#Creepshow
Ben trovate, anime senza meta. Avete affrontato la fine del 2018 con sdegno a causa della minima presenza di spaventi cinematografici in sala?
Siete dannatamente infastiditi dall'ennesimo prodotto tutto giamp-schèr e false promesse e bramate il brividino lungo la schiena che ormai vi viene offerto da solo un titolo all'anno?
Non temete.
Il presente non è roseo, ma forse ho qualcosa che vi può consolare, cullandovi tra le fredde braccia del terrore.
Suspense (1961),
di Jack Clayton
Miss Giddens (Deborah Kerr) viene assunta come governante da un facoltoso uomo d'affari per badare ai due nipoti Miles e Flora per un lungo periodo.
Trasferitasi quindi nell'enorme e sfarzoso castello di famiglia, viene immediatamente conquistata dalla giovialità e dall'amabilità dei bambini.
Ma, col passare del tempo, si rende conto che qualcosa turba la vita dei due infanti.
Strani segreti riguardo la governante assunta prima di lei e il giardiniere tornano a galla: che gli innocenti bambini siano i soli testimoni di qualcosa che ne ha definitivamente corrotto le menti?
Basato sul romanzo Giro di vite di Henry James, Suspense (in originale The innocents) è a metà strada tra gli status di immancabile e di pietra miliare del genere.
Candidato alla Palma d’Oro al Festival del Cinema di Cannes del 1962, questo grande film di produzione inglese si distingue per l’ambigua angoscia che permea le mura del castello.
Cosa c’è di vero nei sospetti di miss Giddens riguardo i bambini?
Miles e Flora appaiono, agli occhi della badante e dello spettatore, ora come vittime e ora come carnefici di un gioco morboso di cui non è chiaro quanto siano consapevoli.
Il contrasto fra ciò che si vede e ciò che si vuol vedere, proiettando sugli innocenti le proprie perversioni, è ciò che rende questo film davvero inquietante e memorabile per tutti gli appassionati.
Tecnicamente ineccepibile, Suspense sfrutta al massimo i fondamentali del cinema per trasmettere una tensione costante allo spettatore, e a farla da padrone sono proprio la fotografia con le sue spettrali luci diffuse e il sonoro.
Non ascolterete mai più una ninna nanna per bambini con le stesse orecchie.
_____________________________________
L'Ululato (1981),
di Joe Dante
Nello scoop della sua carriera, la giornalista Karen White (Dee Wallace) fa da esca per arrestare un pericoloso omicida che spaventa la città.
Rimasta shockata in seguito alla morte del killer, avvenuta durante la cattura, Karen viene mandata insieme al marito nella “Colonia”, un centro di riposo nelle montagne dove recuperare la tranquillità.
Terri, amica e collega di Karen, scopre però che tempo prima la Colonia fu centro di riposo anche del defunto serial killer…
Classicone degli anni ’80.
Oscurato da Un lupo mannaro americano a Londra di John Landis uscito nello stesso anno, il film del quasi esordiente Joe Dante è un vero e proprio cult.
Insieme al capolavoro di Landis e all’originale Uomo lupo di George Waggner, L’ululato può essere meritatamente posto nell’olimpo dei film sulla figura del lupo mannaro, a cui la cinematografia mondiale ha riservato un trattamento più tiepido rispetto ai vari Dracula e Frankenstein, e il motivo è presto detto: pur avendo una messa in scena immersa nell’immaginario anni ’80, l’efficacia dei rivoluzionari effetti speciali rimane immutata ancora oggi.
Le tremende trasformazioni degli uomini lupo varrebbero da sole la visione del film e il suo inserimento nella lista degli imperdibili, tuttavia Dante non si ferma qui.
Il film, oltre a regalare i brividi di cui ogni amante dell’orrore è alla ricerca, è anche una denuncia alla società dei media, il cui sensazionalismo ha finito per desensibilizzare un pubblico ottuso e completamente distaccato dalla realtà.
Non un capolavoro, ma di sicuro un film divertente e ricco di spunti che non passa inosservato.
_____________________________________
Ju-on: Rancore (2002),
di Takashi Shimizu
Rika è una volontaria dell’assistenza sociale a cui viene dato il compito di badare all’anziana signora Sachie, che Rika trova abbandonata e in stato catatonico in una casa immersa nel caos.
Salita al primo piano attirata da dei rumori, la ragazza trova un inquietante ragazzino di nome Toshio.
Di ritorno dalla signora Sachie, Rika assiste all’apparizione di una figura oscura che sembra fatta di sola ombra mentre sovrasta l’anziana signora.
Nell’horror nipponico Ju-on (conosciuto in occidente per il suo remake The Grudge) risalta immediatamente il contrasto tra il classicismo della messa in scena e la modernità della struttura del plot.
Dal primo lato abbiamo gli onryō, ovvero i fantasmi in cerca di vendetta tipici del folklore giapponese, le cui apparizioni nel cinema vanno dal più classico Kuroneko di Shindo al più contemporaneo The Ring di Nakata.
La vendetta, tema tanto caro ai giapponesi, si materializza in questo film quasi sotto forma di malattia, una maledizione contagiosa che attacca chiunque si sia trovato anche solo per caso coinvolto nella vicenda.
Dall’altro lato abbiamo una struttura narrativa frammentata e le cui sequenze non vengono mostrate in ordine cronologico: una scelta che ha il ruolo di svelare lentamente allo spettatore la natura di ciò che sta guardando, abbandonandolo quindi nella spirale di morte che è questo film senza (inizialmente) coglierne il disegno più grande.
Ju-on forse non spicca per originalità ma ha un grande merito: fa paura.
Il film di Shimizu spaventa perché riesce a trasmette la consapevolezza (e non la sensazione) di un pericolo costante, di una presenza in agguato dietro ogni porta chiusa.
E il destino di chi prova questa consapevolezza è tremendo e ineluttabile.
Se deciderete di guardarlo non potrete fare a meno di dare uno sguardo sotto le coperte, prima di addormentarvi.
Ci auguriamo che i nostri consigli possano finalmente risvegliarvi dal torpore in cui siete caduti dopo aver visto Slender Man.
E che il nuovo anno porti in dote gli spaventi che bramiamo.
Creepshow, solo su CineFacts.it!