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Il male non esiste - Gli enigmi misteriosi della natura

Dopo aver trionfato a Venezia, Il male non esiste arriva nelle nostre sale, confermando la propria natura misteriosa e la grandezza del suo autore

Il male non esiste è un film ambiguo e misterioso sin dalla lettura del suo titolo.

 

Dopo il Leone d'argento - Gran Premio della Giuria ottenuto nell'ultima edizione della Mostra del Cinema di Venezia, l'ultima fatica di Ryūsuke Hamaguchi arriva nelle nostre sale confermandosi un'opera assolutamente unica nel panorama cinematografico odierno. 

 

[Il trailer italiano de Il male non esiste]

 

 

Si tratta, infatti, di un film al contempo puro ed enigmatico, che trova nella densità del suo impianto etico ed estetico la ragione stessa della sua esistenza.

 

Il male non esiste è sbocciato quasi per caso.

Lo spunto per la pellicola è nato quando ad Hamaguchi fu chiesto di girare del materiale per accompagnare un'esibizione musicale di Eiko Ishibashi, già compositrice delle meravigliose musiche del precedente Drive My Car. Pian piano, però, il lavoro congiunto tra i due artisti è germogliato quasi autonomamente, tramutandosi quasi per magia in un film. 

Si tratta di un'operazione vicina a quella attuata da David Lynch e Laura Dern con Inland Empire: due artisti che stimolano i reciproci talenti in maniera libera, lasciando che gli stessi fluiscano in un'opera fuori da ogni ordinaria regola di produzione o distribuzione.

 

Non a caso, al momento dell'annuncio della line-up della kermesse veneziana di quest'anno, la presenza del regista giapponese era del tutto inattesa e sul film erano circolate pochissime informazioni, tanto che durante la premiazione, lo stesso Ryūsuke Hamaguchi si è detto colpito per quanto Il male non esiste sia riuscito a far presa nei cuori di spettatori e giuria.

 

 

[La giuria veneziana ha condiviso l'assunto secondo cui Il male non esiste fosse il miglior film dell'ultimo concorso dopo Povere creature!]

 

 

La natura stessa de Il male non esiste, in realtà, rende particolarmente ostico lasciar trapelare alcuni dettagli: il suo peculiare mix di semplicità narrativa e mistero sostanziale la rendono quasi impenetrabile.

 

La trama dell'opera si concentra sulla placida vita a Mizubiki, una piccola comunità montana giapponese vicino Tokyo: le nostre guide nell'ambiente sono il tuttofare Takumi e sua figlia Hana, che vivono le pacate liturgie quotidiane del luogo fino a quando un'agenzia di spettacolo, sfruttando i fondi derivanti dall'emergenza per la COVID-19, cerca di costruire un glamping (lett. "glamour-camping") che rischia di comprometterne ogni equilibrio naturale ed economico. 

La notizia porta la comunità a reagire, risponendo con forza, educazione e preparazione ai dipendenti dell'agenzia incaricati di spiegar loro i presunti vantaggi dell'operazione sulle loro vite, nel corso di una lunghissima riunione comunitaria.

Hamaguchi gira l'intera conversazione con un unico piano sequenza intriso di maestria, perfezionando - e se possibile irrobustendo - la sua capacità di convogliare dialoghi torrenziali in un unica ripresa, come già fatto in Happy Hour e ne Il gioco del destino e della fantasia.

 

La matrice conflittuale dell'innesto artificiale nei luoghi incontaminati è un meccanismo drammaturgico tanto semplice quanto poderoso: dinanzi allo spettatore prende forma il conflitto tra uomo e natura, tra progresso e tradizione, tra comunità rurali e città, tra chi sente il ruolo di difendere il proprio nido e chi - anche involontariamente - promette distruzione.

Tutto ciò, però, ne Il male non esiste monta con una morigeratezza tale che anche chi dovrebbe strenuamente l'idea di un glamping a Mizubiki, finisce per assecondare le istanze degli abitanti del luogo e innamorarsi della sua vita bucolica. 

Per gli agenti inviati in montagna, d'altronde, la comunicazione con l'agenzia a Tokyo è difficoltosa, mediata da scarse conoscenze del tema trattato, sempre frettolosa e dipendente dalla tecnologia, mentre la vita rurale è così concreta, immediata e densa di calore umano.

