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Climax - Recensione: una lisergica danza verso la follia

Gaspar Noé firma un'opera lisergica nella quale la forma e la trama si fondono con un unico obiettivo: sbigottire lo spettatore.

Gaspar Noé è un regista che riesce a polarizzare il pubblico con ciascuna delle proprie opere e Climax non fa eccezione: il franco-argentino è un autore con una cifra stilistica estremamente marcata, mosso da una costante voglia di ricercare soluzioni estreme per il proprio cinema, capaci di generare reazioni altrettanto iperboliche.

 

Usa la forma come mezzo, persegue lo sbigottimento come obiettivo: o lo si odia o lo si ama, spesso accade di provare entrambe i sentimenti contemporaneamente.

 

Anche Climax, la sua (pen)ultima fatica, non si discosta assolutamente dalla poetica dell'autore, ma si inserisce all'interno della sua filmografia come una nuova tappa di questo percorso di ricerca continua dell'eccesso. 

 

 

[La composizione dell'immagine in Climax è componente essenziale]

Gli eventi del film si svolgono tutti in una notte e possono stringatamente essere così riassunti: a metà anni '90 un gruppo di ballerini francesi si ritrova in una scuola deserta per allenarsi in vista di un concorso negli USA.

 

I ragazzi, dopo tre giorni filati di prove, si concedono una festa a base di sangria che degenera a causa della presenza di LSD all'interno della bevanda. 

 

La pellicola, dunque, si sviluppa interamente intorno ad un concept già visto e apprezzato in tante altre opere: la completa unità di luogo, tempo e azione.

 

 

[Quasi come fosse un giallo, in Climax è possibile scorgere degli indizi] 

 

 

Alle tre unità aristoteliche, però, Gaspar Noé aggiunge un chiaro intento, esplicitato già nel titolo: far vivere allo spettatore un vertiginoso crescendo di situazioni ed emozioni che, confinato nell'angusto spazio di una sola notte, non può che generare quella sensazione di sbigottimento alla quale si faceva poc'anzi riferimento.

 

Un'anabasi verso la follia.

 

Anche le scelte registiche, il montaggio e la messa in scena concorrono a sbigottire lo spettatore: il film, di fatto, si apre con quella che si comprende immediatamente essere la scena conclusiva, a cui fanno seguito i titoli di coda. 

 

Si passa poi a quello che è effettivamente il prologo della pellicola: una serie di interviste/provini ai giovani membri della crew di ballerini, trasmesse su un televisore a tubo catodico in 4:3.

 

 



Attorno allo schermo, da un lato una pila di VHS tra le quali si scorgono agevolmente alcuni dei modelli di Noé (Un Chien Andalou, Angst, Salò e le 120 giornate di Sodoma, Suspiria, Possession, Zombie...) e dall'altro una serie di saggi sul cinema e sulla filosofia.

 

Noé, in Climax, mette subito in bella mostra quali sono le fonti a cui attinge e i paradigmi a cui guarda.

 

Al termine delle interviste, il suono assordante di una sirena ci accompagna finché sullo schermo non compare una bandiera francese su cui campeggia una scritta che recita: 

"Questo è un film francese ed è fiero di esserlo."

 

Solo a quel punto Noé può realmente cominciare a rapirci con le sue raffinatissime capacità tecniche.

 

Lo fa subito con un piano sequenza di circa dieci minuti che inizia sulle note di Supernature di Cerrone, nel quale il corpo di ballo mette in scena la propria elaboratissima coreografia in un salone spoglio, caratterizzato unicamente dalla presenza del tricoleur situato dietro la consolle.

 

[L'incipit di Climax: una perla assoluta]

 

 

Non un mero esercizio di stile, però, perché ci permette di cogliere immediatamente un aspetto fondamentale del film: Sofia Boutella, unica star di un cast composto di ballerini bravissimi dai volti poco noti, non rappresenterà una figura realmente dominante nella pellicola, bensì sarà perfettamente inglobata all'interno di un contesto nel quale i personaggi e i loro caratteri devono apparire sfumati.

 

Noé, infatti, sceglie di riservare ai dialoghi tra i ballerini di Climax un'intera sequenza, immediatamente successiva a quella di apertura, ma man mano che le conversazioni vanno avanti, appare evidente come l'obiettivo non sia quello di delineare nel complesso le personalità dei protagonisti, quanto piuttosto quello di far corrispondere a ciascun personaggio un'unica caratteristica: ci sono coloro che vivono esclusivamente per il sesso, c'é un fratello possessivo, una ragazza invidiosa, un omosessuale che si vergogna della propria verginità.

 

Ognuno corrisponde solo e soltanto a uno stereotipo.

 

Ogni personaggio è presentato volutamente come monodimensionale, con la finalità di tramutare ciascuno dei loro attributi caratteriali in tasselli di un ipotetico domino della follia pronto a crollare.

 

 

[Il disagio corporeo: un altro dei pilastri di Climax

 


Alla monodimensionalità dei personaggi, però, Noé fa corrispondere una cura maniacale verso gli aspetti tecnici del film: il comparto sonoro avvolge completamente lo spettatore e completa le sensazioni deformanti accuratamente costruite dal regista e dal suo direttore della fotografia, Benoît Debie, con i quadri, le luci e i movimenti di macchina.

 

Gaspar Noé non ha paura di percorrere parallelamente due vie in un unico film: da un lato ci immerge in un caleidoscopio cinematografico, sperimenta, osa, arriva quasi ad eccedere nell'uso del piano sequenza, ci presenta spesso delle immagini ribaltate, si lancia in virtuosismi sempre più estremi a livello visivo e sonoro.

 

Dall'altro lato il regista distrugge, decostruisce, svuota di personalità i protagonisti di Climax, rendendoli sempre più animaleschi e scomposti.

 

Nel farlo, però, non si limita a rappresentare gli eventi, ma si preoccupa di tanto in tanto anche di fornirci le chiavi di lettura per decriptare ciò che sta avvenendo, con tanto di scritte esplicative che appaiono sullo schermo per qualche istante: una sorta di momentanea epifania della ragione in un contesto sempre più dominato dalle percezioni.

 

 

[I messaggi lanciati dall'autore in Climax sono tutt'altro che subliminali] 

 


A turno, ciascuno dei personaggi avrà modo di mettere in scena una diversa deviazione della propria mancanza di freni inibitori e, man mano che questo avviene, i contorni della realtà vengono sempre più deformati, fino a perdersi completamente.

 

L'essenzialità della trama e i personaggi ridotti all'osso ci danno, soprattutto nel secondo tempo, l'impressione che la forma prenda il sopravvento sulla narrazione ma, in realtà, in Climax la forma e la narrazione si fondono con il medesimo obiettivo: lasciar prevalere le sensazioni sulla razionalità.

 

Climax, sotto questo aspetto, è un film estremamente coerente. 

 

 

[La follia permea ogni personaggio di Climax]

 

Una coerenza che, comunque, non impedisce allo spettatore di provare sensazioni contrastanti: dalla fascinazione alla repulsione, lo spettro delle emozioni umane viene interamente esplorato nel corso della visione.

 

Al termine della proiezione, però, si esce dalla sala con la chiara sensazione di aver vissuto, con Climax, un'esperienza che pochissimi artisti al mondo possono fornirci.

 

Ancora una volta Gaspar Noé è riuscito a farsi amare e a farsi odiare grazie alla stessa pellicola.

Anche questa si chiama coerenza.

 

Voto: 83%

 

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2 commenti

Dale Cooper

4 anni fa

Grazie!

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Jacopo Gramegna

4 anni fa

Enter the Void, sicuramente!

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