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La sposa cadavere - Recensione: nella morte trovare il senso di vivere

La sposa cadavere di Tim Burton è tornato al cinema dopo quasi vent'anni per ricordarci la sua originalità e tenerezza 

È il 2005 quando Tim Burton realizza il primo film d'animazione ripreso con camere fisse, per citare solo una delle innovazioni tecniche che coinvolgono La sposa cadavere, il primo aspetto rilevante secondo molti di questa pellicola. 

 

La sposa cadavere fu anche il primo film a usare la tecnica gear and paddle, ovvero ingranaggi all'interno delle teste dei pupazzi attaccati a delle pale esterne.

La cura artistica de La sposa cadavere fu senza dubbio ingegnosa, le cui grandiose testimonianze gli italiani hanno ammirato nella mostra dedicata a Tim Burton al Museo del Cinema di Torino fino all'aprile scorso. 

La sposa cadavere è per questo sicuramente un'opera mastodontica nella sua apparente semplicità, grandiosa dal punto di vista tecnico, ma anche dal punto di vista della colonna sonora. 

 

La musica gioca un ruolo importante, con la duratura collaborazione fra Burton e Danny Elfman, costruendo un'atmosfera onirica e inquietante tipica dei lavori del regista per questo considerato visionario. 

 

[Il trailer de La sposa cadavere]

 

 

Probabilmente è La sposa cadavere il vero film di Tim Burton rispetto a Nightmare Before Christmas, di cui Burton non curò la regia, anche se erroneamente si pensa così. 

 

Qui ritroviamo le sue tematiche più care, la presenza del nome Victor che è una firma immancabile fin dalle sue prime opere e molti personaggi. 

Al netto degli aspetti tecnici lodevoli, infatti, se La sposa cadavere è a pieno titolo un capolavoro di Tim Burton le ragioni sono innanzitutto concettuali. 

 

Dal punto di vista tanto dialogico quanto visivo, il film risulta un perfetto connubio fra inquietudine, atmosfere orrorifiche, oniriche, e delicatezza e tenerezza. Come accade spesso nelle opere soprattutto di matrice vittoriana e nei romanzi gotici, è presente la parodia e demistificazione delle tradizioni sociali. 

Prime fra tutte la Chiesa e il matrimonio, ovviamente.

La sposa cadavere si basa su una leggenda del folklore, fin dal racconto del rabbino Isaac ben Solomon Luria di Safed, un letterato-mistico del XVI secolo, ma riprende anche dal Cristianesimo il topos delle due spose.

 

Il pastore Galswells all'interno del film rappresenta la Chiesa ed è l'emblema della tradizione rovesciata e criticata da un mix tra ironia dissacrante e consapevole satira. 

 

 

 

 

Emblematica la scena in cui i morti tornano dall'aldilà, il pastore grida loro davanti alla Chiesa di allontanarsi e uno di loro gli chiede di abbassare la voce perché si trovano in Chiesa.

 

Questa è solo una delle tante battute sagaci del gioco con la morte messe in campo da Tim Burton e dalla sceneggiatrice Caroline Thompson: la vicinanza con il macabro e con il triste epilogo della vita ha un effetto catartico e parodico che esorcizza la paura della morte e della perdita, probabilmente specie nel pubblico più giovane.

Da qui, infatti, la storia d'amore centrale fa effettivamente da cornice, ulteriore tratto originale. 

 

L'aspetto interessante de La sposa cadavere è infatti il rovesciamento delle nostre aspettative davanti all'oscuro, come quando Beetlejuice da fantasma ci fa ridere invece di farci paura, ma non perché come il Nulla de La storia infinita non siamo più in grado di stupirci o avere timore in quanto desensibilizzati dalla modernità, quanto perché come in Thriller di Michael Jackson possiamo fraternizzare con quello che per noi è il Male, che ne La sposa cadavere si rivela invece spesso essere il Bene. 

Come quando i morti avanzano sulla superficie, coi loro corpi di scheletro e colori inquietanti, e i paesani sono terrorizzati, finché un bambino non riconosce suo nonno.

 

Sicuramente il momento più toccante del film, che in quel frangente opera anche una divertente parodia di Via col vento riprendendone anche la colonna sonora. 

 

Non ultimo, ovviamente, il tema più caro a Tim Burton, quello del reietto, del diverso e dell'escluso, che renderà una generazione di bambini e poi adolescenti ossessionati anche dal regista e da questo film, in quanto sentiti compresi nella loro fragilità, nel sentirsi alternativi tipico di quell'età e affascinati dal concetto di follia personale eccentrica che ognuno possiede. 

In questo caso, sono i morti gli esclusi, perché la Chiesa, la società, i vivi stessi li ritengono parte di un altro mondo, ma è escluso anche Victor, che non vive il matrimonio come meccanico affare, è timido, imbranato e sogna l'amore con Victoria.

 

Infine, la reietta vera è lei: Emily, la sposa cadavere, che derubata del suo sogno d'amore si illude in modo anche piuttosto paradossale di poter sposare un vivente, è la vera diversa e outsider, il cui destino a differenza per esempio di Edward mani di forbice non è però semplicemente la solitudine, ma la libertà di riposare in pace. 

 

 

 

 

Anche dopo quasi vent'anni La sposa cadavere è quindi tornato a ricordarci la poesia del macabro attraverso un modo tutto nuovo di viverlo.

 

Come nelle nature morte della pittura di Caravaggio, quando è nel vedere appassire che capiamo chi siamo, così nel prospettare in modo non angosciante la morte, la catarsi è compiuta. 

Sarà una ispirazione sicuramente anche visiva e tecnica per il Cinema successivo, pensiamo per esempio al film Coco

 

La sposa cadavere è però un mondo a sé, con le sue sfaccettature che mettono in dubbio le nostre convinzioni e ci insegnano a pensare diversamente. 

 

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