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Se Bob Gale e Robert Zemeckis potessero salire su una DeLorean flussocanalizzata, tornare indietro nel tempo e riprogrammare da capo la trilogia di Ritorno al futuro, per ammissione dello stesso Bob Gale non lo farebbero.
"We never think about that stuff. You can’t. What’s done is done. We ended up with what we ended up with.
Everything turned out way better than we ever thought it would be."
"Non ci pensiamo mai a queste cose. Non si può. Ciò che è fatto è fatto. Abbiamo finito con quello con cui abbiamo finito.
Tutto si è rivelato migliore di quanto avessimo mai pensato che sarebbe potuto essere."
A tutti noi però il 21 ottobre è stata data la possibilità di fare quel tuffo nel passato: più precisamente nel 1985, quando Ritorno al futuro, Marty McFly (Michael J. Fox) e il dott. Emmett Brown (Christopher Lloyd) comparivano per la prima volta sul grande schermo, cosa che si spera continueranno a fare ancora a lungo, di quando in quando.
[Einstein, il fedele compagno di Doc, sull'iconica DeLorean di Ritorno al futuro]
1. Cinema o micromeccanica di precisione?
In oltre 40 anni su Ritorno al futuro si è detto di tutto.
Teorie, analisi, approfondimenti, critiche ed elogi si sono sprecati su un film che ha fatto e continuerà a fare la Storia del Cinema.
Cos'altro aggiungere, quindi? Cos'altro chiedersi?
C'è spazio per qualche curiosità inedita, certo, oppure per una lettura ipercontemporanea dei temi, della simbologia e dei personaggi, ma tutto ciò presupporrebbe che ci trovassimo di fronte a un film che è soltanto un film, mentre Ritorno al futuro, a ben vedere, è qualcosa d'altro.
Non parliamo di una banale sequela di suoni e immagini ben montati, ma di un fine meccanismo a orologeria, di un'opera ticchettante dalla precisione estrema, di un manufatto sul tempo senza tempo, in grado di conservarsi fino ai giorni nostri grazie all'ingegnosità avveniristica degli ingranaggi.
Inizio col dire che grazie alla sua stravagante lungimiranza la struttura di Ritorno al futuro potrebbe essere stata ideata da Doc in persona, se solo questi si fosse trovato a sbattere la testa sullo spigolo del lavandino in questo mondo e non in quello finzionale del film.
Craniata causata dallo scivolamento sulla tazza di un water mentre stava appendendo al muro che cosa? Già, proprio un orologio.
Ma come dimostrare davvero l'eleganza strutturale di Ritorno al futuro, la sua efficacia narrativa, la sua capacità di colpire dritto al cuore?
Ovviamente, non si può: non vorrei mai ridurre il Cinema a una certa forma di ingegneria, perché un qualche residuo resta sempre inafferrabile e nessuno si augura e si augurerà mai il contrario.
Concedendomi però il beneficio del gioco e dello scherzo, prendendo in prestito un po' dell'irriverenza di Marty e della sregolatezza di Doc, ho messo in fila quelle che ritengo delle ragioni valide per apprezzare (leggi: riapprezzare) l'avventura creata dai due Bob.
Ecco lo scheletro di una sequenza logica che, a mio parere, mette in luce alcuni degli elementi che fanno di Ritorno al futuro ciò che è, ovvero un cult.
1) Da un'idea centrale, originale e generativa, il film sviluppa un plot principale che si intreccia con numerose sottotrame.
2) Tutte le sottotrame nascono sul substrato dell'idea iniziale, senza eccezione, contribuendo ad affrontare il tema principale.
3) L'arco dei personaggi è panciuto, panoramico e ben distribuito su tutta la durata e contribuisce anch'esso ad affrontare il tema principale.
4) Tutta questa organicità, questa parsimonia narrativa, comporta l'assenza di qualsiasi tipo di digressione inutile, di didascalismo o sottolineatura non necessaria.
Conclusione) Ritorno al futuro è come il maiale: non si butta via niente.
Conclusione alternativa) Ogni scena fa brodo: un brodo concentrato, squisito e ristoratore.
[Da sinistra Bob Gale, Robert Zemeckis e Michael J. Fox sul set di Ritorno al futuro]
2. La fondamentale importanza del padre di Bob Gale.
“The inspiration for coming up with the story is that I was visiting my parents in the summer of 1980, from St. Louis Missouri, and I found my father’s high-school yearbook in the basement.
