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Hunt - Recensione: la sorpresa di Lee Jung-jae - FKFF 2023

Recensione del debutto alla regia di Lee Jung-jae in programma al Florence Korea Film Fest 2023 

Hunt è il debutto alla regia di Lee Jung-jae, inserito nel programma ufficiale della XXI edizione del Florence Korea Film Fest.

 

Complice la sua interpretazione dell’amatissimo Seong in Squid Game, che gli ha garantito un Emmy come Migliore Attore Protagonista in una Serie Drammatica e una candidatura ai Golden Globe nella stessa categoria, Lee Jung-jae è oggi un volto ampiamente noto in Occidente. 

Questo è forse uno dei motivi principali per cui l’anno scorso il suo film è arrivato sino al Festival del Cinema di Cannes, richiamando interesse e curiosità nella critica e nel pubblico.

 

A ben vedere la prima esperienza dietro la macchina da presa dell’attore si presenta come un thriller di spionaggio a carattere universale, nonostante la sua forte identità nazionale.

 

[Il trailer ufficiale di Hunt]

 

 

Hunt è certamente un blockbuster, ma le sue intenzioni sembrano avvicinarlo a uno scopo più complesso e articolato. 

 

In quanto spy story sudcoreana il film infatti non può (e non deve) svincolare dalla questione politica e sociale. 

Ambientato in Corea del Sud negli anni ‘80 tra regimi dittatoriali filoamericani, tensioni con la Corea del Nord, repressioni, violenza istituzionalizzata e crimini del governo, Hunt sfrutta come propulsore della narrazione il drammatico Massacro di Gwangju in cui l’esercitò sedò brutalmente la rivolta popolare contro la dittatura di Chun Doo-hwan sterminando migliaia di persone.

 

Al centro delle vicende due capi della divisione esterna e interna, Park e Kim: il primo è un veterano dell’agenzia interpretato dallo stesso Lee Jung-jae, il secondo è nuovo sul campo ed è un ex militare dell’esercito coreano impersonato da Jung Woo-sung

La coppia è incaricata di scoprire una talpa nordcoreana nota come Donglin che sembra stia lavorando a un piano segreto per assassinare il nuovo presidente sudcoreano.

 

In un’escalation caotica di doppi e tripli giochi i due agenti finiscono per sospettare l’uno dell’altro, mentre proseguono ostinate le torture agli studenti e ai dissidenti ribelli nel clima repressivo del Paese. 

Da un lato Park si dimostra sempre più diffidente nei confronti dei metodi violenti del collega, dall’altro Kim smaschera un sospettoso legame tra lo stesso Park e una giovane studentessa (Go Youn-jung).

 

Grazie alle intuizioni dell’agente Bang Joo-kyung (Jeon Hye-jin), Park e Kim scoprono ben presto di far parte di coalizioni diverse ma affini, entrambi promotori di una personale e ignota strategia. 

 

 

[Lee Jung-jae e Jung Woo-sung in una scena di Hunt]

 

Con Hunt, Lee afferma la sua completa padronanza dei codici action, girando con grande cura e attenzione le sequenze più esplosive.  

 

Ricco di sparatorie, scontri corpo a corpo spettacolari e frenetici inseguimenti, il film risulta costituito da un’evidente sovrabbondanza visiva (e acustica) che riempie gli occhi e tiene incollato allo schermo lo spettatore. 

Contribuiscono a questo effetto anche la fotografia nitida e raffinata di Lee Mo-gae e la colonna sonora sospensiva di Cho Young-wuk.

 

Se da un lato il talento tecnico del neoregista risulta evidente, dall’altro egli sembra dimostrare meno sicurezza come sceneggiatore, tentando di riempire la sua opera di uno scompigliato susseguirsi di scioccanti colpi di scena. 

I numerosi doppi giochi e le rivelazioni a sorpresa a mio avviso rendono piuttosto difficoltosa la visione del film, allontanando dalla fruizione una qualche possibilità di identificazione o, più in generale, un’attenzione prolungata rispetto allo svolgimento delle vicende, tanto che la tensione favorita per tutta la durata del film dal montaggio propulsivo di Kim Sang-bum è smorzata gradualmente dall’avvicinarsi di un finale romantico, simbolo di fiducia nel ricambio generazionale e sincero auspicio per un futuro migliore. 

 

Così come la struttura narrativa, anche la costruzione dei personaggi appare carente di una certa coerenza. Si avverte chiaramente l’intenzione del regista di indagare all’interno della psicologia dei due agenti interpretati da Lee Jung-jae e Jung Woo-sung qui riuniti dopo ben 23 anni dalla loro prima e unica collaborazione nel 1999 con City of the Rising Sun; tuttavia il risultato finale non mi è sembrato garantire affatto il raggiungimento di una profondità sufficiente al totale coinvolgimento emotivo.

 

Nonostante i difetti a livello narrativo Hunt conserva un punto di forza non indifferente: i suoi due carismatici protagonisti sono mossi da sentimenti ideologici, agiscono per un motivo specifico e rischiano tutto perché credono profondamente in una determinata causa a sostegno del proprio Paese.

 

Non sono dunque spinti da alcun tornaconto personale e il loro movente non è legato al denaro o al successo come invece spesso accade nei numerosi film di spionaggio tipicamente hollywoodiani.

 

 

[Lee Jung-jae sul set di Hunt]

 

 

Pur non aggiungendo molto al panorama del Cinema sudcoreano contemporaneo, Hunt resta un film sorprendente, soprattutto considerando la sua natura di debutto legato a una figura così popolare come Lee Jung-jae, abituata perlopiù a brillare di fronte alla macchina da presa. 

 

Con Hunt, Lee dichiara apertamente di saper fare questo mestiere, consegnando un film che getta luce su temi storico-politici fortemente identitari ma che, al tempo stesso, è di fatto una storia di umanità e ideologia in grado di conquistare una platea internazionale.  

 

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1 commento

LaTati23

1 anno fa

Concordo con la recensione, a tratti mi a livello di narrazione mi ha ricordato il film Tinker, Tailor, Soldier, Spy.

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