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The Man Who Killed Don Quixote
Prima uscita: 19/05/2018 (FRA)
Distribuzione italiana: 27/09/2018
Sceneggiatura: Terry Gilliam, Tony Grisoni
Fotografia: Nicola Pecorini
Montaggio: Teresa Font, Lesley Walker
Lingua: Inglese, Spagnolo
B/N Colore
Digitale
Aspect Ratio: 2.35:1
Camere:
Ottiche: Technovision Anamorphic Prime
Budget: 17.000.000 $ ca
Box Office Mondiale: in sala
#cinefacts
81%
#pubblico
82%
#film
Drammatico, Commedia, Avventura
Adam Driver, Jonathan Pryce, Stellan Skarsgård
Specifiche tecniche
0%
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Contiene spoiler
Toby è un regista annoiato che ha perso la passione che lo muoveva da giovane: in Spagna per un lavoro ritroverà i vecchi compagni della prima avventura, compreso l'uomo che ormai è convinto di essere il vero Don Chisciotte.
L'uomo che uccise Don Chisciotte
Terry Gilliam
Adam Driver
Jonathan Pryce
stellan skarsgård
olga kurylenko
Joana Ribeiro
avventura
drammatico
commedia
cinema nel cinema
Parlando de L'Uomo che uccise Don Chisciotte non si può prescindere dal fatto che il film abbia alle spalle 25 anni di tentativi, di fallimenti, di delusioni e di disgrazie e che ripetutamente è...
Parlando de L'Uomo che uccise Don Chisciotte non si può prescindere dal fatto che il film abbia alle spalle 25 anni di tentativi, di fallimenti, di delusioni e di disgrazie e che ripetutamente è stato a un passo dal venire realizzato per poi dover ricominciare tutto dall'inizio.
Non si può perché il film è anche questo.
L'ultimo lavoro di Terry Gilliam racchiude tutto il Gilliam-pensiero e rappresenta se stesso e il cinema, insieme.
Il regista Toby (Adam Driver) torna dopo dieci anni nei luoghi dove girò il suo primo film, quelle terre spagnole arse dal sole e dalla luce così intensa, scoprendo di non assomigliare più al ragazzo che era, rendendosi conto di aver perso la Passione non solo per il Cinema, ma una spinta emotiva verso qualcosa.
Ritroverà il ciabattino che aveva reso attore e che oggi è convinto di essere il vero Don Chisciotte (Jonathan Pryce), ritroverà cresciuta la ragazza che all'epoca era appena quindicenne e cercherà di ritrovare se stesso.
Il tutto combattendo con avidi produttori, oscuri e malvagi finanziatori russi, subdoli gitani, mogli fedifraghe e padri vendicativi, maschere e personaggi che mischiano la realtà e la fantasia.
È difficile raccontare il film perché è il film stesso che ci viene raccontato a pezzi, saltando da un tempo all'altro, passando dal sogno alla realtà alla rappresentazione al cinema, muovendosi in continuazione ad alta velocità e non dandoci troppo tempo per capire dove e cosa stiamo guardando.
Ma è evidente che il discorso che vuole farci Gilliam sia una riflessione sull'arte e su cosa voglia dire essere artista.
Su cosa vogliamo dimenticarci e cosa invece è giusto proteggere e mantenere, che sia la scintilla negli occhi di un giovane cineasta o l'amore di una donna conosciuta da bambina e poi perduta.
Sull'energia, l'innocenza, la passione dei vent'anni che vengono poi mangiate e masticate dall'industria, dal denaro, dalla noia.
E vuole anche dirci che l'arte può fare del male, può distruggere delle esistenze per colpa delle illusioni provocate: i personaggi di Angelica e Don Chisciotte non sono usciti indenni dall'incontro con il regista dieci anni prima, anzi.
I film, come ha detto lo stesso Gilliam durante la presentazione del film, "sono pericolosi".
L'arte li ha elevati, li ha usati e li ha fatti cadere.
Per motivi diversi entrambi hanno finito per condurre una vita non propria, continuando ad interpretare un personaggio (lui palesemente rintontito dall'età e dagli inganni, lei facendo il lavoro meno edificante che una donna possa arrivare a fare) ma senza essere davvero ciò che sono.
