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La Casa di Carta e Berlino: il cattivo che ci piace amare

Berlino, interpretato da Pedro Alonso, è il villain che non sapevi di amare ma che invece ami 

Berlino, interpretato da Pedro Alonso, è il villain che non sapevi di amare ma che invece ami: il fulcro della serie TV La Casa di Carta.

 

 

Berlino è morto. Lo sapevamo tutti fin dal principio.

O perlomeno eravamo tutti preparati alla sua presunta morte data la malattia terminale che lo affiggeva.

 

Sapevamo benissimo che il personaggio interpretato da Pedro Alonso avrebbe avuto vita breve eppure scommetto che tutti alle parole "Berlino è morto" avete provato una sensazione di rabbia mista a nostalgia e angoscia.

 

Sì: perché Berlino è morto, ma non vogliamo tutt'ora crederci.

Ed evidentemente neanche gli showrunner visto e considerato che il personaggio è una presenza costante all'interno della produzione seriale della La Casa de Papel o come la chiamiamo noi italiani La Casa di Carta.

 

Dei ladri compiono l'impresa del secolo alla Zecca di Stato spagnola: perché rubare dei soldi quando puoi fabbricarli?

(L'inflazione è un surplus e non viene assolutamente menzionata). 

 

La Casa di Carta è una serie televisiva spagnola ideata da Álex Pina e Joe W, prodotta e confezionata per la fruizione televisiva spagnola.

 

Dopo il grande successo riscontrato è stata acquisita da Netflix che ha ritrasmesso la prima stagione rimontata diminuendo la durata degli episodi a 40 minuti circa e suddividendola in due parti; successivamente ha prodotto due stagioni che consistono nella stagione 3 e nella stagione 4.

 

Quest'ultima è uscita il 3 aprile sulla piattaforma Netflix.

 

[Trailer La Casa di Carta 4, visibile sulla piattaforma Netflix]

 

 

Berlino muore, dunque.

 

Il capo della nave che sta affondando si trasforma autonomamente nell'agnello sacrificale pasquale per permettere la fuga e redensione dei suoi compagni d'avventura (Denver, Tokyo, Rio, Helsinki, Nairobi e la new entry Stoccolma).

Succede davvero.

 

La banda riesce ad evadere grazie al tempo concesso da Berlino che come una scheggia impazzita si lancia contro la polizia spagnola che lo colpisce ancora, ancora e ancora.

 

 

[Season finale della seconda stagione del La Casa di Carta]

 

Ogni singolo proiettile ha attraversato lo schermo dei nostri dispositivi e ci ha colpito nel profondo.

 

Intanto Berlino era lì, morente e sofferente per il metallo in circolo nel suo organismo eppure era felice.

Con il suo solito sorriso da sociopatico e che contraddistingue con forza il personaggio.

 

Quindi, sì: Berlino è morto.

Ma non è morto per la malattia che lo affliggeva e che stava portando al termine la sua vita: è morto da eroe. 

 

Ai più potrebbe sembrare un termine inappropriato.

Un narcisista cronico, uno spietato sociopatico con problemi mentali e con comportamenti altamente borderline, che crede di essere speciale e unico, diverso da tutti e superiore e perlopiù incapace di provare empatia può essere mai considerato un eroe?

 

 

[Berlino, un attimo prima di essere colpito nel season finale della seconda stagione]

 

Oggettivamente parlando l'atto eroico di Berlino non ha fatto altro che aumentare l'hype intorno alla sua figura sia da parte dello spettatore esterno sia da parte dello spettatore interno, ossia dei suoi compagni d'avventura.

 

Può un villain essere un eroe?

 

Potremmo fare centinaia di esempi di produzioni seriali e cinematografiche in cui il villain viene elogiato dal pubblico e apprezzato, ultimo chiaro esempio è rappresentato da Joker (che nella sua ultima rappresentazione è personificato da Joaquin Phoenix e a cui deve la vittoria come Migliore Attore Protagonista agli Oscar).

 

Per concentrarci sulle serie TV potremmo citare i fratelli Salvatore (Ian Somerhalder e Paul Wesley) di The Vampire Diares, non propriamente classici esempi di bontà d'animo, oppure potremmo citare la regina Cersei Lannister (Lena Headey) amata da molti fan della saga di Game of Thrones ma perfida fino al midollo.

 

Oppure potremmo citare Pen Badgley per il ruolo di Joe Goldberg in You, un pazzo psicopatico stalker oppure ancora Lucifer in persona (Tom Ellis) o persino Pablo Escobar (Wagner Moura) in Narcos.

 

Ecco, potrei continuare all'infinito con l'elenco.

Ma non cambia il fatto che li amiamo più o meno tutti. 

 

 

[Esempi di villain amati dal pubblico: Joe Goldberg (You), Pablo Escobar (Narcos), Cersei Lannister (Game of Thrones), Lucifer e Joker]

 

Il bello di una produzione seriale è che in questione non è ciò che è giusto o ciò che è sbagliato, bensì ciò che lo spettatore voglia sia giusto o sbagliato.

