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La favorita - Recensione: il potere senza politica

Un'analisi della simbologia che accompagna il nuovo film di Yorgos Lanthimos 

La verità è che provare anche lontanamente ad approfondire La favorita mantenendosi il più possibile sul generico sarebbe un tradimento enorme nei confronti della profondità e della complessità con cui è stato pensato e realizzato.

 

Sarebbe difficile dare un’opinione all’altezza di questo lavoro se non potessimo entrare del dettaglio della densità dei suoi significati.

Al plurale.  

 

La favorita è tutto ciò che avevamo immaginato, è allo stesso tempo qualcosa di completamente diverso, ed è in ogni caso qualcosa di più.

 

[Il trailer internazionale de La favorita]

 

 

Sin dalle prime scene de La favorita veniamo catapultati in una dimensione storica che, sebbene cronologicamente ben chiara, ha effettivamente dei contorni molto sfocati perché l’unico mondo che sembra esistere, il solo mondo che sembra davvero contare per noi spettatori, ha poco a che vedere con “Le donne, i cavallier, l’arme, gli amori” di cui parlava Ludovico Ariosto, ma è racchiuso nelle mura di un Palazzo Reale.

 

Sappiamo che la guerra con la Francia è in corso, eppure la regina sembra non esserne al corrente né lontanamente interessata se non nei limiti dei propri doveri burocratici.

 

Questa precisa scelta registica non è in alcun modo dovuta a puro disinteresse, né a una forma di approssimazione culturale, ma diventa un escamotage propedeutico a un distacco dalla realtà che coinvolgerà noi insieme ai suoi personaggi.

Il mondo al di fuori del palazzo va avanti e dipende da un potere centrale che solo noi, con il nostro sguardo privilegiato, riusciremo davvero a cogliere.

 

In questo senso, contrariamente a quanto ci saremmo aspettati, La favorita è un film in costume, ma La favorita non è un film storico. 

La favorita è un film sul potere, eppure non è un film politico.

 

Il lungometraggio ci presenta Olivia Colman nel ruolo della regina Anna, Rachel Weisz nel ruolo della duchessa Sarah Churchill e, dopo poche inquadrature, ci prepara all’arrivo di Emma Stone, nel ruolo della sua giovane cugina Abigail Masham, caduta in disgrazia e intenzionata a trovare lavoro a corte.

 

 

[Emma Stone ne La favorita]

 

Le tre donne de La favorita dopo pochi minuti si ritrovano inserite in una ben precisa scala gerarchica con la giovane Abigail sul gradino più basso e alla stregua di una serva e Sarah in vetta al fianco della regina, forse persino al di sopra di lei.

 

Ma è quando inesorabilmente la dimensione politica e la dimensione storica sembrano lasciare spazio ai personaggi per diventare laterale contestualizzazione delle dinamiche di palazzo, che finalmente ci chiediamo: qual è il vero ruolo de La favorita?

 

Un mondo fatto di balli, parrucche, musica, dolci e frivolezze sembra dapprima introdurre una spietata rappresentazione della società inglese che non rinuncia a quella forma di assurda ostentazione che circonda lo sfarzoso mondo dei monarchi europei (in un’immagine che richiama qualche nota della versione pop della Marie Antoinette di Sofia Coppola).

 

Nel silenzio e nella privacy delle camere, La favorita si apre al momento della svestizione della regina Anna, in un primo guizzo di umanizzazione del suo personaggio quando lo stuolo sfarzoso e la sua corona le vengono tolti di dosso, denudandola ai nostri occhi e rendendola più se stessa, meno distante.

 

A rimanere da sola nell’intimità della sua stanza è la duchessa Sarah, che nutre per lei grande stima, la riempie di complimenti privi di adulazione, la rassicura, sebbene si rifiuti di salutare i preziosi conigli che affiancano il suo letto e verso cui la regina sembra nutrire un certo attaccamento.

 

 

[Rachel Weisz ne La favorita]

 

 

Abigail ci viene presentata come una giovane piuttosto innocente, istruita e non ancora del tutto corrotta dai meccanismi che dominano corte e alta società, mentre guarda con ammirazione la cugina Sarah che nella sua sicurezza si assume quasi il ruolo di regina, amministrando, controllando, decidendo, parlando in vece della sovrana Anna, che a sua volta appare mutevole, irrazionale, infantile, piena di fragilità e insicurezze e del tutto inadatta alla praticità di un governo.

