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Un anno difficile - Recensione: tra commedia e ambientalismo

Il film di Éric Toledano e Olivier Nakache regala interessanti spunti di riflessione e qualche sorriso, narrando la nostra contemporaneità con molta (ma forse fin troppa) leggerezza

Un anno difficile è l'ottavo lungometraggio di Éric Toledano e Olivier Nakache, divenuti famosi in tutto il mondo nel 2011 con il film Quasi Amici.

 

La commedia ruota attorno a una coppia di amici sommersi dai debiti: Albert (interpretato da Pio Marmaï) e Bruno (Jonathan Cohen): i due, che vivono di espedienti, un giorno si infiltrano a un raduno di attivisti ambientali, attratti dalla possibilità di mangiare e bere gratuitamente. 

Qui incontrano Cactus (Noémie Merlant), della quale Albert si innamora e, un po' per scherzo un po' sul serio, iniziano a essere sempre più parte integrante del gruppo di ambientalisti. 

 

Danzando sulle note di un'ottima colonna sonora Un anno difficile si snoda tra gli espedienti di Albert e Bruno, le azioni politiche del gruppo di attivisti e l'amore nascente tra Cactus e Albert, creando un buon mix - purtroppo a mio avviso non del tutto efficace - di divertimento e serietà.

 

[Il trailer italiano di Un anno difficile]

 

 

Fin dai primi minuti di Un anno difficile risuona un mantra: "Ne ho bisogno? Ne ho davvero bisogno? Ne ho davvero bisogno adesso?", mantra che viene impartito ai propri studenti da Henri (Mathieu Amalric), un "insegnante" specializzato in corsi su come smettere di indebitarsi. 

 

Ironicamente, lo stesso Henri si rivelerà essere un irriducibile ludopatico, tanto da essere stato addirittura bandito dalle slot machine della propria città.  

Su questo tema del doppio si snoda gran parte della comicità di Un anno difficile, film che riesce ad alternare i propri contrasti creando scene divertenti a fianco di una rappresentazione, in chiave seria, dell'urgenza ambientalista. 

Alcuni capovolgimenti effettivamente divertenti si trovano in scene come l'apparente invito romantico fatto da Cactus ad Albert, che si trasforma poco dopo in un comizio con l'intero gruppo, oppure nella manifestazione contro la Banca di Francia, proposta da Bruno, che si rivela essere un pretesto per infiltrarsi in banca e cancellare - con il bianchetto - gli atti che testimoniano i debiti dei due protagonisti.  

 

Si sorride della goffaggine sciocca di Albert e Bruno, ai quali si guarda con affetto e un po' di compassione, ma senza troppa compartecipazione riguardo le loro sventure. 

 

 

[Un anno difficile: Bruno e Albert ridacchiano tra loro al primo raduno del gruppo ambientalista]

 

 

Ciò che sembra mancare in Un anno difficile è infatti proprio la creazione di un senso di empatia verso le dinamiche personali tra i diversi protagonisti.

 

Se da un lato il senso di urgenza ambientale degli attivisti è ben rappresentato - e preso sul serio, con scene girate in stile documentario che riescono perfino a emozionare e far riflettere sullo statuto del nostro pianeta - al contempo la classica "storia d'amore" che fa da sottofondo al racconto non mi ha pienamente convinto e, soprattutto, non l'ho purtroppo trovata molto interessante.  

Ho provato un interesse del tutto relativo anche per i problemi finanziari dei due protagonisti, che fanno ben poco per provare seriamente a risolverli e non portano, quasi mai, a empatizzare seriamente con loro.

 

Più interessante risulta invece il lavoro che i registi sembrano voler fare sul proprio pubblico: partendo da una sorta di "ridicolizzazione" iniziale dell'estremismo degli ambientalisti (corrispondente, di fatto, con il punto di vista iniziale dei due protagonisti), il pubblico stesso diventa in realtà sempre più partecipe della loro missione e ciò che inizialmente avrebbe fatto ridere fa alla fine sorridere amaramente.

Un anno difficile diventa in questo uno specchio della nostra società, che spesso ride delle esagerate prese di posizione di gruppi ambientalisti, che si pone anche in aperta polemica con esse (basti pensare alle reazioni a gesti come l'imbrattamento di opere d'arte o le manifestazioni sulle autostrade), ma che non può evitare di fare i conti con il loro messaggio.

 

A far sorridere amaramente, quindi, è proprio l'empatia - assente riguardo ai personaggi - che si finisce inevitabilmente per sviluppare nei confronti degli ideali degli ambientalisti. Si capisce assolutamente come essi non siano "vandali" che amano il caos, ma giovani stanchi dell'inazione della società davanti a un mondo che ha sempre meno tempo per essere salvato. Viene compreso, in pieno, come sia difficile essere presi sul serio quando si cerca di cambiare il mondo. 

È positivo che in una commedia si possano ritrovare argomenti contemporanei come l'emergenza climatica, l'urgenza e la necessità di combattere per il nostro pianeta, che addirittura venga usato un termine come "ecoansia", sempre più diffuso nella nostra contemporaneità. 

 

Un anno difficile si fa portavoce di queste paure e preoccupazioni in ottima maniera, riuscendo a ridere degli estremismi, ma non degli ideali alla base dei movimenti. 

 

Non passa mai il messaggio che gli attivisti stiano facendo qualcosa di "sbagliato" o "inutile", anzi si capisce l'importanza del loro ruolo, anche e soprattutto in mezzo allo scetticismo e menefreghismo delle masse. 

 

 

[Un anno difficile: Cactus (Noémie Merlant) festeggia assieme al gruppo di ambientalisti]

 

 

Rimane il fatto, tuttavia, che Un anno difficile non mi sembra avere molto altro da offrire: non mi ha divertito a pieno come commedia, non mi ha coinvolto del tutto dal punto di vista della trama, non mi ha convinto a fondo nello sviluppo psicologico dei personaggi e nello svolgimento degli avvenimenti.

 

La conclusione, inoltre, benché possa rendere felici gli amanti del lieto fine, lascia un retrogusto un po' troppo dolciastro a chi si potrebbe aspettare un finale meno lezioso.

 

Un anno difficile è comunque un film intelligente, il cui messaggio di fondo è figlio di un'urgenza che è giusto sia sempre ribadita, nel Cinema come in ogni forma d'arte: il nostro pianeta è uno solo e noi siamo l'ultima generazione in grado di salvarlo. 

Se vogliamo fare ciò, è giusto e necessario combattere per esso. 

 

Anche se dovremo farlo tra le risate - o i semplici sorrisi - della maggior parte delle persone. 

 

[articolo a cura di Edoardo Rodolfi] 

 

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