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La triste storia vera dietro a The Terminal: l'uomo che visse 18 anni in aeroporto

Il film di Steven Spielberg è ispirato ad una storia vera, anche se la realtà è molto meno hollywoodiana

Se vi è capitato di passare dal Terminal 1 dell'Aeroporto Internazionale Charles de Gaulle di Parigi tra l'agosto del 1988 e il luglio del 2006, potreste aver visto Mehran Karimi Nasseri: non era un passeggero come gli altri, ma l'uomo che diede spunto per la realizzazione del film The Terminal del 2004, con la regia di Steven Spielberg.

 

 

Nella versione cinematografica, Viktor Navorski (Tom Hanks) è un europeo dell'est costretto a rimanere in un aeroporto di New York perché la sua patria ha subito un colpo di stato e cessa di esistere mentre lui si trova lì.

 

Trova rapidamente degli amici su cui fare affidamento, trova un lavoro e si innamora di una hostess (Catherine Zeta Jones). 

 

[Trailer internazionale di The Terminal]

 

 

Il brillante film di Spielberg racconta però una storia profondamente diversa, dato che nella storia vera di Nasseri non c'è stato un vero e proprio lieto fine: l'uomo arrivava dall'Iran ed era diretto verso il Regno Unito, ma una combinazione di leggi e mancanza di documentazione lo ha lasciato confinato nel terminal parigino per ben 18 anni.

 

L'inizio della storia di Mehran Karimi Nasseri è difficile da individuare - lui stesso ha sostenuto di avere diverse origini nel corso del tempo - ma ciò che è indiscutibilmente vero è che per quasi 18 anni ha vissuto all'interno dell'aeroporto di Parigi.

 

Nato a Masjed Soleiman in Iran nel 1943, Nasseri si recò nel Regno Unito nel 1973 per studiare all'Università di Bradford.

Ha raccontato di aver partecipato da studente alle proteste contro Shah Reza Pahlavi: tornato in Iran nel 1977 Nasseri fu imprigionato e poi esiliato per attività antigovernativa.

 

 

 

 

Mehran Karimi Nasseri richiese quindi asilo politico fuori dall'Iran e, dopo essere stato ignorato dalle capitali di tutta Europa per quattro anni, l'Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati in Belgio gli riconobbe finalmente lo status di rifugiato ufficiale nel 1981.

 

Le credenziali di rifugiato di Nasseri gli permisero di cercare la cittadinanza in un paese europeo: l'uomo sosteneva che sua madre era britannica e, dopo aver passato anni in Belgio, nel 1986 decise di stabilirsi nel Regno Unito.

 

Si stava recando a Londra via Parigi nel 1988, quando a quel punto la storia si complica.

 

Nasseri affermò che la sua cartella contenente i documenti da rifugiato gli fu rubata su un treno a Parigi, e così quando arrivò all'aeroporto di Heathrow a Londra il controllo passaporti lo rimandò in Francia, dove inizialmente venne arrestato dalla polizia; il suo ingresso in aeroporto risultò legale e fu presto rilasciato.

 

Tuttavia, non poteva lasciare l'aeroporto. 

 

 



Senza documenti e senza paese di provenienza, ebbe così inizio la residenza di Mehran Karimi Nasseri al Terminal 1 dell'Aeroporto Internazionale Charles de Gaulle di Parigi. 

Passarono i giorni, poi le settimane, poi i mesi, poi gli anni. 

 

Con il suo bagaglio sempre accanto a sé, Nasseri ha trascorso il suo tempo a leggere e a studiare economia, e ha raccontato la sua esperienza in un diario di oltre mille pagine.

 

Mangiava regolarmente al McDonald's, si arrotolava le sigarette Pall Mall: i dipendenti dell'aeroporto lo vedevano come una sorta di mascotte del terminal e gli portavano giornali e cibo.

  

Molto attento alla cura personale, Nasseri si lavava nel bagno degli uomini e mandava i suoi vestiti alle lavanderie a secco dell'aeroporto. 

