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Rodeo - Recensione: Burn, baby! Burn!

Rodeo è il primo film della regista francese Lola Quivoron, che ha fatto il suo debutto con grande impatto al Festival di Cannes 2022 grazie soprattutto alla potenza della performance di Julie Ledru e alla sensibilità visiva e tematica dell'autrice: un'opera di esordio notevole e promettente

Rodeo è il primo film della regista francese Lola Quivoron che ha fatto il suo debutto con grande impatto sia al Festival di Cannes 2022 nella sezione Un Certain Regard, dove ha ricevuto il Coup de Coeur e la selezione per la Queer Palm, sia al 40° Torino Film Festival, dove ha ottenuto il Premio speciale della giuria e il riconoscimento per la Migliore Attrice assegnato a Julie Ledru.

 

[Il trailer di Rodeo di Lola Quivoron]

 

 

La storia dell'opera prima della regista parigina ruota attorno a Julia (interpretata dalla straordinaria Julie Ledru), una giovane ribelle appassionata di motociclismo che si ritrova a lottare contro un mondo machista che non sembra volerla accettare - quello dei bikers - e contro un senso di alienazione e frustrazione che invece la allontana dal resto della società, ritrovandosi così emarginata tra gli emarginati.

 

Dopo aver subito il furto della sua amata motocicletta, Julia si immerge in una spirale di caos, violenza, benzina e fuoco rubando prima una moto per sé e immergendosi poi nell'universo clandestino dei centauri della periferia urbana. 

Rodeo si apre con una scena esplosiva in cui Julia si scontra con il mondo che la circonda, cercando di strapparsi via da un contesto opprimente. La regista Lola Quivoron è frenetica sia nei movimenti sia nel montaggio per enfatizzare la tensione interiore del personaggio: la camera poi si libra in volo, catturando la fluidità del movimento e della libertà che Julia cerca disperatamente, la tensione è infatti tanto interna quanto esterna, verso l'indipendenza che cerca.

Non passa molto tempo prima che la ragazza si appropri di una nuova moto e da quel momento in poi tutto Rodeo cambia, come se ogni moto definisse personaggi e regia. 

 

Julia, con la sua anima selvaggia e la sua abilità nel furto, guadagna il rispetto dei membri di un gruppo di bikers urbani proprio perché si tratta di una subcultura maschile, in cui lei rappresenta una presenza estranea e quasi mistica: si innesta così un circolo vizioso ferale in cui la sua risposta alle loro aggressioni e le loro provocazioni diventano sempre più violente e rabbiose.

 

 

[Julia in Rodeo]

 

Da vittima a carnefice, Julia entra a far parte di un'organizzazione criminale che utilizza un garage come copertura per il contrabbando di motociclette rubate.

 

La sua abilità nel procurarsi i veicoli, ingannando i venditori online, attira l'attenzione del capo dell'organizzazione, Domino, che gestisce tutto dalla prigione, ma il suo controllo maniacale sulla moglie sarà la crepa in strada che farà cadere la moto. 

 

Rodeo è un film ambizioso, ricercato e fedele nella rappresentazione della subcultura del rodeo urbano, ma che soprattutto, come tanto Cinema che racconta i giovani delle periferie, cerca di mostrare come la voglia di libertà si collochi in un nuovo Far West senza regole, sceriffi o genitori, in cui le proprie capacità, la propria rabbia e la voglia di emergere definiscono il tuo ruolo.

Lola Quivoron ha dedicato un'attenzione meticolosa alla ricerca di volti che potessero raccontare questa dualità così particolare, che si porta dietro la tradizione western e l'ibridazione tra uomo e macchina, reclutando attori non professionisti dal vero circuito del rodeo urbano per conferire un'autenticità unica alla narrazione, che traspare dalla potenza delle scene in strada.

 

Rodeo è impreziosito dalla performance di Julie Ledru, che riesce nervosamente a catturare lo spettatore mentre doma prima la moto e poi il branco di motociclisti, imbarcandosi in un viaggio all'inferno in cui la sua libertà passerà in secondo piano, mostrando tutta la profondità del suo arco narrativo.

Il film cattura la dura realtà di questa subcultura mostrandone l'adrenalina, la polvere, il grasso e il fumo di scarico delle corse di motocross, facendo quasi sentire l'odore degli pneumatici a terra e della benzina, mentre la giovane autrice cerca di catturare la visceralità di queste scene, immergendo gli spettatori in un turbine di movimenti, evoluzioni a tutta velocità ed emozioni straripanti, quasi bestiali. 

 

Nella voglia di essere così straripante, il film talvolta si perde ed esagera in simboli e sequenze adrenaliniche a mio avviso non sempre posizionate nei momenti giusti, come spesso capita in un'opera prima in cui la tentazione di sovraccaricare è sempre dietro l'angolo.

 

 

[L'estetica estremamente eterogenea di Rodeo è allo stesso tempo uno dei suoi punti di forza e di debolezza: talvolta il limite con il leziosismo da videoclip è dietro l'angolo, ma di sicuro si vede tutta la voglia straripante di mostrare tanti registri differenti in un mondo complesso e variegato]

 

Nonostante non tutta la sua simbologia risulti calzante e ben dosata, Rodeo esplora temi universali di ribellione e libertà personale, ma lo fa affidando alla velocità e alle macchine il percorso della giovane donna protagonista: non è un caso che il simbolo in assoluto più potente del film sia un fuoco purificatore che spazza via persone e ricordi in una delle sequenze finali.

 

Affascinante inoltre come a brevissima distanza temporale continui un discorso tra figure femminili forti, in opposizione rispetto alla società, che trovano una liberazione e anche forse un'ibridazione nel rapporto con la macchina, come già era successo in Titane di Julia Ducournau, seppur mantenendo una forma più classica.

 

Rodeo di Lola Quivoron è un viaggio cinematografico intenso che esplora la ribellione, la libertà e l'identità personale.

Sebbene il film presenti secondo me alcune imperfezioni nella gestione dei simboli e dei ritmi, la potenza della performance di Julie Ledru e la sensibilità visiva dell'autrice rendono il film un'opera di esordio notevole e promettente.

 

Con la sua energia selvaggia e la sua audacia, il film si impone come una voce fresca nel Cinema d'oltralpe: un filo rosso che unisce un gusto indipendente che riporta ad American Honey di Andrea Arnold e al racconto delle periferie e della rabbia giovanile che da sempre segna il panorama cinematografico francese (dalla Nouvelle Vague ai recenti I Miserabili e Athena), passando per simboli e per un discorso filosofico che sembrano riagganciarsi al rapporto uomo-macchina cronenberghiano di Crash o del già citato Titane.

 

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