E tutto il film gioca su questa sovrapposizione di piani multipli, su quello che è e quello che non è, quello che sembra e quello che viene rappresentato, sul sogno che sembra reale e sulla realtà che si trasforma in un sogno, e c'è veramente di tutto: c'è il set del cinema con le sue lungaggini ed i suoi contrattempi, c'è il teatro, c'è il film proiettato su una tenda dentro una carrozza, c'è il circo, ci sono le ombre fatte con la luce di un fuoco e ci sono le maschere sotto le quali si può nascondere chiunque... c'è addirittura la televisione con il dvd.
Questa opulenza di richiami e rimandi non è scevra da cadute di tono, come spesso accade nei film di Gilliam: un primo atto spettacolare lascia spazio ad un secondo più appoggiato, meno roboante anche se nelle intenzioni vorrebbe esserlo di più e qualche trovata non funziona perfettamente.
Ed anche l'accennato riferimento ai potenti produttori che trattano le donne come proprietà personale, Stellan Skarsgård con Joana Ribeiro e Jordi Mollà con la splendida Olga Kurylenko, pur se attuale e "weinsteniano" è fin troppo palese e risulta banale.
Ma ci sono delle invenzioni e delle idee visive meravigliose e immaginifiche ed un terzo atto che raggiunge l'apice del "cinema dentro al cinema", dove tutto si mischia e si trasforma e si compie e... ricomincia da capo.
Il personaggio di Adam Driver compie un arco difficile ma credibile pur non discostandosi molto dal cliché dell'artista che ha perso se stesso, e in questo l'attore è davvero straordinario ed il resto del cast (fatto salvo un Jonathan Pryce che fisicamente sembra nato per il ruolo) fatica a stargli dietro: Driver/Toby corre, scappa, rincorre, si nasconde, si rivela e si ribella fino a giungere al terzo atto completamente trasformato, dove il tipico sguardo sbilenco e fuori bolla di Gilliam, con il fido Nicola Pecorini alla fotografia, trova la sua più riuscita rappresentazione.
Le lenti anamorfiche (il formato del film è un 2.35:1 che però dà l'impressione di essere ancora più panoramico) vanno a distorcere luoghi ed ambienti e torniamo a vedere il volto disorientato del protagonista in primissimo piano.
Qualcosa che già conosciamo per averla vista in Brazil sullo stesso Jonathan Pryce, su Bruce Willis ne L'esercito delle 12 scimmie, su Johnny Depp in Paura e Delirio a Las Vegas, su Robin Williams ne La Leggenda del re Pescatore e sul protagonista doppio, triplo, quadruplo di Parnassus e su Christoph Waltz in The Zero Theorem.
Quelle facce stralunate, spaesate, che non trovano ragione di ciò che gli accade intorno o che, se la trovano, è una ragione altra, che va al di là di loro e che al momento non comprendono... e forse non sono interessati a farlo.
Un segno distintivo inconfondibile.
Ma questa volta Gilliam decide di metterci ancora di più: se all'inizio ho detto che il film racchiude tutto Gilliam è perché nel film c'è davvero tutto Gilliam.
C'è un cavaliere minaccioso come nel re pescatore, che qui non sputa fuoco ma riflette mille volte la luce del sole, c'è un Jonathan Pryce in armatura come il Sam di Brazil, ci sono i salti temporali come L'esercito delle 12 scimmie e Banditi del Tempo, c'è l'elemento fiabesco presente in tutta la sua filmografia e c'è anche il ritrovamento dei personaggi in altri panni, come ne Le Avventure del Barone di Munchausen.
E anzi Gilliam va ancora più indietro perché, e non posso averlo notato solo io, a un certo punto dal nulla spunta anche l'inquisizione spagnola, quella che "nessuno si aspetta" di un famosissimo sketch dei Monty Python.
Il regista si rivede nel personaggio di Toby ed il discorso tocca anche il modo di fare cinema oggi, ma appare evidente che si riveda anche nello stesso Don Chisciotte: 25 anni per portare a termine un progetto equivale a combattere una vita contro i mulini a vento.