 

L’idea del palazzo come luogo di perdizione ne La favorita è delineato ben presto non solo nelle pratiche di assurdo divertimento nobiliare, ma anche nel progressivo cambiamento della ragazza accecata da una fama di riscatto man mano sempre più implacabile.

Entrata a corte con il ruolo di serva, vilipesa e osteggiata dalle compagne di lavoro, Abigail attraverso le sue conoscenze erboristiche e una certa dose di sfrontatezza riesce a entrare nelle grazie della cugina, ottenendo da lei un alloggio singolo, la sua compagnia e, infine, una certa attenzione da parte della regina.

 

La sovrana è costretta da malattie e infermità fisiche di varia natura a rimanere seduta su una sedia a rotelle, mentre osserva i sudditi e la sua cara amica Sarah ballare e giovarsi della compagnia degli altri nobili.

La osserva dapprima con letizia, infine con frustrazione, rabbia e turbamento.

 

Immaginiamo che si tratti di una normale condizione psicologica dovuta alla sua infermità, eppure poco dopo avviene la rivelazione. 

 

 

[Lo sfarzo delle scenografie de La favorita]

 

Non si tratta di invidia femminile, non si tratta di risentimento fine a se stesso.

 

La regina e la duchessa Sarah sono in realtà amanti.

Abigail assiste per un caso fortuito a un incontro amoroso tra le due, finendo ben presto per intravedere in questa casualità un’arma da usare a proprio vantaggio. Gli equilibri del film diventano palesi e si delineano quando anche noi entriamo a conoscenza di questa dinamica inaspettata.

 

La favorita, come la maggior parte dei film divisi in capitoli, costruisce per noi una lenta escalation di sotterfugi e bassezze, di intreccio emotivo personale e interpersonale tra le sue protagoniste.

Il film assume a volte dei contorni di leggerezza che non ci saremmo aspettati e che tuttavia ricordano quella percezione dell’assurdo che il regista Yorgos Lanthimos ci aveva già presentato come suo in The Lobster, quando fa del goliardico, del fraseggio, delle angolazioni un elemento surreale e stridente con la sontuosità dei costumi e la sfarzosità delle scenografie.

 

Mentre i monologhi interiori, quei flussi di coscienza à la James Joyce, rendono il personaggio di Emma Stone quasi un prodotto del tardo Woody Allen.

 

 

[Un frame da La favorita]

 

Eppure questa leggerezza, questa goliardia generalizzata, copre sommessamente una problematicità crescente e una complessità psicologica che scorre tra una corsa di anatre e una grottesca rappresentazione della moda dell’epoca, in un’ottusa superficialità di un palazzo che vive e sperpera risorse nel corso di guerre e rivolte sempre più lontane.  

 

C’è un momento in cui questa compressione psicologica esplode.

 

Lanthimos ci ha sempre abituati al suo simbolismo emotivo, legato in qualche modo al naturale.

Il regista greco si autocita in parte quando mette in scena (volutamente o meno) delle aragoste come centro cardine dell’esplosa competizione tra le due donne che si contendono l’attenzione della regina; in parte quando ci mostra Abigail in giro per quei boschi che spesso popolano i suoi film; in parte infine quando racconta la lotta dei sentimenti umani in tutta la loro contraddizione e potenza distruttiva.

 

La leggerezza con cui il regista tratta l’animo umano ne La favorita è ancora più discreto rispetto a quanto ci abbia abituato nei suoi precedenti lavori, nascosto tra mezze frasi, poche considerazioni e una sola potente e sovrastante inquadratura: quella finale.

 

Quei conigli che ci vengono presentati già nella primissima scena e che ricorrono nelle attenzioni della regina assumono in chiusura tutto un nucleo narrativo dalla fortissima potenza comunicativa.

Anna chiede a Sarah, che adesso sappiamo essere la sua compagna, la sua amante, la sua confidente, la sua più lontana amica, di salutarli a inizio film per un preciso motivo.

La duchessa rifiuta, con un garbo diretto e amichevole, perché “l’amore ha dei limiti” sebbene, secondo la regina, non dovrebbe.

