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Megalopolis - Recensione: il sogno utopico di un Maestro - Cannes 2024

Dopo quasi quarant'anni dall'idea iniziale finalmente Francis Ford Coppola è riuscito a realizzare Megalopolis e lo ha portato al Festival di Cannes

Megalopolis è uno dei film più coraggiosi che io abbia mai visto. 

 

È coraggioso a partire dal suo creatore, quel Francis Ford Coppola che lo ha inseguito per quasi quarant'anni - la prima idea gli venne mentre girava Apocalypse Now - e che ha finito con il metterci i propri soldi vendendo parte del suo impero vitivinicolo per riuscire ad avere i fondi necessari per girarlo; è coraggioso perché alla sua età e con la sua carriera alle spalle ha deciso con un'umiltà commovente di venire al Festival di Cannes 2024 nel concorso principale, mettendosi sullo stesso piano di tutti gli altri cineasti presenti ed è coraggioso perché affronta un tema già visto e ben noto non solo nel Cinema, ma nella drammaturgia tutta e lo ribalta dalla parte opposta.

 

Siamo a New Rome, una città fittizia che in realtà riconosciamo benissimo essere New York: dal Chrysler Building alla Statua della Libertà sono tante le icone della città statunitense presenti nel film, ma è una New York "coppolizzata" che dunque diventa la Nuova Roma, il simbolo del nuovo impero.

 

[Il trailer di Megalopolis] Megalopolis

 

 

Megalopolis inizia infatti con una riflessione sulla caduta dei grandi imperi, facendo un parallelo tra quello che è stata Roma e quello che sono oggi gli Stati Uniti, chiedendosi a un certo punto se quando un impero cade lo fa improvvisamente o se piuttosto la cosa è più simile a un lento, inesorabile declino. 

 

Il titolo del film viene accompaganto a schermo da una sorta di sottotitolo che recita semplicemente "a fable".  

Una fiaba, quindi, per mettere da subito in chiaro che ciò che vedremo dovremo guardarlo mettendo in gioco un po' più di sospensione dell'incredulità rispetto a quanto magari ci saremmo aspettati. 

 

Il riferimento a Roma non è solo nel titolo, ma innerva l'intera opera con i cartelli sullo schermo che scandiscono le riflessioni, come se Coppola volesse creare una propria odonomastica, i nomi dei personaggi (e anche qualche tratto della personalità), i costumi di Milena Canonero, le scenografie: tutto rimanda all'Impero Romano e al classicismo non solo come stile, ma come filosofia e messaggi, tanto che più volte viene esplicitamente citato Marco Aurelio. 

 

Megalopolis è la storia di una famiglia, anzi, della famiglia più potente e ricca del mondo - i Catilina - dei contrasti che inevitabilmente ci sono tra di loro e di quelli che avvengono con il sindaco della città e la figlia - i Cicero - nonché di tutta la pletora di arrivisti che gravitano attorno alla fortuna economica dei Catilina. 

Il sindaco di Megalopolis Frank Cicero (Giancarlo Esposito) vede il futuro della città semplicemente dal punto di vista del business e la sua proposta per un futuro migliore prevede un nuovo casinò e un'innovativa sala giochi; Caesar Catilina (Adam Driver) si trova invece agli antipodi.

 

Il personaggio di Driver è a mio avviso meraviglioso: è un genio sognatore, un umanista che crede fortemente nella capacità dell'uomo di creare cose meravigliose e ambisce all'equilibrio, all'armonia, spingendo la ricerca e finanziando tutto ciò che va in quella direzione, al punto di vincere un Premio Nobel per l'invenzione di un nuovo materiale per le costruzioni, che contrasta il cemento e l'acciaio ed è in grado di creare meraviglie. 

 

[Una clip di Megalopolis: se temete gli spoiler non preoccupatevi perché è letteralmente l'inizio del film]

Megalopolis

 

Non entro nei dettagli del plot perché preferisco che siate voi a scoprirlo, tutto Megalopolis è come se fosse cristallizzato in un momento indefinito del nostro tempo o poco più in là, ma con la totale assenza dei moderni device tecnologici e di conseguenza anche di tutta quella fetta di mondo social network che invece ci si aspetterebbe in un film che mostra una famiglia potente per la quale la plebe stravede e urla.  

 

I problemi in Megalopolis sono più o meno gli stessi che affliggono il mondo odierno, ma il film sceglie decisamente di parteggiare per la visione utopistica del futuro dell'umanità che ha Caesar: il suo è un personaggio anomalo nella cinematografia attuale, fatta di disillusione, tristezza e sfiducia nei confronti di ciò che ci aspetta, un Cinema che sempre di più tasta il polso della società e ne ricava distopia, più che utopia. 

 

Qui si va dalla parte opposta e a un certo punto Caesar si trova a sottolineare di non far sì che "l'adesso sia in grado di rovinare il per sempre", in netto contrasto con il pensiero capitalista dell'accumulo qui e ora. 