E se nei titoli di coda il direttore della fotografia, che sul set è il numero 2 dopo il regista, viene accreditato come "Nicola Sancho Pecorini" allora l'identificazione è dichiarata.
Ha il sapore di un lascito, L'uomo che uccise Don Chisciotte, come se Gilliam volesse dirci che questo è IL suo film.
Ma non lo dichiara e nemmeno vuole spiegare nulla, sia nella vita che nella finzione: chi presentava la serata a Milano il 27 settembre al Cinema Anteo CityLife gli ha rivolto la domanda diretta
"Vuole darci una chiave di lettura del film?"
e si è sentito rispondere un secco
"No! ...dovete pensarci da soli!"
Uno scrosciante applauso ha sottolineato le parole del regista.
Che proprio nel film lo fa dire al suo Don Chisciotte: "Pensi che spiegare... spieghi tutto?"
Perché in un film come questo non c'è nulla da spiegare, c'è solo da farsi trasportare, ammaliare e affascinare, perdonando le imperfezioni con affetto, ricordandoci quanto è stato cercato e voluto, quanta fatica e quanti anni sono stati impiegati per portarlo davanti ai nostri occhi, per farci viaggiare con il cinema dentro al cinema e attorno al cinema, per guardare il grande schermo e ridere, partecipare, commuoverci.
Perché Terry Gilliam è uno degli ultimi grandi visionari della Settima Arte, e come dice il suo protagonista cavalcando al tramonto
"Io sono Don Chisciotte, e sono destinato a vivere per sempre".
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La Recensione più entusiasta
di RayRJJackson
13 ott 2019
90%
Divertente, ma da anche da pensare.
Un film che ha richiesto anni ed anni di development hell ed è stato finalmente realizzato. Il risultato è un gran bel film con alcuni spunti di...
Divertente, ma da anche da pensare.
Un film che ha richiesto anni ed anni di development hell ed è stato finalmente realizzato. Il risultato è un gran bel film con alcuni spunti di riflessione. Ottimo lavoro.
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La Recensione più cattiva
di ZERO
05 ott 2018
61%
Sono andato a vedere questo film quasi esclusivamente per affetto nei confronti di Terry Gilliam. Intendiamoci, non sono un suo fan sfegatato o che altro, ma dopo aver letto quante ne aveva passate...
Sono andato a vedere questo film quasi esclusivamente per affetto nei confronti di Terry Gilliam. Intendiamoci, non sono un suo fan sfegatato o che altro, ma dopo aver letto quante ne aveva passate per realizzare questa pellicola mi sentivo quasi in dovere di andarla a vedere, anche solo per ripagare i suoi sforzi! Premetto che paradossalmente per quanto fossi informato riguardo tutte le sfighe che gli giravano attorno, del film in sè sapevo davvero molto poco e a malapena avevo visto il trailer.
Sono quindi andato a vederlo con la mente completamente sgombra da qualsiasi pregiudizio.
Il film, mi dispiace dirlo, non mi è piaciuto molto... Non perchè sia brutto o sia fatto male (anche se così fosse non spetterebbe a me dirlo) anzi, le premesse di base e la storia mi piacciono molto. Il salto iniziale tra presente e passato, tra due visioni del protagonista così diverse e il ritorno in quel luogo che vediamo con un'atmosfera romantica prima e spogliato di qualsiasi magia dopo, quando lo ritroviamo come un posto triste e segnato dal tempo. Segnato dal passaggio del giovane regista che senza rendersene conto ha lasciato un segno indelebile nel paese e nei suoi abitanti.
Divertente pensare al povero scarparo impazzito e convinto dei suoi deliri in maniera così ferrea da coinvolgere e sconvolgere il cammino del protagonista, tutto vissuto sullo sfondo di paesaggi a volte brulli e deprimenti, altre volte incantevoli e suggestivi.
A prima vista sembrano esserci tutti gli elementi giusti per confezionare una bellissima favola moderna, eppure il modo in cui tutto questo mi viene raccontato durante il film non è riuscito a convincermi del tutto.
