più spazio e lo stile registico degli autori europei che aveva influenzato - non poco - la Hollywood degli anni ‘70 percorreva il suo viale del tramonto.

 

Gli spettatori volevano divertirsi, aprire gli occhi in una sala e trovarsi in un "universo altro" che li distraesse da un mondo che aveva distrutto i loro sogni di rivoluzione.

Ci si stava avvicinando all’epoca del postmoderno e sia George Lucas che Steven Spielberg lo capirono subito, puntando verso un Cinema rivolto a un audience di stampo più mainstream, ancorandosi alla realtà mediante la riproposizione di storie del passato rilette quarant’anni dopo.

 

Il successo fu strabordante e, in un certo senso, Indiana Jones inaugurò gli anni ‘80 del Cinema di intrattenimento e d'avventura.

 

Cinque Premi Oscar su nove candidature, 384.140.454 dollari incassati sul solo suolo statunitense e la creazione di un nuovo mito in cui il pubblico per due ore poteva immedesimarsi: la rivoluzione del genere d'avventura partita da due esploratori del Cinema aveva macinato chilometri e si era finalmente compiuta, tenendo per mano tutte quelle persone che dieci anni prima avevano visto sparire tutto ciò in cui credevano.

 

Nel corso del tempo Indiana Jones è ritornato al Cinema ben tre volte, in due casi con risultati a mio avviso discutibili (Il tempio maledetto e Il regno del teschio di cristallo) e nell’altro attraverso un film (L’ultima crociata) con una potenza filmica pari, se non superiore, a I predatori dell’arca perduta.

 

 

[Vi sfido a trovare una coppia con più chimica di questa: Sean Connery e Harrison Ford in Indiana Jones e l'ultima crociata]

 

Mentre scrivo queste righe, però, sono in corso le riprese del quinto capitolo di Indiana Jones.

 

Siamo sicuri che dopo quarant’anni abbiamo ancora bisogno di questo tipo di eroe?

 

Se nel 1981 il genere d’avventura per ragazzi viveva un periodo abbastanza buio dal punto di vista produttivo, anche adesso la situazione sembra riproporsi in maniera molto similare.

 

A quale personaggio il pubblico può far riferimento quest’oggi?

 

Negli ultimi anni, forse a causa del predominio del cinecomic, non è stato realizzato nessun film che guardasse e si rivolgesse a un tipo di spettatore amante del tipo di produzioni che avevano fatto la fortuna di George Lucas e Steven Spielberg, quel filone che portò alla creazione di pellicole come I Goonies o Stand by me.

Indiana Jones

Se non si considerano i vari franchise che arraffano la propria poetica dai comics americani, (riproponendola spesso in "salsa serializzata" di media qualità) attualmente non c’è all’interno dell’industria cinematografica un prodotto di valore nel genere "avventura" che sia in grado di creare una nuova mitologia o di rendere iconico un protagonista nel quale milioni di ragazzi e ragazze possano rispecchiarsi.

 Indiana Jones

Un nuovo film con protagonista Indiana Jones potrebbe di conseguenza far riavvicinare una bella fetta di spettatori al genere di riferimento e portarli a scoprire - insieme all’archeologo dalla doppia vita - la magia di un mondo che fu creato per distrarre il pubblico statunitense afflito da un periodo nero della Storia.

 

[Video tributo al mito di Indiana Jones, credits @HD Film Tributes]

 

 

Come quarant’anni fa - forse la mia è solo una speranza - un nuovo capitolo con Indy protagonista potrebbe rilanciare e dare nuova linfa vitale all’avventura per ragazzi, a un modo di fare Cinema più spensierato e che si prenda meno sul serio di tanti altri film rivolti a quel target di pubblico.

 

Al timone di questo capitolo non c’è più Steven Spielberg, ma James Mangold e per forza di cose sarà anche l’ultimo film di questa saga, dato che Harrison Ford nel 2023 avrà 81 anni.

Si tratterebbe quindi del canto del cigno di Indy, un film che rischia di essere una pietra tombale per un intero genere o una scoperta archeologica in grado di generare meraviglia e stupore.

 Indiana Jones

Non spetta quindi a me decidere quale destino avrà Indiana Jones, ma posso solamente affermare che anche oggi, come quarant’anni fa, abbiamo ancora bisogno di lui.

Indiana Jones

Almeno per un’ultima avventura.

  

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1 commento

Emanuele Antolini

2 anni fa

Grazie Erik!

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