 

Lo spettatore decide secondo il proprio gusto di prendere le parti di un personaggio che all'interno della storia può anche essere il cattivo o il meno buono.

 

Berlino infatti non è cattivo in cuor suo.

Ma è un uomo mentalmente disturbato con delle caratteristiche che lo definiscono il villain della storia.

 

Di fronte a questa inevitabile realtà puoi fare solo due cose: prendere la pillola blu e amarlo alla follia oppure prendere la pillola rossa e odiarlo fino all'ultimo respiro.

Nessun colore intermedio.

Nessun compromesso.

 

O lo ami o lo odi.

 

Sicuramente la profondità del personaggio e le sue mille sfaccettature sono dovute alla bravura di Pedro Alonso, attore e pittore spagnolo molto apprezzato in Spagna e che si sta facendo conoscere in tutto il mondo.

 

Come lui stesso aveva dichiarato in alcune interviste, nella vita è molto diverso dal personaggio che interpreta, ossia Andrés de Fonollosa, vero nome di Berlino

 

 
 
 
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[Dal profilo Instagram di Pedro Alonso, Berlino]

 

 

Quindi, signori e signore: Berlino è morto.

 

Lo dicevamo all'inizio di questo articolo e continuiamo a ripeterlo imperterriti.

Ma perché? Non lo faccio per farci piangere tutte le lacrime salate, ma per tenere ben a mente la cornice in cui siamo intercalati.

 

Berlino è morto, eppure continuiamo a parlare di lui.

Non lo facciamo soltanto noi fruitori, fan e spettatori ma anche gli showrunner. 

 

Andrés continua a vivere nel corso delle stagioni e continua a rappresentare il fulcro dello storytelling. 

 

Poco importa se gli sceneggiatori abbiano ideato un nuovo personaggio a tavolino che ci ricorda lui (Palermo, Rodrigo de la Serna), nessuno potrà mai sostituirlo.

 

Palermo non sarà mai equiparabile a Berlino.

Forse, dovendo dargli un credit, possiamo farlo esclusivamente per il nome che porta, ossia quello di un capoluogo di regione italiano. 

 

 

[Palermo, interpretato da Rodrigo de la Serna

 

L'Italia d'altronde è una presenza costante all'interno della produzione seriale de La Casa di Carta.

 

Questo è un motivo in più per guardare la serie.

Dall'inno partigiano di Bella Ciao diventato virale nel mondo alla città di Firenze presente nella terza stagione fino alle canzoni cantate al matrimonio di Berlino della quarta stagione.

 

L'Italia è l'Italia. 

 

[Stagione 1, episodio 13 Berlino e Il Professore cantano insieme "Bella Ciao"]

 

 

Senza girarci intorno, senza fronzoli e merletti la verità è una: La Casa di Carta non avrebbe avuto il successo che ha senza Berlino.

 

Devo precisare però, che un po' di merito è anche de Il Professore.

I due fratelli sono essenziali.

 

Sergio Marquina, il nome reale de Il Professore interpretato da Alvaro Morte ( noto al pubblico italiano per il ruolo di Lucas Moliner ne Il Segreto e Oscar Leòn Faus ne Il Molo Rosso) è l'Architetto di Matrix, quello che governa le macchine, una sorta di Dio che gioca una partita a scacchi con pedine umane.

 

Un piccolo genietto, apparentemente timido e innocuo ma che insieme al fratello è riuscito ad escogitare due piani per poter rapinare la Zecca di Stato prima (Stagione 1 e Stagione 2) e la Banca Nazionale di Spagna dopo (Stagione 3 e Stagione 4).

 

Entrambi i piani non avrebbero avuto origine senza la figura di Berlino, il cuore pulsante, l'anima e il motore propulsivo de La Casa Di Carta. 

 

Al di là della rapina, del furto e delle strategie studiate alla perfezione, nella sottostruttura de La Casa di Carta soggiace un messaggio sociologico profondo: la lotta al sistema, la rivoluzione, l'abbattimento delle barriere, l'eliminazione di ogni sovrastruttura e la privazione delle libertà personali.

 

Non soltanto soldi, potere e arricchimento. 

 

A mio avviso la serie avrebbe dovuto concludersi con la seconda parte, da un punto di vista della storyline e anche da un punto di vista di credibilità della produzione seriale in sé, ma come in ogni prodotto di successo il business vuole la sua fetta di torta al cioccolato, dobbiamo prenderne atto e acconsentire. 

 

Chi, come me, ha rimandato nel tempo la visione della serie perché "ne parlano tutti", "troppo mainstream" oppure "non è il mio genere, non la guardo" e chi come me inizialmente ha odiato con ogni cellula Berlino perché troppo distante dal suo modo di pensare, dai suoi gusti e dal suo essere ha poi finito per innamorarsene.

 

E vi assicuro che se nella vita si può cambiare idea sull'amore, allora lo si può fare anche per una serie TV e per un personaggio.  

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