 

 

 

 

Nel frattempo, la situazione di Nasseri è stata ripresa a livello internazionale dai giornalisti di tutto il mondo che hanno visitato l'aeroporto per intervistarlo.

 

Riceveva lettere di supporto da persone di ogni parte del globo, a volte contenenti dei vaglia con cifre che gli permettevano di tirare avanti.

 

Tra gli altri, Nasseri attirò l'attenzione dell'avvocato francese per i diritti umani Christian Bourguet, che divenne poi il suo legale. 

 

 

 

 

La soluzione era a portata di mano, perché se il Belgio avesse rilasciato dei nuovi documenti, Nasseri poteva essere nuovamente identificato come qualcuno.

 

Ma l'inghippo stava proprio lì: il Belgio poteva riemettere i documenti solo se Nasseri si fosse presentato di persona, ma l'uomo non poteva viaggiare per ottenere dei documenti... senza avere dei documenti!

 

Inoltre, la legge belga dichiara esplicitamente che un rifugiato che ha lasciato il paese dopo essere stato accettato non poteva tornare.

Alla fine, nel 1999, il governo belga acconsentì a inviare i documenti di Mehran Karimi Nasseri per posta e le autorità francesi gli diedero un permesso di soggiorno. 

 

 



Ma prima di allora c'era stata dell'ulteriore confusione, che finì con il complicare le cose anni dopo: nel 1981, quando Nasseri ottenne il riconoscimento di rifugiato politico, gli furono consegnati dei documenti con il nome di Sir Alfred Mehran e la nazionalità britannica: il nome sui documenti ricevuti nel 1999 era invece il suo nome originale, Mehran Karimi Nasseri, e lo elencava come iraniano.

 

Nel 1999, quando finalmente arrivarono quei documenti, l'uomo si rifiutò ostinatamente di firmarli sostenendo di chiamarsi Sir Alfred e di essere britannico. 

 

L'avvocato Bourguet si disse sconvolto, perché dopo 11 anni Nasseri aveva finalmente la possibilità di riprendersi in mano la propria vita; sarebbe bastato firmare i documenti di cui era in possesso e poi cambiare legalmente il nome, ma a quanto pare vivere per anni in un aeroporto può portare a strane conseguenze sul profilo psicologico di una persona. 

 

In un'intervista del 2003 con GQ, Bourguet dichiarò che forse Nasseri era diventato pazzo:

"Era comunque arrivato molto vicino ad esserlo".

 

Bourguet aggiunse che Nasseri era

"Abbastanza lucido nel raccontare la sua storia, ma che col tempo era diventato 'privo di logica' e così la sua storia continuava a cambiare".

 

Una volta Nasseri disse che era svedese, e quando Bourguet gli chiese come era arrivato dalla Svezia all'Iran Nasseri rispose:

"Con un sottomarino". 

 

 



Quando Hollywood venne a conoscenza della storia la Dreamworks riconobbe "varie centinaia di migliaia di dollari" - c'è chi parla di 300mila - a Mehran Karimi Nasseri per poter raccontare la sua storia in The Terminal.


Ma l'uomo non approfittò mai della cifra guadagnata.  

 

Un'altra delle cose strane attorno alla sua storia è il fatto che nessun parente, nessun amico, nessun conoscente si fece mai vivo nel corso dei 18 anni passati nel terminal. 
Nasseri era un uomo completamente solo.  

 

 



Nel 2006 Mehran Karimi Nasseri fu ricoverato in ospedale per un disturbo mai divulgato pubblicamente, ponendo fine al suo prolungato soggiorno all'aeroporto internazionale Charles de Gaulle: secondo quanto riferito fu rilasciato dall'ospedale nel 2007 e trasferito in un hotel vicino all'aeroporto.  

 

Gli fu concessa la libertà di circolazione in Francia ma lui non prese mai il volo per Londra, la destinazione scelta quasi vent'anni prima. 

 

Da lì in poi non se ne seppe più molto, ma chi l'ha visto a Parigi nel 2008 ha raccontato che viveva in un rifugio nella periferia parigina.

 

Dimenticato da tutti.

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