In più gode di un equilibrio perfetto, perché contaminarlo? 

 

A questo punto il conflitto sembra quasi risolto e uno degli agenti, Takashi, vorrebbe addirittura lasciare il lavoro e trasferirsi in montagna, commosso da un gesto al contempo e lui estraneo ma banale per Takumi come quello di tagliare la legna.

 

 

[Il male non esiste vive della quotidianità dei suoi protagonisti]

 

 

La pacificazione, però, non basta: Il male non esiste non mira a esaurirsi nell'avvicinamento dei due mondi.

 

Lo spettatore, indotto dalla colonna sonora di Eiko Ishibashi, se ne rende conto ben prima che un evento potenzialmente tragico si abbatta sulla piccola comunità: il mistero ha cominciato a prendere il controllo del film già dai suoi primi silenzi, dalle prime lunghe inquadrature riservate alla natura e al rapporto simbiotico tra le persone del luogo e gli spazi di Mizubiki. 

Gli enigmi sostanziali della pellicola, in controtendenza con quanto abbiamo potuto apprezzare dalla linearità dialogica del secondo atto, sono ancora tutti disposti nel subconscio di chi osserva e stanno per prendere il sopravvento, tramutando Il male non esiste in un trattato sulla natura dell'essere umano oltre che sul suo rapporto con il mondo.

 

Le parevenze di semplicità della regia e delle composizioni di Yoshio Kitagawa, la perfettamente ricostruibile suddivisione in tre atti e l'apparente trasparenza del montaggio contribuiscono a far calare attorno alle vicende narrate la nebbia di un mistero che merita di essere approfondito e sviscerato nel prosieguo di questo articolo. 

Se non avete ancora potuto apprezzare Il male non esiste, pertanto, fermatevi qui nella vostra lettura e tornate quando non sarete più sensibili agli spoiler che si faranno di seguito.

 

Se, invece, i tanti interrogativi della pellicola vi hanno già carpiti andate avanti: proveremo insieme a far diradare parte della nebbia attorno al meraviglioso finale di questo film.

 

[Avvertenza: spoiler sul film dopo l'immagine]

  

 

[Il male non esiste si apre costringendoci a tenere lo sguardo rivolto in alto, prima di poterlo rivolgere alla natura: esattamente ciò che fa la piccola Hana]

 

 

Il mistero dei suoni, dei luoghi e della vita

 

La forma è sostanza.

La sostanza si nasconde nella forma. Il male non esiste nasconde i propri dilemmi nelle pieghe di una struttura apparentemente basilare. 

 

Come detto, la tripartizione quasi scolastica degli atti dell'opera è solo un'apparente semplificazione di ciò che stiamo osservando: la sapiente direzione di Hamaguchi, però, è perfettamente in grado di condurci dove vuole, portandoci al disorientamento nella sua foresta di simboli e implicazioni nascoste. 

Per orientarci al meglio, forse, è necessario partire dal momento in cui la consapevolezza di esserci ormai persi emerge in tutta la sua violenza: il finale dell'opera, costruito in pieno parallelismo con l'apertura.

 

Il film si chiude con un'inquatratura sulle cime degli alberi di Mizubiki, con il respiro affannoso di Takumi che porta in braccio Hana, ferita - o forse morta - dopo un incontro ravvicinato con una mamma cerva che cercava di difendere la propria prole. 

Allo stesso modo, per oltre 10 minuti in apertura de Il male non esiste, Ryūsuke Hamaguchi si è impegnato a delineare il battito pulsante della natura ovattata dalla neve, il cui respiro vitale è stato perfettamente costruito con un lavoro sul sonoro del film a dir poco monumentale. Forse solo in questo contesto il titolo si ritrova denudato di ogni ambiguità: fino all'avvento dell'uomo, effettivamente il male non esiste.

 

L'elaborazione del concetto di malevolo non appartiene per definizione alla natura.

  

 

 [Il respiro della natura e le musiche di Eiko Ishibashi: due co-protagonisti de Il male non esiste]

 

 

Gli esseri umani entrano nel quadro delineato dal regista con un ruolo estraneo rispetto alla messa in scena, non a caso: spesso infatti la presenza umana viene ripresa attraverso delle finte soggettive di alberi, piante spontanee ed elementi naturali; il punto di vista che ci catapulta dentro Il male non esiste non è umano. 