Nel film c'è un susseguirsi di scene e situazioni che a volte paiono quasi scollegate e il passaggio da realtà a sogno, a delirio a volte non sembra funzionare (la scena in cui alcune persone del paese si "fingono" cavalieri per riportare indietro il vecchio scarparo l'ho trovata un po' strana, nel senso "ma all'inizio del film lui non era tenuto segregato e pungolato con un taser? Com'è che adesso arrivano ad inscenare tutta sta roba per portarlo a casa piuttosto che riprenderlo con la forza e basta?").
L'azione mi è sembrata a tratti confusa, al servizio di una storia che saltellava qua e la e ha risolto scene importanti con un nulla di fatto:
Toby e Angelica provano a fuggire ma senza successo (fermati da una tenda in faccia che disarciona lui con una facilità impressionante neanche fossimo in un film comico), vengono presi e ci si aspetterebbe che il russo (minaccioso e pericoloso) adesso dia una bella lezione ad entrambi (credo fosse stata proprio Angelica a dire qualcosa tipo "se dovesse scoprirci ci ucciderà" o robe simili) invece tutto si risolve nel nulla, senza praticamente alcuna conseguenza degna di nota. Così pure come la morte dell'anziano coprotagonista, che in pochi minuti si spegne senza regalarmi troppe emozioni.
Probabilmente sarò io a non aver capito certe scene (Angelica crocifissa per finta, subito dopo che è stata catturata dopo essere scappata, ok ma perchè?) però uscendo dal cinema la sensazione era di aver visto qualcosa di confuso e disordinato. Una gran bella storia raccontata balbettando. Scene magiche come quella del tango di Angelica che si alternano ad altre meno d'effetto che a volte non riescono a colpire nel segno come la scena di Don Chisciotte contro i sacchi con gli occhi che oltre ad avere un effetto che mi ha ricordato the annoying orange (e non lo intendo come un complimento), sapeva di già visto e non mi ha divertito più di tanto...
In definitiva diciamo che pur non avendo alcuna aspettativa, immaginavo qualcosina di più... se non altro nel modo di raccontare questa magnifica storia.
Non me ne vogliate vi prego, so che il film è piaciuto tanto, d'altronde questo è solo un mio giudizio, sia chiaro, non sono un esperto, nè uno del mestiere. In questo campo il mio parere è solo quello di uno... Zero. =)
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03 ott 2020
78%
Film assolutamente visionario, come il suo regista, un atto d'amore per il cinema intriso di follia e illusioni, due interpreti principali straordinari e una fotografia mozzafiato. Metacinema...
Film assolutamente visionario, come il suo regista, un atto d'amore per il cinema intriso di follia e illusioni, due interpreti principali straordinari e una fotografia mozzafiato. Metacinema autobiografico sul processo creativo del regista, un "mulino a vento" che vuole essere un "gigante" come 8 1/2, accendendo un po' i colori.
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di Tati23
31 mag 2020
80%
Ispirato alla figura del cavaliere errante di Cervantes, il film ha avuto una produzione complessa fatta di rallentamenti, sostituzione di attori, problematiche sulla sceneggiatura e sul set che lo...
Ispirato alla figura del cavaliere errante di Cervantes, il film ha avuto una produzione complessa fatta di rallentamenti, sostituzione di attori, problematiche sulla sceneggiatura e sul set che lo ha portato sui nostri schermi solo ora, ma la sua idea risale a 25 anni fa, per scoprire tutti retroscena consiglio il documentario "Lost in La Mancha" fatto nel 2002.
La scelta finale del cast risulta interessante, ad interpretare il personaggio di Toby troviamo un versatilissimo Adam Driver che riesce a gestire questo ruolo in maniera convincente senza mai cadere in un’interpretazione troppo ostentata o da macchietta, un ottimo Jonathan Pryce fa da contraltare nel rappresentare l’idealistico Don Chisciotte, essenziale e sincero nella sua follia in una realtà non troppo diversa dalle sue fantasie.
Da citare inoltre Stellan Skarsgard che interpreta il capo di Toby, un personaggio ambiguo, pericoloso e possessivo e la dolce Angelica, un personaggio multi sfaccettato con un sviluppo inaspettato, interpretato dalla spagnola Joana Ribeiro.