I’m thumbing through it and I find out that my father was the president of his graduating class, which I was completely unaware of.
So there’s a picture of my dad, 18-years-old… The question came up in my head, ‘Gee, what if I had gone to school with my dad, would I have been friends with him?’
That was where the light bulb went off."
“L’ispirazione per la storia è arrivata quando stavo visitando i miei genitori nell’estate del 1980, e ho trovato l’annuario del liceo di mio padre nel seminterrato.
L'ho sfogliato e ho scoperto che mio padre era il presidente della sua classe, una cosa di cui ero completamente all'oscuro.
Quindi davanti alla foto di mio padre diciottenne... La domanda mi è saltata in testa: "Accidenti, se fossi andato a scuola con mio padre sarei stato suo amico?"
È stato lì che si è accesa la lampadina."
Da quella domanda nasce l'idea per il primo draft della sceneggiatura di Ritorno al futuro, ben 5 anni prima del grande debutto in sala, che avverrà a pochi giorni di distanza da quello de I Goonies.
La storia di Ritorno al futuro è anche e forse soprattutto la storia della sua odissea produttiva, fatta di oltre 40 lettere di rifiuto ricevute da varie case hollywoodiane e meticolosamente conservate da un Robert Zemeckis ancora in rampa di lancio.
Il regista di Chicago dovrà affermarsi con All'inseguimento della pietra verde (1984) prima di poter mettere a progetto Ritorno al futuro con le dovute libertà di manovra, senza subire troppo la sudditanza di un produttoruccio dal nome già abbastanza noto: Steven Spielberg.
Ma torniamo al padre di Bob Gale e alla sua foto sull'annuario: perché è così importante?
Ogni storia nasce da un'idea più o meno ispirata, non sto dicendo nulla di nuovo; l'aneddoto raccontato da Gale, però, in questo caso riesce a svelarci senza troppi sforzi sia il tema di Ritorno al futuro, sia il motore che ne mette in moto tutti i meccanismi.
"Se fossi andato a scuola con mio padre": questa è la prima domanda che si pone Gale, creando immediatamente una situazione immaginaria che coincide con il set-up della trama, da cui scaturiscono tutte le possibilità che il film, poi, esplora.
Si tratta dell'invenzione primigenia che genera a cascata tutti gli accadimenti, le svolte e i colpi di scena; invenzione che si concretizza sullo schermo quando il mondo narrativo di Ritorno al futuro viene sconvolto dall'incidente scatenante, ovvero il primo viaggio nel tempo di Marty.
Bene, è una bella idea, quindi?
Quindi, come spesso capita, film di estrazione commerciale e senza troppe pretese filosofico-esistenziali-tarkovskijane come Ritorno al futuro, quando poggiano le loro basi su uno story concept solido hanno maggiori possibilità di dipanarsi in una trama ben congegnata, in grado di ripagare lo spettatore grazie a un utilizzo acuto e calibrato di set up e pay off.
A riprova della solidità del concept e della naturalezza con cui esso ha definito in automatico il tono del film, vi riporto le tag line di presentazione di Ritorno al futuro:
- È l'unico ragazzo che si sia mai messo nei guai prima della sua nascita.
- Non arrivava mai in orario per le lezioni... Poi un giorno non era affatto in orario.
- Il diciassettenne Marty McFly è tornato a casa presto ieri sera. 30 anni prima.
- Marty McFly si sta divertendo tantissimo. L'unica domanda è: che ore sono?
- Vi presento Marty McFly. Ha infranto la barriera del tempo. Ha rovinato il primo appuntamento dei suoi genitori. E, forse, ha rovinato le sue possibilità di nascere.
- Marty McFly ha appena superato la barriera del tempo. Ha solo una settimana per sistemarlo.
Quale produttore, quale spettatore, potrebbe dire di non esserne quantomeno incuriosito? Considerarle convincenti è dire poco.
[Il Doc del passato, nel tentativo di leggere il pensiero a Marty in una scena di Ritorno al futuro]
3. Imparando a sbagliare si impara a imparare.
"Sarei stato suo amico?"
Questa è la seconda domanda che si pone Bob Gale davanti all'annuario; uno spago rosso da ripercorrere, che ci conduce dritti al tema nelle sue varie specificazioni.
