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Miracolo a Milano - Recensione: buongiorno vuol dire buongiorno - Cannes 2019

Il capolavoro di Vittorio De Sica torna sullo schermo in una versione restaurata dalla Cineteca di Bologna 

Miracolo a Milano, pellicola del 1951 diretta da Vittorio De Sica, non è solo un classico immortale del Cinema italiano ma anche inestimabile opera di valore internazionale, studiata nelle scuole di Cinema di tutto il mondo e motivo di stupore di registi del calibro di Martin Scorsese, totalmente disabituati alla visione di cinema girato per strada piuttosto che nei teatri di posa, come si usava all'epoca e come si è usato fino quasi alla new-wave americana.

 

Al Festival del Cinema di Cannes, grazie al lavoro svolto della Cineteca di Bologna, ci è stato possibile assistere alla proiezione di una versione restaurata in 4K di Miracolo a Milano, provando l'esperienza, inedita per noi, di ammirare sullo schermo di un cinema uno dei film più celebrati del regista italiano, nonché vincitore della Palma d'oro al 4° Festival di Cannes, nel 1951. 

 

Una versione che si apre con una scena tagliata e una serie di fotografie di scena che ritraggono un De Sica sorridente, elegante, impegnato a dirigere un film dove attori e non si mescolano in un set che non è tale ma più che altro riflesso di vita quotidiana, di spazi vitali al cinema italiano dell'epoca per necessità di produzione quanto di messaggio.

 

 


 

Tratto dal romanzo di Cesare Zavattini, impegnato con De Sica nella stesura della sceneggiatura, Miracolo a Milano è diventato uno dei capisaldi del movimento neorealista, raccontando al mondo l'Italia del dopo guerra: un paese alla ricerca di una ripartenza sociale e politica dopo essere stato trascinato nella disgrazia da due guerre mondiali e dal periodo fascista.

 

Il film parte da Milano, un luogo lontano da Roma e dalla Cinecittà che avrebbe ospitato produzioni internazionali hollywoodiane, nonché il sorgere di maestri quali lo stesso De Sica, Federico Fellini, Ettore Scola, Sergio Leone e molti altri.

 

La lingua è il dialetto milanese, che si alterna all'italiano quando deve e quando vuole, scatenando risate e ostentando l'intrinseca comicità di una città che già all'epoca aveva ambizione d'imporsi come capitale economica del paese, ospitando paperoni e allestendo strutture che avrebbero dato vita, nel tempo, al mito del "baùscia", della Milano da bere e dei "cumenda".

 

 

 

 

De Sica porta sullo schermo la storia di una Milano spaccata tra le carrozze, la povertà, i trovatelli da orfanotrofio, la semplicità bucolica dell' "italiani brava gente" che popolano la periferia e quella dei tram, delle pubblicità della Coca-Cola a spiccare sulle facciate degli edifici e dei lavoratori che non sanno dire buongiorno.

 

Un racconto neorealista in piena regola il cui scopo è quello di mostrare al pubblico una porzione di paese povera, disperata, chiusa in quell'idea di apparire per essere, il "senso del possesso" come forma di ricchezza, provando a sfuggire da un quotidiano inconciliabile, arraggiandosi e stando insieme anche quando la disperazione li porta a rubare o essere truffaldini, a rinnegare il loro stato di decadimento, magari continuando a credere di essere borghese e di poter avere una domestica pur non avendo una casa.

 

Miracolo a Milano è però un film di puro intrattenimento leggero, dove la condizione dell'italiano del dopo guerra diventa ispirazione per una storia dove si vuole porre l'accento sulla capacità di questo popolo di rimanere saldo alla capacità di ridere, di avere desideri, di poter cantare e di costruire una vita dalle macerie, facendo di Totò, il protagonista, l'incarnazione di questi tratti.

 

 

 

 

De Sica struttura una storia dove l'assurdo e l'elemento fantastico prendono per mano il sopra le righe, portando sullo schermo effetti speciali utili a realizzare gag la cui originie è sempre e comunque il contesto narrativo e non il mostrare per stupire, piegando il racconto.


Ogni scelta narrativa e ogni effetto speciale diventa mezzo per arricchire il mondo di Miracolo a Milano, sfruttando la recitazione corale, lo spirito goliardico delle maschere, i ruoli e mettendo i dubbi posti dall'autore come spunto dietro una storia semplice quanto sconclusionata nella sua evoluzione finale, quando la ribellione passa dal cantare gioioso all'apparizione di veri e propri miracoli, fino a quel volo sopra piazza del Duomo sui manici di scopa.

 

Miracolo a Milano si potrebbe definire un'opera genuina, un momento importante di un cinema italiano che cercava davvero di volare altrove, di infischiarsene della quadratura dei limiti e provava a sognare, cercando nel pubblico la voglia di cantare che li teneva vivi e ribelli durante la guerra, scavando per trovare il lato migliore di un popolo voglioso di riscatto ma sempre mettendolo in dubbio e cercando di metterlo in guardia dai nuovi pericoli dell'avere piuttosto che del dare.

 

 



Il film di Vittorio De Sica a 68 anni di distanza riesce nel raro intento di far ridere fino alle lacrime una sala cinematografica piena, stupendola grazie alla freschezza di una sceneggiatura piena di idee, di estro, di respiro vitale e libera da sovrastrutture e architetture di stile e narrativa.

 

Spaziando dal dramma, dalla crudeltà di un bimbo lasciato solo a seguire il carro funebre della madre fino al campo santo, al sorriso del bambino fatto uomo che cerca di costruire, d'insegnare, di creare una soluzione d'uguaglianza per tutti, credendo fermamente in un mondo dove

"Buongiorno voglia davvero dire buongiorno".

 

Miracolo a Milano è uno dei capolavori di Vittorio De Sica, opera d'arte del Cinema Italiano che dovremmo tutti rivedere, riscoprire e ricordare, cercando da quel cinema la ripartenza della quale abbiamo bisogno per ritornare a raccontare storie - anche sconclusionate - cariche di presente, passione, speranza per il futuro e capacità di comunicare onestamente con il pubblico.

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