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One night - Recensione: la martire assassina e i suoi figli - FEFF 2020

Shiraishi Katsuya presenta al Far East Film Festival One Night, un cupo e profondo adattamento della pièce teatrale di Yuko Kuwabara

A quale limite ci si può spingere per amore? Cosa vuol dire giusto o sbagliato? 

 

 

Sono molte le domande che si pone, e ci pone, Shiraishi Kazuya nel suo One Night, presentato in anteprima europea alla ventiduesima edizione del Far East Film Festival

 

[Il trailer di One Night]

 

 

Sono domande di natura morale, perlopiù. 

 

Shiraishi Kazuya sceglie il dramma familiare, rispettando un genere tradizionale e abusatissimo nella cinematografia del Sol Levante.

 

Ad aver raccolto la staffetta di Yasujiro Ozu, maestro indiscusso del cinema della quotidianità e delle piccole cose, è stato Hirokazu Kore'eda

Ed è proprio a questo autore, e in particolare al modo in cui ha adattato lo stile classico ai temi della modernità, che guardano i registi giovani. 

 

Shiraishi Kazuya, in attività dal 2010 ma con già dieci film all'attivo, non fa eccezione con One Night.

 

C'è Yuji, un ragazzo con un registratore, vuole fare lo scrittore, entra in casa e commenta le attività dei fratelli: il maggiore Daiki sta usando un cacciavite e la sorellina Sonoko delle forbici.

Sarà con quelli che il padre li ucciderà?

 

Ben presto capiamo che non sarà così. 

 

La madre di nome Koharo, interpretata da una magistrale Yuko Tanaka, apre la porta e afferma di aver investito con un taxi dell'azienda di famiglia il marito.

Lo fa per liberarli dalle violenze fisiche e psicologiche dell'uomo, perché in loro ripone fiducia ed è orgogliosa del suo gesto.

 

Andrà a costituirsi e scomparirà dalle loro vite fino a quando non saranno passati quindici anni.

 

Dove saranno i tre fratelli e la donna quindici anni dopo?

 

La vita dei protagonisti di One Night, all'incirca trentenni, sembra non essersi mai emancipata del fantasma del padre e del plateale gesto della madre. 

Non possono liberarsi del marchio che la società ha affibiato loro. 

Non possono che sentirsi oscillanti tra il senso di abbandono e la riconoscenza nei riguardi della madre.

 

La fotografia spesso fin troppo cupa vuole sottolinearne proprio questa nebbia, questa sorta di inquinamento nella vita dei personaggi a cui persino il cielo concede solo nubi e pioggia. 

 

La violenza domestica, l'arrendevolezza, l'insoddisfazione, le difficoltà linguistiche, la vita sessuale e relazionale burrascosa caratterizzano la vita dei tre fratelli, votata a una lenta ma inesorabile autodistruzione. 

 

Il ritorno di Koharu farà riemergere i mostri nascosti maldestramente sotto il lenzuolo.  

 

Diventa capro espiatorio, paziente e amorevole, del disprezzo dei figli che vendono nel suo abbandono l'inizio delle loro disgrazie. 

 

Il suo paziente e sofferto martirio sarà il catalizzatore della catarsi e della seconda possibilità dei suoi figli. 

 

 

[Tra le intepretazioni dei tre figli di One Night sicuramente spicca quella del giovane talentuoso Takeru Satō nel ruolo dell'aspirante romanziere Yuji]

 

Quanto è giusto mettere in gioco per i propri figli?

 

È banale aspettarsi sempre riconoscenza?

È possibile salvarsi dal marchio che la società cuce addosso? 

Quanto siamo destinati a percorrere gli stessi passi dei nostri genitori?

 

Lo spessore di One Night è interrotto da siparietti quasi comici da risultare inopportuni e da una caratterizzazione non sempre necessaria di qualche personaggio secondario. 

 

Una colonna sonora più incisiva avrebbe arricchito alcune sequenze già ricche di pathos, come il lirico e potente incipit. 

 

Nonostante questi difetti One Night rimane un'opera di estrema potenza narrativa, ricca di spunti di riflessione, con la quale è difficile non empatizzare.

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