 

Ripercorrendo a ritroso l'opera, si scopre che sin dalla sua apertura il confronto tra la natura e l'uomo è stato esplicitato, prima ancora che una sola parola venisse proferita.

In questo contesto anche i nomi dei personaggi principali risultano del tutto esemplificativi: Takumi, infatti, vuol dire proprio "esperto, artigiano" e Hana (lett. fiore, fioritura), invece, rimanda direttamente al suo rapporto innocente con la natura.

Si tratta di due sguardi complementari, di due visioni attigue del rapporto con la natura, in cui dall'ingenuità si passa alla conoscenza profonda dei luoghi e degli animali, tanto da poter trarre dall'ambiente tutto il necessario per la sopravvivenza della comunità.

 

Una prima prospettiva sulle azioni di Takumi, che sembra di fatto un'incarnazione dello spirito del luogo, non può che partire di questo: l'uomo ha scelto di soffocare l'invasore cittadino Takashi, lasciando che quest'ultimo si perdesse nel ventre della foresta, proprio per proteggere il suo ambiente e la natura che lo popola.

Per farlo, forse, ha sacrificato la sua stessa figlia, ritenendo che l'equilibrio naturale dovesse concedere all'animale un'occasione di difendersi.  

O forse no: magari le ha solo dato un ulteriore insegnamento su come gestire la convivenza con i cervi, uno degli argomenti di conversazione più pregnanti dell'opera.

 

Più volte durante Il male non esiste viene specificato come Hana sappia approcciare gli animali e quindi - in qualche modo - il tuttofare ha ritenuto di poter compiere la sua opera di annientamento del pericolo in tutta sicurezza, sapendo di non esporre sua figlia ad alcun pericolo mortale. Il tutto nello stesso luogo in cui avrebbe dovuto sorgere il glamping, laddove gli animali agiscono per autodifesa e la comunità cerca di evitare che le conseguenze di cattive condotte tenute a monte discendano a valle. Il posto in cui ogni nodo tematico del film viene al pettine.

 

 

[Al termine de Il male non esiste, lo spettatore scopre di aver avuto uno sguardo ancor più ingenuo di quello della piccola Hana per tutta la durata del film] 

 

 

Proprio la metafora - che si ripropone lungo Il male non esiste anche grazie al ripetuto suono di proiettili nella foresta - tra la comunità rurale e gli stessi cervi complica l'assunto.

 

Gli abitanti di Mizubiki e i cervi sono accomunati dalla natura pacata e dall'istinto di proteggere la prole. Non ci è dato però sapere se la protettività verso i cuccioli degli animali venga riproposta da Takumi in senso letterale, a difesa diretta di Hana, o in senso ampio, a difesa del futuro della comunità. 

La circostanza che la vita di Hana sia messa effettivamente in pericolo è chiaramente destabilizzante e rappresenta al meglio la delicatezza degli equilibri naturali. 

 

Il custode del luogo ha agito per istinto o per profondo moto volontario?

L'enigma più profondo del film è legato alla natura umana e scoperchia alcuni dei temi più dibattuti della Storia. 

Assume dunque importanza totalizzante l'interrogativo inerente l'ambiguità del titolo: da un lato, verrebbe da pensare che il male esista, anche laddove non è in alcun modo possibile scorgerlo, ed è così bravo a nascondersi da connotare il titolo di una venatura ironica. 

 

Dall'altro, ogni spettatore potrebbe essere portato a pensare che il male effettivamente non esista e, come per gli animali, le nostre azioni siano comandate da impulsi istintivi - quali il senso del pericolo e l'autoconservazione - per cui l'uomo può essere quasi spogliato di ogni costrutto filosofico e giuridico, quale la colpa, e ricondotto al suo legame profondo con la natura. 

Grazie alla spontaneità della sua creazione, alla limpidità della narrazione e al carico di misteri e implicazioni profonde che porta con sé, Il male non esiste è un'opera pressoché unica nel panorama cinematografico odierno, che promette di annidarsi a lungo nelle menti e nei cuori degli spettatori.  

 

Una promessa, in genere, riservata solo al grande Cinema, di cui Ryūsuke Hamaguchi è al momento uno dei più fulgidi esponenti.

 

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