Sicuramente un Gilliam che torna alle origini e per la maggior parte del tempo allo stato puro della sua cifra stilistica, lo si nota da alcune scelte narrative, visive e di costume dove attraverso una storia seppur classicheggiante catapulta il pubblico in questo fantasioso mondo parallelo, strizzando l’occhio a due sue produzioni precedenti “Le avventure del barone di Munchausen” e “Parnassus: L’uomo che voleva ingannare il diavolo”, vista l'età del progetto a tratti si ritrovano anche le dinamiche di "Brazil".
La prima parte del film convince più della seconda dove la sceneggiatura si perde, dove il regista ha voluto inserire una storia d'amore non del tutto funzionale alla trama e dove si sentono gli anni di produzione dietro la pellicola.
Un film multistrato con più chiavi di lettura che si conclude con un finale a sorpresa che non mi ha convinto del tutto, ma che rappresenta il concetto che il regista voleva portare sullo schermo.
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di RayRJJackson
13 ott 2019
90%
Divertente, ma da anche da pensare.
Un film che ha richiesto anni ed anni di development hell ed è stato finalmente realizzato. Il risultato è un gran bel film con alcuni spunti di...
Divertente, ma da anche da pensare.
Un film che ha richiesto anni ed anni di development hell ed è stato finalmente realizzato. Il risultato è un gran bel film con alcuni spunti di riflessione. Ottimo lavoro.
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di ZERO
05 ott 2018
61%
Sono andato a vedere questo film quasi esclusivamente per affetto nei confronti di Terry Gilliam. Intendiamoci, non sono un suo fan sfegatato o che altro, ma dopo aver letto quante ne aveva passate...
Sono andato a vedere questo film quasi esclusivamente per affetto nei confronti di Terry Gilliam. Intendiamoci, non sono un suo fan sfegatato o che altro, ma dopo aver letto quante ne aveva passate per realizzare questa pellicola mi sentivo quasi in dovere di andarla a vedere, anche solo per ripagare i suoi sforzi! Premetto che paradossalmente per quanto fossi informato riguardo tutte le sfighe che gli giravano attorno, del film in sè sapevo davvero molto poco e a malapena avevo visto il trailer.
Sono quindi andato a vederlo con la mente completamente sgombra da qualsiasi pregiudizio.
Il film, mi dispiace dirlo, non mi è piaciuto molto... Non perchè sia brutto o sia fatto male (anche se così fosse non spetterebbe a me dirlo) anzi, le premesse di base e la storia mi piacciono molto. Il salto iniziale tra presente e passato, tra due visioni del protagonista così diverse e il ritorno in quel luogo che vediamo con un'atmosfera romantica prima e spogliato di qualsiasi magia dopo, quando lo ritroviamo come un posto triste e segnato dal tempo. Segnato dal passaggio del giovane regista che senza rendersene conto ha lasciato un segno indelebile nel paese e nei suoi abitanti.
Divertente pensare al povero scarparo impazzito e convinto dei suoi deliri in maniera così ferrea da coinvolgere e sconvolgere il cammino del protagonista, tutto vissuto sullo sfondo di paesaggi a volte brulli e deprimenti, altre volte incantevoli e suggestivi.
A prima vista sembrano esserci tutti gli elementi giusti per confezionare una bellissima favola moderna, eppure il modo in cui tutto questo mi viene raccontato durante il film non è riuscito a convincermi del tutto.
Nel film c'è un susseguirsi di scene e situazioni che a volte paiono quasi scollegate e il passaggio da realtà a sogno, a delirio a volte non sembra funzionare (la scena in cui alcune persone del paese si "fingono" cavalieri per riportare indietro il vecchio scarparo l'ho trovata un po' strana, nel senso "ma all'inizio del film lui non era tenuto segregato e pungolato con un taser? Com'è che adesso arrivano ad inscenare tutta sta roba per portarlo a casa piuttosto che riprenderlo con la forza e basta?").