 

I conigli in gabbia che ci sembrano all’inizio una di quelle tante pazzie aristocratiche di scarsa importanza, un gioco come tanti, un capriccio, si mostrano a noi nel loro vero significato quando infine lasciano proprio quella gabbia e sono liberi di scorrazzare per la stanza. 

 

 

[Una delle scene più significative de La favorita]

 

Abigail ormai conosce il più intimo segreto della sovrana e della sua amante e con l’intuito che la contraddistingue riconosce in quei conigli un appiglio, un’altra piccola arma per carpire l’attenzione della regina.

 

I conigli rappresentano i numerosi figli che la sovrana non ha potuto accudire. Morti prima del parto, morti poco dopo la nascita.

Abigail trova in quel piccolo frammento di debolezza la porta che conduce al cuore della regina. Anna desidera qualcuno che riempia il proprio vuoto, riconosce di avere una mente che rumina, che pensa costantemente, che non dimentica e cerca quindi, nella duchessa prima e in Abigail dopo, un riempitivo a quel dolore e a quel fallimento come donna che finalmente anche noi comprendiamo.

 

Simbolicamente Abigail è la prima persona che dopo anni sembra prendersi cura di quei conigli, che con il loro candore rappresentano i sentimenti, le debolezze, le paure, le ossessioni, gli abbandoni e le ferite della sovrana; figli non solo reali ma anche metaforici.

Lo fa agendo proprio dove la duchessa Sarah sembrava aver fallito, mostrando dolcezza e interesse nei loro confronti, coccolando e nutrendo figurativamente le fragilità della monarca in quanto donna.

 

Questo pieno e improvviso potere sui sentimenti di Anna cambia Abigail, sempre più conscia di se stessa, sempre più decisa a compiere quei passi decisivi a rafforzare il proprio status sociale.

 

La sua dolcezza e la sua innocenza vengono man mano fagocitate dal potere, alterate, degenerate, macchiate e sporcate di sangue (altro tema caro a Lanthimos) quando diventa ormai abile nel colpire candide colombe con un fucile per puro sport, quando insomma ha ormai trovato spazio nel letto della regina.

 

 

[Olivia Colman ed Emma Stone ne La favorita]

 

La guerra che si instaura tra le due donne, una intenzionata a rimanere la favorita della sovrana e un’altra intenzionata a sostituirla, rafforza questo triangolo di potere femminile senza che esso raggiunga mai un reale equilibrio.

 

La regina nella sua debolezza gioisce e gode della lotta tra le due signore per soddisfare la propria sete di attenzione, Abigail fa dell’ormai apparente innocenza e del vittimismo le sue armi di seduzione, la duchessa fa leva sui ricordi, rendendo i momenti condivisi con l’amante i suoi punti di forza. 

In un pendolo oscillante tra perdita e possesso del controllo, Abigail segna la definitiva corruzione del proprio animo avvelenando la rivale, che sopravvive e rimane smarrita e sfigurata nel bosco; i sentimenti della sovrana oscillano tra la nuova fiamma e la vecchia compagna, mentre la politica della guerra in Francia a sua volta slitta da una risoluzione a un’altra in balìa delle due contendenti e abbandonata da un capo di Stato incapace di gestirla, che rimanda e procrastina i propri ruoli istituzionali preda di due menti contorte, intenta solo a soddisfare il cieco egoismo del proprio bisogno emotivo.

 

Il potere, quando la duchessa Sarah torna a palazzo, non è più una questione di influenza ma di orgoglio, soddisfazione personale, l’aut aut che presenta alla sovrana e il ricatto che le impone mischiano arrivismo politico a un più semplice amor proprio e al bisogno di non essere più solo la favorita ma anche l’unica e sola, in un palcoscenico che non può più sopportare due Prime Donne.

 

Sarah, costretta ad abbandonare il palazzo a causa di questo suo disperato ultimo atto, si ritira apparentemente sconfitta dalle subdole armi della rivale, ma consapevole che la soddisfazione personale arriverà a caro prezzo.

Il suo allontanamento non è che il preludio della fine, mentre Abigail avida di potere, agi e materialità non riesce più a fermare la corruzione della propria innocenza.

 

L’impalpabile peso del potere le scivola di mano quando ormai arricchita da un titolo nobiliare, incurante della natura e della bontà dei sentimenti umani, schiaccia con il peso del suo piede uno dei conigli, dimostrando alla sovrana la propria natura dispotica e frivola. 

