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Cold Case Hammarskjöld - Recensione: fuori dai canoni - Biografilm Festival 2019

Il misterioso caso dell'aereo precipitato nel 1961 che causò la morte del Segretario delle Nazioni Unite Dag Hammarskjöld

Amanti dei casi misteriosi e delle teorie complottiste, battete un colpo se ci siete!

 

C’è qui per voi qualcosa di imperdibile, un Cluedo cinematografico: Cold Case Hammarskjöld, un document… no.

 

Cold Case Hammarskjöld, un fiction fil… hmm… non ci siamo.

Cold Case Hamm… Ma cos’è questo Cold Case Hammarskjöld?

 

Lo so: la rubrica parla di documentari, ma se vi parlassi dell’ultimo lavoro del regista Mads Brügger come facente parte di questa categoria vi porterei fuori strada.

 

Capirete perché.

 

 

 

 

Cambiano i nomi, cambiano i periodi storici, ma la storia è sempre quella: se lotti per il bene comune ed intralci gli affari di qualche pezzo grosso, è molto probabile che prima o poi e in una maniera più o meno definitiva, verrai costretto a tacere.

 

La Storia è piena di esempi di questo tipo.

 

I fatti su cui Brügger indaga risalgono al 1961: la misteriosa morte del Segretario delle Nazioni Unite Dag Hammarskjöld che, contro gli interessi delle potenze europee, lavorava per rendere il Congo un paese libero in un momento in cui in Sudafrica la politica dell’apartheid faceva da padrona. 

 

L’aereo sul quale volava il segretario dell’ONU si schiantò al suolo per ragioni mai chiarite o, meglio, sempre infangate senza che poi nessuno approfondisse la questione o, comunque, senza che si intestardisse troppo a voler scoprire la verità.

 

Fino ad oggi.  

Göran Björkdahl, che vediamo in scena sempre al fianco di Mads Brügger, anni fa ricevette dal padre ciò che sembrava essere un pezzo di lamiera dell’aereo su cui morì Hammarskjöld.

 

I numerosi fori presenti sul pezzo, apparentemente provocati da un’arma da fuoco, furono la scintilla che fece appassionare Björkdahl all’irrisolto caso Hammarskjöld.

 

 

[Da sinistra verso destra: uno dei testimoni intervistati, il regista Mads Brügger, Göran Björkdahl]

 

 

Sei anni alla ricerca di indizi, interviste concesse e negate, parole strappate a chi quella notte era vicino all’aeroporto di Ndola e ricorda ancora cosa accadde.

 

Sopralluoghi con il metal detector.

Foto, articoli e documenti di un'organizzazione che sembra in realtà non essere mai esistita o, se esistita, non si capisce con che scopo.

 

Persone, legami, nomi e identità.

 

Una storia che ha dell'incredibile per la mole di prove, vere o volutamente false, per il numero di persone coinvolte ma, soprattutto, per la disarmante sensazione di impotenza che si ha nel vedere che se ai piani alti desiderano raggiungere un certo obiettivo, indipendentemente dalla legalità dei metodi che verranno adottati, state pur certi che si arriverà alla meta.

 

Con ogni mezzo.

 

 

 

 

Un prodotto del genere sarebbe stato di difficilissima digestione per un pubblico all'oscuro dei fatti, ma la combo Göran Björkdahl-Mads Brügger è stata risolutiva.

 

È questa collaborazione che ha dato a tutta la faccenda la possibilità di essere confezionata e resa appetibile anche per chi ha difficoltà nelle storie in cui i nomi da ricordare sono più di quelli presenti in Cent'anni di Solitudine di Gabriel García Márquez.

 

In Cold Case Hammarskjöld il regista coinvolge magistralmente lo spettatore con espedienti solitamente estranei al mondo del documentario: la finzione, la palese recitazione in alcune scene e la divertente ammissione della cosa in altre.

 

La trascrizione della sceneggiatura del suo stesso film messa in scena con due segretarie che dattilografano su una macchina da scrivere ciò che Brügger detta loro.

 

 

 

 

Questo ci accompagna dall’inizio alla fine del film, sottoforma di brevi scene montate come fossero apertura del nuovo capitolo che si va ad affrontare e chiusura dei precedente: la parte di documentario vero e proprio viene così alleggerita dal peso che una storia tanto intricata e piena di personaggi si porta inevitabilmente dietro.

 

Le brevi scene con le dattilografe sono utilissime allo spettatore per fare il punto della situazione.

 

Tanto per confondere ancora di più le idee a chi prova a categorizzare questo film assegnandogli un genere, per non farci mancare niente Brügger inserisce alcune scene di animazione per raccontare eventi i cui protagonisti non hanno un volto, ma sono solo nomi scritti su agende e documenti.

 

 

 

 

Ecco perché è difficile classificare Cold Case Hammarskjöld in una categoria di film.

 

È un documentario, certo, ma decisamente fuori dai canoni in cui siamo abituati ad inquadrare i doc!

 

Chissà, magari proprio per questa sua natura anticonformista piacerà a chi non è completamente avvezzo al genere. 

 

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