L'azione mi è sembrata a tratti confusa, al servizio di una storia che saltellava qua e la e ha risolto scene importanti con un nulla di fatto:
Toby e Angelica provano a fuggire ma senza successo (fermati da una tenda in faccia che disarciona lui con una facilità impressionante neanche fossimo in un film comico), vengono presi e ci si aspetterebbe che il russo (minaccioso e pericoloso) adesso dia una bella lezione ad entrambi (credo fosse stata proprio Angelica a dire qualcosa tipo "se dovesse scoprirci ci ucciderà" o robe simili) invece tutto si risolve nel nulla, senza praticamente alcuna conseguenza degna di nota. Così pure come la morte dell'anziano coprotagonista, che in pochi minuti si spegne senza regalarmi troppe emozioni.
Probabilmente sarò io a non aver capito certe scene (Angelica crocifissa per finta, subito dopo che è stata catturata dopo essere scappata, ok ma perchè?) però uscendo dal cinema la sensazione era di aver visto qualcosa di confuso e disordinato. Una gran bella storia raccontata balbettando. Scene magiche come quella del tango di Angelica che si alternano ad altre meno d'effetto che a volte non riescono a colpire nel segno come la scena di Don Chisciotte contro i sacchi con gli occhi che oltre ad avere un effetto che mi ha ricordato the annoying orange (e non lo intendo come un complimento), sapeva di già visto e non mi ha divertito più di tanto...
In definitiva diciamo che pur non avendo alcuna aspettativa, immaginavo qualcosina di più... se non altro nel modo di raccontare questa magnifica storia.
Non me ne vogliate vi prego, so che il film è piaciuto tanto, d'altronde questo è solo un mio giudizio, sia chiaro, non sono un esperto, nè uno del mestiere. In questo campo il mio parere è solo quello di uno... Zero. =)
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04 ott 2018
85%
Finalmente terry ce l'ha fatta. Film particolarissimo con un Adam Driver a mio parere molto azzeccato. Si vede che questo progetto è uscito fuori molto autobiografico e a tratti mi ricorda (scusate...
Finalmente terry ce l'ha fatta. Film particolarissimo con un Adam Driver a mio parere molto azzeccato. Si vede che questo progetto è uscito fuori molto autobiografico e a tratti mi ricorda (scusate la blasfemia) tropic thunder
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di Melancholia
02 ott 2018
86%
È il primo film di Terry Gilliam che vedo, quindi non sono partita con tutta la conoscenza del regista che qualcun altro potrebbe avere.
Nonostante tutto, il film è una delle più belle...
È il primo film di Terry Gilliam che vedo, quindi non sono partita con tutta la conoscenza del regista che qualcun altro potrebbe avere.
Nonostante tutto, il film è una delle più belle dichiarazioni d'amore per il cinema che io abbia mai visto, per citare Andrea di Shivaproduzioni.
Il film ha più chiavi di lettura, ma quella superficiale, della storia di Toby, e quella simbolica, in cui Dulcinea rappresenta il cinema, Don Chisciotte rappresenta il film e Toby rappresenta Gilliam stesso, sono quelle che sono riuscita a individuare subito e attraverso le quali ho cercato di vedere il film in sala.
La sceneggiatura e le inquadrature curate trasmettono tutto l'amore di Gilliam per il cinema come arte, quello vero, non il cinema da blockbuster, fatto solo per fare soldi.
Attraverso le avventure di Toby riusciamo a capire quanto la realizzazione del film sia stata difficile, con tutte le peregrinazioni che ha dovuto realmente affrontare, ma anche che alla fine l'amore per la settima arte vince sempre. Perchè il regista, quello vero, è quello che riesce a vedere i giganti, mentre il resto del mondo vede i mulini a vento.
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6 anni fa
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28 set 2018
85%
Parlando de L'Uomo che uccise Don Chisciotte non si può prescindere dal fatto che il film abbia alle spalle 25 anni di tentativi, di fallimenti, di delusioni e di disgrazie e che ripetutamente è...
Parlando de L'Uomo che uccise Don Chisciotte non si può prescindere dal fatto che il film abbia alle spalle 25 anni di tentativi, di fallimenti, di delusioni e di disgrazie e che ripetutamente è stato a un passo dal venire realizzato per poi dover ricominciare tutto dall'inizio.