Ritorno al futuro è infatti un film che prende atto di un gap generazionale; Marty non capisce, non apprezza o più semplicemente non sopporta i suoi familiari: il padre è inetto e la madre si è lasciata andare, su questo tessuto il film si sviluppa fino a risolversi in un finale che giudicheremmo anche un po' sempliciotto se non si trattasse innanzitutto di una commedia.
Ma c'è di più.
La questione del gap generazionale, il tema della primordiale influenza dei genitori sui figli e dell'emancipazione (ricordiamoci che i legami di sangue sono gli unici che non possiamo scegliere) non si richiude su se stesso, anzi, si completa e muta fino a farsi più universale ancora.
Marty ha paura di far ascoltare la sua musica a una casa di produzione e scopre che suo padre, nel quadro di un ingegnoso ribaltamento dei ruoli archetipici di mentore e allievo, ha altrettanta paura di essere rifiutato da Lorraine e che qualcuno giudichi negativamente le sue velleità da scrittore di fantascienza: è proprio in questo presagio di fallimento che riscontriamo le tracce di un disegno tematico più ampio e definitivo.
Ognuno ha la responsabilità di riscattare il proprio tempo e per farlo deve rischiare: ecco il vero messaggio in filigrana di Ritorno al futuro.
Il continuo utilizzo del conto alla rovescia, escamotage spesso maldestramente abusato per creare tensione, qui diventa dispositivo tematico: impilare decine di bizzarri orologi in un garage e spargerne altrettanti fra le varie inquadrature è solo il sintomo di un estremo controllo del racconto, oltre che di un'assennata sfrontatezza nel reinterpretare quanto di già visto.
Mentre gli orologi dettano il ritmo, scena dopo scena, tic dopo tac, Marty e suo padre imparano insieme a mettere da parte la paura e a rischiare, perché in Ritorno al futuro riscattare il proprio tempo vuol dire proprio rischiare, come conferma una battuta di Doc presente nel penultimo draft della sceneggiatura (1984) e poi tagliata per fare economia: "That's the point, Marty: risk.
Risk makes life worth living. What would you rather do? Sleep?"
"È proprio questo il punto, Marty: il rischio.
Il rischio rende la vita degna di essere vissuta. Cosa preferiresti fare? Dormire?"
Un invito a seguire la propria strada o ad aprirla da sé: sarà naïve, ma mi piace pensare che nell'iconica frase di chiusura del film risuoni anche questo significato.
Dato che il Cinema ci ha abituato negli anni alla sua strana magia, non stupirà la perfezione con cui anche le parole di Bob Gale, pronunciate durante un'intervista del 2018 per Amblin Road, si incastrano in questo discorso: "The fact is, and I always say this when I talk to filmmakers, failure on whatever level is a learning experience.
We were much better prepared to deal with the success of Back to the Future because we went through the box office failures of other movies."
"Il fatto è, e lo dico sempre quando parlo con i registi, il fallimento a qualsiasi livello è un'esperienza di apprendimento.
Eravamo molto più preparati ad affrontare il successo di Ritorno al futuro perché avevamo attraversato i fallimenti al botteghino di altri film."
Facendo un po' la parte di Doc e un po' quella di Marty, con questa dichiarazione Gale attualizza il messaggio che Ritorno al futuro ci consegna: in tempi in cui ogni gesto è performativo, prendiamoci il tempo di sbagliare.
Tutto questo è banale? Certo, banalissimo, già detto e sentito, ma in ogni caso un film non si può mai ridurre soltanto al suo tema, soprattutto se si parla di un feel good movie come Ritorno al futuro, che mescola commedia, fantascienza e un certo tono nostalgico a cui Breakfast Club (1985) ha fatto eco da subito.
Oltre tutti i discorsi resta il piacere dell'avventura e questo è il motivo per cui tanti di noi sono tornati a godersi Ritorno al futuro in sala.
[Marty McFly con il padre adolescente George (Crispin Glover), in una scena di Ritorno al futuro]
4. Cinema, micromeccanica di precisione o lezione di cucito?
Ho scritto che Ritorno al futuro è una vitalistica corsa contro il tempo verso la tanto disprezzata età adulta (perché l'adolescenza, in fondo, questo è), ma è una corsa non priva di deviazioni, che si prende il suo tempo per massimizzare il ritorno emotivo di ogni secondo che passa.
