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#top8

8 film indipendenti americani da non perdere

La maturazione e il cambiamento sono dei leitmotiv fondamentali per il cinema indipendente statunitense.

Da sempre, il cinema indipendente americano sforna grandi film che sono stati capaci di ottenere grande consenso fra critica e pubblico.      

 

Non si vive di sole major: pur non potendo contare sull’appoggio dei grandi studi cinematografici statunitensi (Disney, Universal, Columbia, 20th Century Fox, Paramount e Warner Bros. i più rinomati), molte pellicole sono riusciti a ritagliarsi un loro spazio fra gli appassionati. 

 

Budget esigui, nomi (spesso) poco conosciuti ma funzionali al progetto, storie originali e sopra le righe, lontane da cliché e stereotipi, capaci di emozionare e far riflettere: sono questi gli ingredienti principali degli 8 film presenti in questa classifica.

 

In particolare, il panorama indipendente d’oltreoceano ha spesso dato vita sullo schermo a racconti di formazione e storie giovanili toccanti, mai banali, dove i protagonisti sono bambini e adolescenti coi loro problemi e le loro speranze, senza tralasciare il punto di vista degli adulti che li circondano.  

 

Sarete d'accordo con la classifica?

Quali titoli avreste aggiunto o tolto?

 

 

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Posizione 8



Detachment - Il distacco

Regia di Tony Kaye, 2011     

 

A distanza di tredici anni dal suo sfolgorante esordio con American History X (e dopo una serie di pellicole che non sono riuscite a bissare quel successo), Tony Kaye ha firmato nel 2011 Detachment (sottotitolo italiano: Il distacco), un forte j’accuse al sistema scolastico americano.

 

Protagonista del film è Adrien Brody nei panni di Henry Barthes, insegnante in una scuola della periferia americana, soggetta a numerose carenze.

Fra genitori menefreghisti e colleghi disillusi (da segnalare la performance di James Caan), l’unico a mostrare interesse per gli svogliati studenti sembra proprio Henry, che si prodiga per aiutarli ad uscire dalla mediocrità che li circonda e sovrasta. 

 

Non sempre vi riuscirà: tormentato lui stesso da un’infanzia non facile, prenderà a cuore le sorte di due ragazze in particolare, che si avviano lentamente verso destini opposti.

 

Kaye, oltre a voler mostrare le difficoltà della scuola statunitense, sembra sottolineare il ruolo centrale dell’insegnante nella società moderna: non un semplice mestiere, ma una missione, il cui scopo è formare (cosa non da poco) gli uomini e le donne del domani.  

Posizione 7

 

 

Adventureland

Regia di Greg Mottola, 2008     

 

Greg Mottola veniva dal successo dello sboccato e irriverente Suxbad – Tre menti sopra il pelo, quando nel 2009 ha scritto e diretto Adventureland, che si pone su tutt’altro piano rispetto al film precedente.  

 

Protagonisti della storia raccontata sono James ed Emily, due adolescenti alla ricerca di una via da seguire nella vita, dopo aver completato gli studi.

 

Entrambi lavorano ad Adventureland, parco divertimenti che ha sicuramente visto nel suo passato giorni migliori.

Lui timido e introverso, lei ribelle e malinconica, insieme daranno vita a una relazione in bilico fra amicizia e amore. 

 

Mottola fotografa lucidamente un momento nella vita di ogni persona, in cui si prova una sensazione di spaesamento di fronte al mondo cirocostante: l’esistenza scorre tranquilla (forse troppo) e sembra di non avanzare nel proprio processo di crescita, anche se in realtà James ed Emily vivranno esperienze che li porteranno a maturare e a capire cosa vogliono da se stessi.

 

La coppia di protagonisti è formata da Jesse Eisenberg e Kristen Stewart, interpreti dalla chimica affiatata: non è stata questa la loro unica collaborazione, avendo poi lavorato insieme per Woody Allen e Mike Howell, rispettivamente in Café Society e American Ultra (2015 e 2016). 

 

La storia, ambientata negli anni ’80, è corredata da una colonna sonora di tutto rispetto: da David Bowie a Lou Reed, passando per Falco e Rolling Stones.

Un film da gustare non solo con gli occhi, ma anche con le orecchie.  

Posizione 6



Short Term 12

Regia di Daniel D. Cretton, 2012

 

Brie Larson è la protagonista di questo piccolo gioiello, incentrato su un centro che si occupa di ragazzi e ragazze in difficoltà, chiamato appunto Short Term 12.  