Non si può perché il film è anche questo.
L'ultimo lavoro di Terry Gilliam racchiude tutto il Gilliam-pensiero e rappresenta se stesso e il cinema, insieme.
Il regista Toby (Adam Driver) torna dopo dieci anni nei luoghi dove girò il suo primo film, quelle terre spagnole arse dal sole e dalla luce così intensa, scoprendo di non assomigliare più al ragazzo che era, rendendosi conto di aver perso la Passione non solo per il Cinema, ma una spinta emotiva verso qualcosa.
Ritroverà il ciabattino che aveva reso attore e che oggi è convinto di essere il vero Don Chisciotte (Jonathan Pryce), ritroverà cresciuta la ragazza che all'epoca era appena quindicenne e cercherà di ritrovare se stesso.
Il tutto combattendo con avidi produttori, oscuri e malvagi finanziatori russi, subdoli gitani, mogli fedifraghe e padri vendicativi, maschere e personaggi che mischiano la realtà e la fantasia.
È difficile raccontare il film perché è il film stesso che ci viene raccontato a pezzi, saltando da un tempo all'altro, passando dal sogno alla realtà alla rappresentazione al cinema, muovendosi in continuazione ad alta velocità e non dandoci troppo tempo per capire dove e cosa stiamo guardando.
Ma è evidente che il discorso che vuole farci Gilliam sia una riflessione sull'arte e su cosa voglia dire essere artista.
Su cosa vogliamo dimenticarci e cosa invece è giusto proteggere e mantenere, che sia la scintilla negli occhi di un giovane cineasta o l'amore di una donna conosciuta da bambina e poi perduta.
Sull'energia, l'innocenza, la passione dei vent'anni che vengono poi mangiate e masticate dall'industria, dal denaro, dalla noia.
E vuole anche dirci che l'arte può fare del male, può distruggere delle esistenze per colpa delle illusioni provocate: i personaggi di Angelica e Don Chisciotte non sono usciti indenni dall'incontro con il regista dieci anni prima, anzi.
I film, come ha detto lo stesso Gilliam durante la presentazione del film, "sono pericolosi".
L'arte li ha elevati, li ha usati e li ha fatti cadere.
Per motivi diversi entrambi hanno finito per condurre una vita non propria, continuando ad interpretare un personaggio (lui palesemente rintontito dall'età e dagli inganni, lei facendo il lavoro meno edificante che una donna possa arrivare a fare) ma senza essere davvero ciò che sono.
E tutto il film gioca su questa sovrapposizione di piani multipli, su quello che è e quello che non è, quello che sembra e quello che viene rappresentato, sul sogno che sembra reale e sulla realtà che si trasforma in un sogno, e c'è veramente di tutto: c'è il set del cinema con le sue lungaggini ed i suoi contrattempi, c'è il teatro, c'è il film proiettato su una tenda dentro una carrozza, c'è il circo, ci sono le ombre fatte con la luce di un fuoco e ci sono le maschere sotto le quali si può nascondere chiunque... c'è addirittura la televisione con il dvd.
Questa opulenza di richiami e rimandi non è scevra da cadute di tono, come spesso accade nei film di Gilliam: un primo atto spettacolare lascia spazio ad un secondo più appoggiato, meno roboante anche se nelle intenzioni vorrebbe esserlo di più e qualche trovata non funziona perfettamente.
Ed anche l'accennato riferimento ai potenti produttori che trattano le donne come proprietà personale, Stellan Skarsgård con Joana Ribeiro e Jordi Mollà con la splendida Olga Kurylenko, pur se attuale e "weinsteniano" è fin troppo palese e risulta banale.
Ma ci sono delle invenzioni e delle idee visive meravigliose e immaginifiche ed un terzo atto che raggiunge l'apice del "cinema dentro al cinema", dove tutto si mischia e si trasforma e si compie e... ricomincia da capo.