 

 

[L'opulenza visiva de La favorita]

 

Ad Anna non resta che la vuota e insignificante vendetta che le concede il suo ruolo di monarca, quella di trattare la sua nuova amante come nulla più che un oggetto, un disprezzato e infimo possedimento pagato a caro prezzo.

 

Mentre quei sentimenti, quei conigli ormai fuori dalle gabbie e dunque privi di ogni controllo, si moltiplicano, proliferano, si affollano, la riempiono, la sovrastano e la schiacciano proprio come quel nucleo di ferite e debolezze che turbinano nella sua mente, condannandola inesorabilmente.

 

Sarah che le dimostrava il proprio affetto senza mentirle, che riconosceva uno a uno quei conigli, che ne teneva conto anche quando Anna non sembra accorgersene poiché abbagliata dalle lusinghe, e che si rifiutava di idolatrare attraverso loro il suo dolore e il suo vittimismo, osserva il proprio destino da lontano, in una lotta al potere che non vede trionfare nessuno. 

 

Yorgos Lanthimos ci insegna in poche semplici scene il senso di un amore che abbraccia una persona con il proprio triste bagaglio di sconfitte, che ne prende coscienza ma non se ne lascia ricattare, un amore che dura ma che è pronto a rimanere entro i limiti della propria dignità anche al costo della fine.

La favorita è un film di angosce, sopravvivenze, frustrazioni, orgoglio, frenesia e irrequietezza.

 

È una storia che punta all’introspezione e all’analisi di tutte le emozioni, che analizza i contorni dell’egoismo e indaga i limiti della forza nelle lotte di potere psicologico.

La regia è tanto minuziosamente curata quanto sorprendentemente moderna nei suoi richiami all’arte classica mixata a riprese inusuali e dinamiche.

 

Il cambio di tono, la mescolanza di registro rendono il film quasi una giostra, un carosello di parole e turbamenti.

 

 

[Le ottiche grandangolari de La favorita]

 

Le tre attrici de La favorita sono lanciatissime nella corsa all’Oscar.

 

Olivia Colman, già vincitrice di Coppa Volpi e Golden Globe, dipinge sul suo viso la potenza irrazionale delle emozioni della regina.

Ci racconta riso e rabbia in un’unica sequenza in primo piano, isterie esplosive, ci sembra una bambina innocente e allo stesso tempo cattiva, ci consegna dolore interiore in forma di espressione psicosomatica non solo tramite il viso, ma anche e soprattutto attraverso il proprio corpo immobile.

 

Rachel Weisz ed Emma Stone si alternano in quanto a preponderanza scenica ed entrambe giustificano con le loro interpretazioni quelle nomination che le vedono contrapposte.

Perché se Stone si impone come sempre nei ruoli brillanti, quando cioè il film ci strappa sorrisi complici di leggerezza, Weisz domina quando la drammaticità del finale richiede il suo sguardo distaccato e degno.

 

La favorita, nel trend di costume che sembra aver dominato il gennaio 2019, esce a pochi giorni da Maria Regina di Scozia ma si pone su tutt’altro livello, abbandonando le pretese storiche e revisionistiche delle versioni politiche per offrirci uno spaccato umano, che ha in quegli sfarzi nei palazzi reali esclusivamente una forma di alienazione mentale. 

 

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5 commenti

Davide Sciacca

5 anni fa

Pero' faccio onestamente il tifo per la Adams in Vice, ergo spero malignamente che si rubino i voti a vicenda.

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Davide Sciacca

5 anni fa

Anche io avevo fortemente paura di un film in costume "classico", complice anche il fatto che la sceneggiatura non fosse di Lanthimos. Fortunatamente smentito.

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Angela Pilato

5 anni fa

grazie mille 😄 hai ragione, la colonna sonora è asciutta ma potente, purtroppo ho visto il film in un piccolissimo cinema di città con un impianto un po' fiacco, per usare un eufemismo, quindi ho preferito non sbilanciarmi! 
Per quanto riguarda gli Oscar, chissà! 😜

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Angela Pilato

5 anni fa

la sorpresa nel non trovare il classico docu-film è stata piacevolissima! 😄

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Angela Pilato

5 anni fa

grazie mille e concordo, anche io ho preferito la Weisz! Sono rimasta in dubbio fino alla fine, ma per me ha avuto quel quid in più proprio per via del ruolo 😊👍

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