 

Quel che più si apprezza, a parere di chi scrive, è la mancanza di una linea netta di separazione fra i giovani ospitati e i loro supervisori: anche per questi ultimi la vita è stata complicata; ciò permette loro di capire cosa stanno attraversando gli adolescenti da loro controllati, mostrando un’empatia fuori dal comune.

 

Il film, diretto dall’hawaiiano Daniel Destin Cretton - regista del futuro film Marvel dedicato al supereroe Shang-Chi - si intrattiene in particolare sul rapporto fra Grace (Larson, una dei supervisori) e Jayden, una ragazza che si rivelerà essere una sorta di suo alter-ego, risvegliando nella stessa Grace i ricordi un passato che sembrava ormai sepolto.

 

La futura attrice premio Oscar per Room non è l’unica nota positiva di questa pellicola, che tratta il problematico periodo di passaggio dall’adolescenza alla vita adulta con una giusta dose di sentimentalismo e senza eccessiva crudezza.  

Posizione 5



Un sogno chiamato Florida

Regia di Sean Baker, 2017

 

Le avventure quotidiane di tre bambini, la piccola Moonee e i suoi amichetti, che vivono in dei motel alla periferia di Orlando, luogo tanto colorato quanto degradato mentre a pochi passi da loro c’è il paradiso chiamato Disney World.

 

Un sogno chiamato Florida, diretto da Sean Baker, focalizza la propria attenzione su uno spaccato della società statunitense che vive fra mille difficoltà, all’ombra del sogno americano: mentre i bambini si divertono e si accontentano con poco (bighellonare e mangiare gelati), gli adulti si ritrovano ad affrontare problemi e ostacoli, non sempre superabili.

 

C’è ad esempio la madre di Moonee, Halley, che senza un lavoro fisso vive di espedienti, non sempre morali e legali; e c’è Bobby, manager del motel in cui è ambientata gran parte della vicenda (edificio poco magico a dispetto del nome, Magic Castle Hotel), che in più di un’occasione mostra umanità e compassione nei confronti di Halley e sua figlia.

 

Per la sua performance nei panni di Bobby, Willem Dafoe (unico attore noto in un cast ricco di volti per ora sconosciuti) si è guadagnato una candidatura agli Oscar come migliore attore non protagonista.  

Posizione 4

 

 

Quel fantastico peggior anno della mia vita

Regia di Alfonso Gomez-Rejon, 2015     

 

Me, Earl and the dying girl: questo il titolo originale – molto più caustico – del secondo film di Alfonso Gomez-Rejon, per anni assistente personale di mostri sacri del cinema contemporaneo come Martin Scorsese e Alejandro G. Iñárritu.  

 

Attraverso un lungo flashback che occupa quasi tutta la durata della pellicola, viene mostrata la commovente storia d’amicizia fra Greg (Thomas Mann) e Rachel (Olivia Cooke), entrambi studenti liceali: il primo, insieme all’amico Earl, è un impacciato cinefilo che si diverte a girare cortometraggi parodici di capolavori del cinema (dai titoli alquanto buffi: Raging bullshit, Eyes wide butt e The seven seals, solo per citarne alcuni); la seconda è affetta da leucemia, malattia che la porta a isolarsi dal resto del mondo, ma non da Greg e Earl.  

 

Cancer movie che si pone sulla scia di altri film sullo stesso argomento usciti negli anni precedenti (come 50 e 50 e Colpa delle stelle), Quel fantastico peggior anno della mia vita è un inno all’amicizia, antidoto a ogni male, malattia compresa.

 

Gomez-Rejon bilancia il tutto mescolando sapientemente serietà e ironia, regalando momenti che restano impressi nella memoria dello spettatore.

Le innumerevole citazioni cinefile, sotto forma di corti grotteschi, sono un ulteriore punto a suo favore. 

 

Posizione 3

 

 

Juno

Regia di Jason Reitman, 2007     

 

Juno MacGuff, 16enne del Minnesota, resta incinta dopo aver avuto (per la prima volta) un rapporto sessuale con l’amico Paulie.

Deciderà di tenere il bambino per poi darlo in adozione, una volta nato, a una famiglia da lei scelta personalmente.  

