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Colorless - Recensione: fotografia dell'autodistruzione - FEFF 2020

Takashi Koyama porta il climax discendente di una storia d'amore all'apparenza perfetta al Far East Film Festival

Shuji Oyamada è un giovane fotografo freelance, Yuka Tanaka è una modella e aspirante attrice: entrambi sognano di sbarcare il lunario e dal loro incontro nasce Colorless di Takashi Koyama

 

 

Nella prima parte del film la relazione tra i due ragazzi si sviluppa in modo idilliaco, come un dorama deliziosamente incartato per il Cinema.

Tuttavia, da dei piccoli spifferi di aria gelida presenti sin dalla prima mezz'ora si può avvertire l'arrivo di una tempesta che spazzerà via i colori dalle loro vite.

 

[Trailer di Colorless]

 

 

Yuka è tenera, quasi buffa, con i suoi denti storti - difetto in voga tra le ragazze giapponesi che sognano di sembrare sempre bambine - e il suo metro e cinquantacinque di altezza. Ci vorrà poco a capire che il desiderio della ragazza è quello di essere salvata. 

 

Shuji assume il ruolo di cavaliere con piacere e l'affetto di chi si innamora per la prima volta. Indossa una maglietta de La notte dei morti viventi, vorrebbe occuparsi di moda, è bravino in tutto ma cerca la sua identità autoriale. 

 

Nella prima mezz'ora di Colorless veniamo depistati, il focus sembra essere su Shuji, sulla sua devozione verso Yuka e verso la fotografia.

Ben presto capiamo però che la fatina del cuore ha un lato oscuro molto intenso. 

 

 

[Il platinatissimo Daichi Kaneko nel ruolo di Shuji in Colorless]

 

 Yuka è una manipolatrice, ma anche una persona molto insicura; Takashi Koyama ci trasporta nel suo inferno del quale lei stessa ha murato l'uscita.

 

La protagonista di Colorless è alla perenne ricerca di attenzioni, mostra al mondo fieramente - con l'ausilio dei social network - successi lavorativi e sentimentali che non ottiene e si getta a capofitto in rapporti disfunzionali senza ragionare sul male che può fare a chi le è attorno.

 

Come figlioccia con gli occhi a mandorla di Adriana Astarelli - protagonista del film Io la conoscevo bene (1965) diretto da Antonio Pietrangeli e interpretata da Stefania Sandrelli - Yuka è disposta a scendere a qualsiasi compromesso pur di avere successo nel mondo dello spettacolo.

 

L'odio verso se stessa la porterà a un denigratorio masochismo, una ricerca spasmodica di attenzioni, alla distruzione del suo rapporto con Shuji.

La sensazione è quella che Yuka sia perennemente alla ricerca dell'autosabotaggio.  

 

 

[Ruka Ishikawa interpreta Yuka in Colorless]

 

Lo sfondo di Colorless è quello dello star system di basso livello in cui succubi e manipolatori si sovrappongono, confluendo uno nell'altro, tra ingenuità e false verità a cui si desidera follemente di credere. 

 

Ne viene fuori un mondo profondamete maschilista, in cui i personaggi si sorprendono persino per l'utilizzo di sex toys per donne. Il valore delle ragazze è legato alla propria capacità di vendersi, non solo dal punto di vista sessuale: vendersi come compagne affidabili in grado di pulire e cucinare, vendersi come ragazze pure e leziose di cui innamorarsi, vendersi come immagini da rivista o come muse per fotografi. 

 

In questo contesto Yuka risulta tanto vittima quanto carnefice e soprattutto perfettamente integrata in questo sistema, sistema a cui desidera più di tutto conformarsi, senza porsi molte domande. 

 

 

[Colorless: un giovane amore apparentemente perfetto per una donna apparentemente perfetta]

 

La protagonista di Colorless, infatti, assorbe ciò che sente e lo fa proprio, si adatta a chi le è attorno e nei suoi occhi vacui non c'è altro che paura e confusione.

 

L'esordio alla regia del regista giapponese Takashi Koyama colpisce e acceca come il flash di una macchina fotografica. 

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