Abbiamo fra le mani un film che è un meccanismo ad orologeria, ma se analizziamo la finezza con cui dialogano fra loro le varie sottotrame, ci sembrerà di trovarci più di fronte a una lezione avanzata di cucito o all'interno di un'opera di Maria Lai, in cui vari fili si intrecciano o si distendono fino a intessere un senso, creando risonanze e connessioni.
Se consideriamo come filone principale della trama la romance fra i genitori adolescenti di Marty, condizione fondamentale per la nascita futura del nostro protagonista, scopriamo che viene affiancata da almeno tre sottotrame strettamente interconnesse.
Due di esse riguardano proprio i genitori: il padre deve affrontare la propria inettitudine e la madre la repressione della propria sessualità - su questo punto va detto che Ritorno al futuro non tratta sempre con delicatezza dei temi su cui oggi siamo più sensibili, vedasi anche l'antagonismo affidato ai terroristi libici con tanto di mitra e RPG, ma è pur sempre un film figlio dei suoi tempi.
Le altre due sottotrame invece coinvolgono in prima persona Marty, che deve trovare il coraggio di non troncare la sua passione musicale e allo stesso tempo salvare Doc dalla sparatoria nel parcheggio del centro commerciale.
Qual è la novità?
Tutte le sottotrame in Ritorno al futuro sono strettamente legate al tema, non proseguono indipendentemente l'una dall'altra ma si alimentano a vicenda, perché l'azione è sempre catalizzata da personaggi ben strutturati, per quanto fuori dalle righe.
Così, mentre Marty cerca di restaurare il corso degli eventi nel passato provando a convincere suo padre a fare un passo verso sua madre, scopre che il padre condivide alcuni dei timori che lui cova nei confronti della musica, finendo addirittura per esibirsi al ballo in cui i genitori, finalmente, si avvicinano.
Lo stesso ballo durante il quale anche l'arco narrativo di George McFly trova compimento con il cazzotto assestato a Biff.
Tutto fa rima con tutto: è una sinfonia di cui lo spettatore non può che godere.
[Marty McFly con la madre adolescente Lorraine (Lea Thompson) in una scena di Ritorno al futuro]
5. Non sempre serve chiedersi perché.
Questo articolo, me ne rendo conto ora, è pieno di perché espliciti o taciti, molti dei quali non necessari, sotto forma di domande o possibili risposte.
La sensazione che ho avuto provando ad analizzare il film è stata quella di operare un'autopsia su un corpo ancora vivo, che recalcitra e chiede di essere lasciato in pace.
Ecco perché a questo punto eviterò di aggiungere ciò che mi ero proposto di aggiungere in chiusura, ovvero un'argomentazione sul perché Ritorno al futuro è un film figlio dei suoi tempi, seguita dalla rilettura edipica del rapporto fra Marty e la madre Lorraine.
Non ce n'è bisogno: a volte è più importante saper apprezzare, che capire.
Vi lascio invece con un aneddoto: facendo un giro su Reddit, mi sono imbattuto nel dettagliatissimo studio pubblicato da un utente sui prerequisiti necessari per permettere a una DeLorean di viaggiare nel tempo senza esplodere, senza spaghettificarsi come in un buco nero né riatterrare dalla parte sbagliata del Pianeta Terra.
Si fa riferimento alla teoria dello spazio di Minkowski, a me ovviamente sconosciuta, condita da cifre e formule tanto giustificate quanto incomprensibili, per arrivare a una conclusione perentoria: la combinazione della velocità di 88 miglia all'ora con l'energia di 1.21 gigajoule al secondo non è casuale e sembra essere stata scelta dagli autori con cognizione di causa.
Ora viene la parte divertente: nel primo commento al thread un altro utente obietta, dicendo che nel documentario sulla creazione di Ritorno al futuro Robert Zemeckis e Bob Gale annunciavano all'unisono di aver scelto il numero 88 per il semplice fatto che, secondo loro, era un bel numero.
Nessuna astrusa teoria.
Questo ci dice due cose:
1) Forse non sempre serve chiedersi perché.
2) Evidentemente, Ritorno al futuro è in grado di spingere anche le migliori menti, notoriamente pigre, a entusiasmarsi.
Qualcosa vorrà pur dire.
[articolo a cura di Simone Beretta]
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