 

Juno è senza dubbio una delle commedie più brillanti degli ultimi vent'anni, e il merito va a Diablo Cody, una blogger che ha raccontato su internet le sue esperienze come spogliarellista, mestiere col quale sbarcava il lunario prima di entrare nel mondo del cinema: notata da un produttore, ha così scritto il soggetto di Juno, vincendo anche l’Oscar per la Miglior Sceneggiatura Originale nel 2008.

 

Dietro la macchina da presa c’è Jason Reitman, che aveva già convinto la critica con Thank you for smoking, suo esordio nel 2006, una cinica satira sul mondo delle sigarette e dei fumatori.

 

Davanti alla macchina da presa, invece, Ellen Page riesce con successo a interpretare una ragazza anticonformista e determinata (al contrario del suo imbranato amico e padre del bambino, Paulie, intepretato da Michael Cera), supportata da genitori amorevoli e dalla mentalità aperta. 

 

Il film è una convincente riflessione dai toni leggeri su gravidanze indesiderate, aborto e adozione, temi considerati spinosi dall’opinione pubblica americana e non solo.  

Posizione 2

 

 

Little Miss Sunshine      

Regia di Jonathan Dayton e Valerie Faris, 2006

 

Albquerque, Nuovo Messico (se la località non vi è nuova, è perché è la città di Walter White, protagonista di Breaking Bad): protagonisti del film sono gli Hoover, famiglia a dir poco disfunzionale.

 

Il capofamiglia Richard e la moglie Sheryl (Greg Kinnear e Toni Collette) decidono di accompagnare la figlia Olive (Abigail Breslin) a un concorso di bellezza in California (da qui il titolo del film).

A bordo di uno sgangherato pullmino Volkswagen, saliranno anche gli altri membri della famiglia: il fratello Dwayne (Paul Dano) il nonno Edwin (Alan Arkin) e lo zio Frank (Steve Carell).  

 

Il film, diretto dalla coppia Jonathan Dayton e Valerie Faris (su sceneggiatura di Michael Arndt, premiato con l’Oscar), analizza i rapporti umani che si creano all’interno della famiglia protagonista, regalandoci una serie di personaggi complessi e complicati, ognuno coi propri guai e i propri sogni, fra i quali spiccano per caratterizzazione e bravura Alan Arkin (Oscar come Miglior Attore non Protagonista), Steve Carell e Paul Dano.

 

Il nonno eroinomane, mito vivente per Olive; lo zio omosessuale e fresco di tentato suicidio per questioni personali intrecciate a quelle lavorative; il fratello rinchiuso nel suo mutismo, con l’obiettivo di entrare nell’aeronautica, e la durezza della vita non risparmierà neppure lui.  

 

Little Miss Sunshine racconta dunque un viaggio on the road (che è anche viaggio nell’animo umano), occasione di riscatto e redenzione per questi personaggi che ci regalano istanti amari ed esilaranti.  

Posizione 1



Boyhood

Regia di Richard Linklater, 2014     

 

Boyhood, film di Richard Linklater, può vantare un singolare processo di produzione: la sua struttura, infatti, si compone di dodici sequenze girate in dodici anni, dal 2002 al 2013 con il regista che riuniva una volta all’anno cast e troupe.  

 

Protagonista dell’opera è Mason (Ellar Coltrane): la macchina da presa riprende momenti (più o meno) significativi della sua vita dai sei ai diciotto anni.

Gioie e dolori, il rapporto coi genitori, il primo amore, ognuno di questi elementi confluisce nel film in maniera armonica.

 

Nel lasso di tempo preso in considerazione, si possono notare i cambiamenti non solo dei personaggi (fisici e psicologici), ma di un’intera nazione, quella statunitense: si pensi, per esempio, ad alcune scene che coinvolgono Mason Sr. (Ethan Hawke, attore che ha collaborato con Linklater anche nella Before Trilogy), in cui si parla di politica; si passa dalla critica della guerra in Iraq voluta da George W. Bush (inutile e sanguinosa), alla speranza di un futuro migliore riposta in Barack Obama

 

Il fulcro della narrazione resta sempre Mason, mentre il mondo intorno a lui è in costante divenire, come sottolineano l’alternarsi di mode, l’esplosione di fenomeni culturali (Harry Potter) e l’evoluzione di internet (l’ascesa di Facebook).  

 

Acclamata dalla critica, questa pellicola ha ricevuto numerosi premi, fra i quali spiccano tre Golden Globe (compreso Miglior Film Drammatico) e un Oscar (a Patricia Arquette, madre di Mason, come Miglior Attrice non Protagonista)  



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