Il personaggio di Adam Driver compie un arco difficile ma credibile pur non discostandosi molto dal cliché dell'artista che ha perso se stesso, e in questo l'attore è davvero straordinario ed il resto del cast (fatto salvo un Jonathan Pryce che fisicamente sembra nato per il ruolo) fatica a stargli dietro: Driver/Toby corre, scappa, rincorre, si nasconde, si rivela e si ribella fino a giungere al terzo atto completamente trasformato, dove il tipico sguardo sbilenco e fuori bolla di Gilliam, con il fido Nicola Pecorini alla fotografia, trova la sua più riuscita rappresentazione.
Le lenti anamorfiche (il formato del film è un 2.35:1 che però dà l'impressione di essere ancora più panoramico) vanno a distorcere luoghi ed ambienti e torniamo a vedere il volto disorientato del protagonista in primissimo piano.
Qualcosa che già conosciamo per averla vista in Brazil sullo stesso Jonathan Pryce, su Bruce Willis ne L'esercito delle 12 scimmie, su Johnny Depp in Paura e Delirio a Las Vegas, su Robin Williams ne La Leggenda del re Pescatore e sul protagonista doppio, triplo, quadruplo di Parnassus e su Christoph Waltz in The Zero Theorem.
Quelle facce stralunate, spaesate, che non trovano ragione di ciò che gli accade intorno o che, se la trovano, è una ragione altra, che va al di là di loro e che al momento non comprendono... e forse non sono interessati a farlo.
Un segno distintivo inconfondibile.
Ma questa volta Gilliam decide di metterci ancora di più: se all'inizio ho detto che il film racchiude tutto Gilliam è perché nel film c'è davvero tutto Gilliam.
C'è un cavaliere minaccioso come nel re pescatore, che qui non sputa fuoco ma riflette mille volte la luce del sole, c'è un Jonathan Pryce in armatura come il Sam di Brazil, ci sono i salti temporali come L'esercito delle 12 scimmie e Banditi del Tempo, c'è l'elemento fiabesco presente in tutta la sua filmografia e c'è anche il ritrovamento dei personaggi in altri panni, come ne Le Avventure del Barone di Munchausen.
E anzi Gilliam va ancora più indietro perché, e non posso averlo notato solo io, a un certo punto dal nulla spunta anche l'inquisizione spagnola, quella che "nessuno si aspetta" di un famosissimo sketch dei Monty Python.
Il regista si rivede nel personaggio di Toby ed il discorso tocca anche il modo di fare cinema oggi, ma appare evidente che si riveda anche nello stesso Don Chisciotte: 25 anni per portare a termine un progetto equivale a combattere una vita contro i mulini a vento.
E se nei titoli di coda il direttore della fotografia, che sul set è il numero 2 dopo il regista, viene accreditato come "Nicola Sancho Pecorini" allora l'identificazione è dichiarata.
Ha il sapore di un lascito, L'uomo che uccise Don Chisciotte, come se Gilliam volesse dirci che questo è IL suo film.
Ma non lo dichiara e nemmeno vuole spiegare nulla, sia nella vita che nella finzione: chi presentava la serata a Milano il 27 settembre al Cinema Anteo CityLife gli ha rivolto la domanda diretta
"Vuole darci una chiave di lettura del film?"
e si è sentito rispondere un secco
"No! ...dovete pensarci da soli!"
Uno scrosciante applauso ha sottolineato le parole del regista.
Che proprio nel film lo fa dire al suo Don Chisciotte: "Pensi che spiegare... spieghi tutto?"
Perché in un film come questo non c'è nulla da spiegare, c'è solo da farsi trasportare, ammaliare e affascinare, perdonando le imperfezioni con affetto, ricordandoci quanto è stato cercato e voluto, quanta fatica e quanti anni sono stati impiegati per portarlo davanti ai nostri occhi, per farci viaggiare con il cinema dentro al cinema e attorno al cinema, per guardare il grande schermo e ridere, partecipare, commuoverci.
Perché Terry Gilliam è uno degli ultimi grandi visionari della Settima Arte, e come dice il suo protagonista cavalcando al tramonto
"Io sono Don Chisciotte, e sono destinato a vivere per sempre".
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6 anni fa
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Emanuele
30/04/2024
Eris
20/10/2024
Elena
16/06/2024
#IlTuoLivello
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Joe Riga
6 anni fa
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