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The Play - Recensione: un tuffo nel fascino della Nová Vlna - Torino Film Festival 2019

Sesto film del regista cileno Almendras, The Play sembra un film della Nouvelle Vague ceca che riesce a parlarci della modernità

Alejandro Fernández Almendras sceglie Torino per la premiere internazionale di The Play, il suo sesto lungometraggio.  

 

Nominato nel 2009 al Festival del Cinema di Cannes con Huacho, vincitore del Premio della Giuria al Sundance Film Festival 2014 con Matar a un Hombre, passato alla Berlinale nel 2016 con Qui non è successo nulla, Almendras porta al Torino Film Festival 2019 un'opera nata da un fondo coreano, con un regista cileno che racconta il cinema ceco degli anni '60, co-prodotta dalla Francia all'interno della scuderia del Torino Film Lab. 

 

Con alle spalle una produzione simile non può che essere qualcosa di assolutamente imperdibile. 

 

[Presentazione di The Play al TFF37]

 

 

The Play (Hra il titolo originale) è un canto d'amore del regista classe '71 per un cinema che ha amato e che non esiste più, la nouvelle vague ceca degli anni '60, la Nová Vlna, ma non è solo un'opera in cui riecheggia il passaggio, ma è di fatto lo sguardo del regista sul presente e su come siano cambiati i rapporti interpersonali e come sia difficile viverli nel XXI secolo.

 

Petr è un giovane regista teatrale sposato con la donna in carriera Katarina e padre di un bimbo, che incappa nell'incubo di qualsiasi regista: a un mese dalla prima del suo Ippolito di Euripide rimaneggiato in chiave moderna i due attori protagonisti lasciano lo spettacolo. 

 

 

[Il regista di The Play Alejandro Fernández Almendras]

 

Iniziano i casting, ma la scelta è misera, i soldi iniziano a scarseggiare e uno dei finanziatori minaccia l'autore poiché ha inserito nella sua tragedia elementi politici troppo attuali, finché una sera, mentre torna al teatro per recuperare alcuni documenti, incontra Karolina, un'attrice arrivata in ritardo per i casting che si rivela subito perfetta per la parte. 

 

 

Tra i due sboccia subito la passione e lo spettacolo sembra andare al meglio, ma è una felicità effimera perché presto la nuova fiamma inizierà a ingelosirsi e a sentirsi oppressa da Petr, mentre Katarina inizia a intuire le bugie e patire le mancanze del giovane padre.

 

Arriva la premiere e, dopo una brutta litigata con Karolina, la protagonista non si presenta: è un disastro, il pubblico esce prima e alla fine fischia il ritorno sulla scena di Petr.

 

 

Per di più Katarina è andata via di casa, lasciandogli il bambino in ufficio. 

 

 

[Karolina durante il casting in The Play]

 

 

 

Tutto sembra naufragare: Petr incontra in ufficio Karolina e chiude definitivamente con lei, tornato a casa ritrova Katarina che prima lo lascia, ma poi lo riaccoglie assieme al figlio nel letto coniugale.

 

The Play è un film in cui il regista cileno omaggia costantemente il cinema della Nová Vlna (Milos Forman, Vera Chytilova, Jaromil Jires), ma non si ferma qui: pur mantenendo un'estetica molto debitrice di quell'epoca - e non solo del cinema ceco ma di tutte le nuove nouvelle vagues - fatta di 4:3, di un bianco e nero che richiama quello degli anni '60 e dei tipici movimenti di quel Cinema che sapeva prendersi i propri tempi, il film parla della modernità in tutto e per tutto.

 

Non vuole sembrare un film degli anni '60, ma un film del 2019 fatto come si facevano negli anni '60.

 

 

 

 

Con The Play non siamo di fronte a quei film che citando il passato cercano di nascondere cellulari e PC allo spettatore, o che fanno vestire i protagonisti come se vivessero con il guardaroba dei propri nonni.

 

È uno dei punti di forza di questo film che riesce a rievocare quel fascino, ma che lo sfrutta per rappresentare quanto Petr non riesca a ritrovarsi e a capire il proprio mondo, non scadendo così nella semplice scopiazzatura - che, è questione di strettissima attualità, oggi piace molto - dei grandi film, bensì diventando una rielaborazione organica, rispettosa e originale.

 

The Play gode di un'estetica incredibilmente immersiva e affascinante: è chiaro che quando ti ispiri al grandissimo Cinema e a tratti lo citi in maniera incredibilmente fedele è difficile copiare troppo male e Almendras dimostra non solo di aver buon gusto, ma di saper usare bene un linguaggio per immagini che facilmente sarebbe potuto scadere nel voluttuario. 

 

Ogni inquadratura racconta una storia e nella sua composizione, e non solo in ciò che mostra e ci fa sentire, è racchiuso il suo significato: ogni stacco ha un perché, così come ogni momento in cui si insiste su una certa immagine forzandone la durata ci racconta più di quanto molti film con uno stile più contrmporaneo possano mai fare. 

 

 

[Una scena di The Play]

 

 

Petr è uno sconfitto dalla vita, forse si rialzerà, ma alla fine di The Play ha perso la sua grande battaglia a teatro, gli son stati tolti i ranghi di comandante a casa e con la coda tra le gambe e le orecchie basse torna nel letto coniugale sperando di essere riaccettato.

 

È però interessante il racconto di un personaggio che non solo fa scelte sbagliate e non si ritrova nel mondo, ma che forse alla fine non è neanche tanto bravo in quello che vorrebbe fare, una persona come tante che non raggiunge i propri obiettivi, una persona per cui - come nel titolo dell'Interludio durante il film -

"Il sole non tramonta sempre in mezzo al mare".


The Play è a mio avviso un'operazione affascinante e ben diretta che però casca laddove avrebbe potuto trovare la sua coronazione: Katarina e Karolina.

 

Se il personaggio di Petr risulta tridimensionale e sfaccettato - nonostante ogni tanto si porti lo spettatore a empatizzare troppo con un uomo le cui scelte di vita sono completamente deprecabili e talvolta sembra che vogliano veicolare un messaggio poco edificante -  così non è per Katarina e Karolina che, pur essendo ben recitate anche meglio del protagonista non sempre impeccabile, si ritrovano tra le mani due personaggi un po' troppo bidimensionali e semplificati.

 

Una donna in carriera che non riconosce il lavoro artistico del marito e una venere sensuale e ammaliante.

Lunatica e passionale contro organizzata e materna: suona tutto un po' troppo come un cliché.

 

Troppo spesso le loro azioni devono essere giustificate da una loro spiegazione, o sembrerebbero messe lì solo per mandare avanti il viaggio emotivo del protagonista, risultando personaggi un po' verbosi e artefatti rispetto al contesto di The Play. 

 

La minor forza delle due co-protagoniste porta lo spettatore a seguire emotivamente sempre e comunque Petr attraverso le sue scelte sbagliate e la sua incapacità di capire il mondo che lo circonda, donando uno squilibrio al film che invece avrebbe avuto bisogno di un forte controcanto femminile, in particolare nel personaggio di Katarina.

 

Nel complesso comunque reputo The Play un'opera davvero interessante, ben diretta e che riesce creare l'atmosfera di un film degli anni '60 - sfida assai ardua - ma che avrebbe avuto bisogno di qualcosa in più in fase di scrittura per poter sfruttare al meglio ciò che mette così bene in scena.

 

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