Il suo è un personaggio idealista, come spesso accade nel Cinema di Coppola: non lo è forse anche Harry Caul de La conversazione? Non lo è Rudy Baylor de L'uomo della pioggia? E non lo è a suo modo addirittura Walter E. Kurtz di Apocalypse Now

 

Trovo che il messaggio palese di Megalopolis sia qualcosa non solo di inusuale, ma anche di romantico e probabilmente necessario: soprattutto dal 2020 in avanti ha cominciato a essere chiaro un po' a chiunque che è molto probabile che il mondo dove vivranno i nostri nipoti non sarà migliore di quello dove viviamo oggi, ma perché non provare a sperare per il meglio, almeno una volta? 

 

Francis Ford Coppola con il suo film mette l'uomo e l'arte al centro del discorso, arrivando a sostenere che gli artisti sono in grado di manipolare il tempo: i poeti lo cantano, i musicisti lo ritmano e i pittori lo immobilizzano. 

Un concetto poetico emozionante, che in Megalopolis diventa anche realtà, dato che più volte vediamo Caesar fermare il tempo intorno a sé. 

Metafora? Magia? Merito del mirabolante materiale per le costruzioni inventato da lui? 

Il film non dà mai una risposta certa e in effetti non è importante il come, ma il perché. 

 

Un messaggio di questo genere vede un futuro luminoso e tinto d'oro come la maggior parte della fotografia del film, pone i giovani e i neonati come speranza e fondamentalmente ottiene vendetta nei confronti di coloro che non vogliono il bene dell'umanità, ma pensano solo al proprio: pensare che qualcosa di simile arrivi da un cineasta che ha da poco compiuto 85 anni lo trovo meraviglioso. 

 

Il cast di Megalopolis è fenomenale e vede oltre ai già citati Esposito e Driver la presenza di Jon Voight, Aubrey Plaza, Laurence Fishburne, Shia LaBeouf, Nathalie Emmanuel, Talia Shire, Jason Schwartzmann e Dustin Hoffman. 

I personaggi di Plaza e LaBeouf sono quelli che ho trovato più interessanti, non solo perché tra quelli secondari godono di maggior minutaggio: lei è la regina delle arriviste Wow Platinum, che vuole tutto e tutti e trama per ottenere ciò che vuole, lui è Clodio Pulcher, cugino invidioso e malevolo di Caesar, che esattamente come ci raccontano essere stato il Publio Clodio Pulcro da cui prende il nome è corrotto, violento e sobillatore. 

 

Megalopolis è un film denso di avvenimenti, di significati, di messaggi, di Cinema. 

È un film che senza dubbio dividerà e farà discutere, che raccoglierà applausi ma anche tante critiche - al termine della proiezione stampa di Cannes si sono sentiti dei "Buuu", coperti poi da un grande applauso - e in generale mi sento di dire che è un'opera che difenderò con tutto me stesso, perché mi ha emozionato e stupito, coinvolto e trasportato ed è quasi riuscita ad accendere anche dentro di me una scintilla speranzosa nei confronti del futuro, operazione complicata dato che più invecchio e più mi scopro misantropo e disincantato. 

 

Megalopolis non è solo l'utopia di Caesar Catilina, ma è l'utopia dello stesso Francis Ford Coppola, un uomo di Cinema come pochi che ha voluto con tutto se stesso realizzare il film che teneva dentro di sé da decenni, qualcosa che crea una sorta di cortocircuito dove il sogno e l'utopia del personaggio del film si rispecchia in quello del suo creatore. 

Megalopolis è un'opera immensa, gonfia, bulimica, gargantuesca e immaginifica ed è quel tipo di Cinema che non si vedeva da troppo tempo e che difficilmente potremo vedere ancora, con un impianto scenico da far venire i brividi, interpretazioni altissime e una regia che riesce a tenere sotto controllo quello che a volte sembra un gigante impazzito. 

 

Megalopolis non è un film perfetto, ma tra i tanti meriti che mi sento di riconoscergli c'è anche quello di un particolare, un momento breve del film in cui avviene qualcosa che non avevo letteralmente mai visto in vita mia e che mi chiedo come sarà possibile replicare al di fuori della cornice festivaliera. 

 

Qualcosa che ha lasciato l'intera sala a bocca aperta e che ha fatto partire un applauso spontaneo, che ha coperto qualche battuta successiva. 

 

Alla fine della proiezione di Megalopolis ci resta addosso un po' di nostalgia per quello che è stato e un pizzico di speranza nel fatto che ci possa un giorno essere anche nel nostro mondo un Caesar Catilina pronto a scommettere sull'umanità, capace di mettere il proprio genio al servizio del bene pubblico e non del proprio conto corrente, un uomo in grado di volare altissimo, di cadere e rialzarsi, di sperare nel buono nonostante rischi la vita. 

Mi andrebbe bene anche senza la sempre incredibile bravura di Adam Driver.

 

Ma forse a questo punto l'idealista sono io. 

 

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