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The Killer - Recensione: la glacialità dello sguardo - Venezia 2023

David Fincher con The Killer dirige un film che ribalta lo sguardo sul mondo dei suoi precedenti lavori, con un grande Michael Fassbender

The Killer, articolo determinativo.

 

Un film, quello diretto da David Fincher, che ha il sapore dell’atto conclusivo, della risoluzione finale di un mondo. Il cineasta statunitense d’altronde ha fatto la sua fortuna con opere che gravitavano attorno alla figura dei serial killer. 

 

Seven come apripista, Zodiac ne ha ampliato il discorso all’interno di un contesto socio-culturale, mentre Gone Girl - L'amore bugiardo ne ha studiato le conseguenze nella società dello spettacolo. David Fincher ha sempre sentito il bisogno di scavare nelle personalità ambigue dei suoi personaggi cogliendone un senso intimo, per tracciare poi il ritratto di un'umanità incapace di amare se non mediante la violenza.

 

[Il trailer di The Killer]

 

 

Per questa ragione il suo Cinema è così oscuro, caratterizzato da un buio che risucchia ogni colore, come anche nel caso della fotografia di The Killer realizzata da Erik Messerschimdt.

 

Nel film però in concorso alla Mostra del Cinema di Venezia c’è dell’altro, un mondo che Fincher non aveva mai esplorato; se nei lungometraggi citati poco sopra lo studio dei serial killer era determinato dalle indagini dei detective, in The Killer la situazione si capovolge.

Assistiamo al controcampo, ovvero lo studio del killer attraverso la mente del killer stesso. 

 

A partire dalla scena iniziale si crea un un senso di spaesamento nello spettatore, che vive la routine maniacale del personaggio interpretato da un perfetto Michael Fassbender: “Attieniti al piano, non improvvisare”.

Un mantra ripetuto dal martellante voice over. Una preghiera prima di compiere l’atto di uccidere.

 

Uno sguardo sul mondo glaciale, come se Jeff de La finestra sul cortile guardasse dal suo balcone con l’intento di porre fine alla vita dei suoi vicini.

 

 

[In The Killer finalmente Michael Fassbender torna a recitare ai livelli che gli competono]

 

Lo stesso The Killer asserisce che non è interessato a niente e a nessuno, avendo una totale incapacità di riconoscere il bene dal male, il vero dal falso.

 

Ma questa pulsione scopica derivata dal mirino del fucile è vacua, è un’illusione. Lo sguardo prima e l’omicidio dopo, infatti, non conferiscono libidine, come poteva avvenire nei killer dei precedenti film di Fincher, ma è sono l’atto meccanico di un processo.

Mai come in questo film il regista statunitense filma con glaciale e terrificante freddezza le vittime. 

 

Quello che vediamo attraverso lo sguardo del protagonista è di conseguenza una messa in scena di una messa in scena, una dentro l’altra, come in una matrioska.

Noi, come spettatori, se in un primo momento possiamo credere a ciò che il killer pensa, successivamente assistiamo alla sua menzogna.

Scrivere il film secondo il punto di vista soggettivo del protagonista salvo poi ribaltare quelle stesse convenzioni - “Attieniti al piano, non improvvisare”, ma fino a quando? - è stata una scelta molto intelligente da parte dello sceneggiatore Andrew Kevin Walker, applicando il principio di indeterminazione: la teoria è una cosa, ma a essere decisiva è la pratica.

 

Il personaggio di Fassbender pare portare all’estremo uno dei principi di Neil in Heat - La sfida: “Non devi avere affetti o fare entrare nella tua vita niente da cui tu non possa sganciarti in 30 secondi netti se senti puzza di sbirri dietro l'angolo”. Salvo poi venire smentito dalle immagini.

 

La spersonalizzazione del protagonista, il suo essere raffigurato come un archetipo “The Killer” è lampante anche dalla mancanza del nome: non c’è identità perché non esiste sentimento. Siamo nell'epoca del controllo dello sguardo, dove la tecnologia ci impone - inconsciamento o meno - di essere sempre tracciati mediante un qualsiasi dispositivo, che sia il nostro telefono, un'applicazione o una carta di credito. Un mondo dove tutto è visibile e contemporaneamente niente lo è permettendo al protagonista di essere una perfetta pedina in mano alle logiche del capitalismo odierno.

 

The Killer diventa per David Fincher il film che svela un'ossessione che ha sempre guardato attraverso gli occhi di altri soggetti.

In questo caso non c’è filosofia, non ci sono i sermoni di un presunto John Doe, ma solo matematica. Un ipotetico manifesto di una carriera, la conclusione di un percorso.

 

Sicuramente un grande film.  

 

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1 commento

Nic Cage

7 mesi fa

Da vedere assolutamente!
Da noi in Italia uscirà solo su Netflix dal 10 Novembre?

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