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Come Akira ha rivoluzionato il Cinema di animazione mondiale

Curiosità e osservazioni su Akira, uno dei più importanti film d'animazione giapponese degli anni '80

Quando si parla di lungometraggi dell’animazione giapponese è impossibile non citare Akira di Katsuhiro Ōtomo, uno dei film chiave per comprendere le dinamiche che hanno cambiato definitivamente l’approccio occidentale verso i prodotti animati orientali al Cinema. 

 

Prima di parlare di Akira stesso, però, bisogna tornare a qualche anno prima della proiezione del film nelle sale statunitensi ed europee. 

 

[Il trailer di Akira]

 

 

Negli anni ’60 la produzione di cartoni animati giapponesi, anche detti anime, era già florida e diffusa in tutto il mondo tanto da portare a creare nei tardi anni ’80 la definizione di “cultura otaku”, ovvero quell’insieme di conoscenze che riguardavano non solo l’universo animato giapponese, ma anche quello fumettistico e più in generale qualsiasi cosa legata agli usi e costumi del Giappone. 

 

È proprio negli anni ’80 che due studi di animazione, Gainax e Studio Ghibli - in particolare quest’ultimo - raggiungono un successo clamoroso anche in Occidente, costituendo un pezzo di Storia dell’animazione mondiale. 

 

Purtroppo, però, la distribuzione della maggior parte delle opere giapponesi, sia seriali che non, fu particolarmente problematica. 

 

Un caso emblematico è Nausicaä della Valle del vento di Hayao Miyazaki, ormai divenuto un grandissimo e imprescindibile cult, ma che all’epoca venne distribuito con un minutaggio ridotto, un titolo completamente casuale, diverse modifiche ai nomi dei personaggi e senza un minimo di spiegazione alla trama, cosa che portò Miyazaki stesso a prendere a lungo le distanze dalla distribuzione occidentale.  

 

È solo nel 1989, dunque, che al cinema finalmente viene distribuito il primo film di animazione giapponese in modo completo, senza tagli o correzioni di alcun genere: quel film è proprio Akira.

 

 

 

 

Akira è l’adattamento dell’omonimo manga, o meglio, un adattamento parziale che riguarda metà del primo dei sei volumi che lo compongono, più un finale creato appositamente per il film - all’epoca il manga non era ancora stato concluso - da parte di Katsuhiro Ōtomo stesso, alle prese per la prima volta con del materiale di tale portata e con poca esperienza nell’ambito dell’animazione. 

 

Per la realizzazione del film venne stanziato un budget altissimo da parte di una decina di società importanti nell’ambito dell’intrattenimento, tra cui Kodansha, Mainichi Broadcasting System, Bandai, Hakuhodo, Toho, LaserDisc Corporation e Sumitomo Corporation, creando l’Akira Committee Company Ltd, in modo che Katsuhiro Ōtomo avesse la possibilità di portare a termine un’opera dalla qualità incredibile sotto ogni punto di vista. 

 

La creazione della società portò alla collaborazione di tantissimi animatori - circa 1300! - provenienti da diverse case di animazione, che si alternarono costantemente in una produzione senza sosta affinché il film fosse portato a termine il prima possibile e, soprattutto, nel miglior modo possibile.  

 

Il risultato finale, attualmente sotto gli occhi di tutti, è chiaro: Akira possiede un’animazione minuziosa, talmente singolare da essere difficilmente replicata, tenendo conto il vasto uso dell’animazione in tecnica tradizionale con l’aggiunta di piccolissimi momenti in CGI, perfettamente inseriti nell’insieme.

 

 

 

 

La scenografia è raramente statica, a differenza di tanti anime del periodo, e contribuisce ai movimenti dell’immagine contornando egregiamente i personaggi - in un film dove anche quelli secondari e terziari riproducono azioni diverse - un'altra rarità se si tiene conto che spesso, per risparmiare, veniva utilizzato l’escamotage di riciclare le basi del disegno. 

 

Le spettacolari scene d’azione - e spesso non solo quelle - in Akira prevedono 24 disegni al secondo, a differenza dei classici 12 disegni al secondo dell’animazione giapponese, scelta finalizzata per rendere al meglio l’idea di fluidità tra un istante e un altro, costruendo quei dettagli quasi impercettibili ma fondamentali. 

Per quanto concerne la sopracitata CGI, bisogna considerarne l’utilizzo principalmente nelle scene con le esplosioni, per la cosiddetta “energia psichica” dei personaggi e per il movimento di alcuni grossi oggetti di sfondo come palazzi o ponti, risultando poco invasiva. 

 

Nel film sono state utilizzate 300 e più sfumature di colore, un numero decisamente sopra la media, arrivando addirittura a creare 50 colorazioni uniche realizzate appositamente: tra queste c'è il Rosso Akira, l’iconica sfumatura di rosso utilizzata per la giacca e per la moto del protagonista Kaneda.

 

La compiutezza di queste immagini è accompagnata egregiamente dalla colonna sonora dei Geinoh Yamashirogumi, creata attraverso sintetizzatori e percussioni, ispirata a varie correnti di musica sia europea sia giapponese.

 

 

 

 

Akira sembra dunque un'opera inattaccabile, data la sua maniacale attenzione all'aspetto visivo e parlando da qualsiasi punto di vista prettamente tecnico, ma a mio avviso il film pecca dal lato della sceneggiatura. 

 

Come già suggerito in precedenza, Akira film prevede una piccolissima parte di quella che è l’opera effettiva pensata di Katsuhiro Ōtomo, che venne conclusa due anni dopo l’uscita del film. 

 

Prendendo nel manga una strada diversa, ma con il finale identico al film, si venne a creare una situazione che portò il regista a dichiarare di essersi pentito di aver girato la pellicola prima di aver introdotto tutte le sue idee nel manga, conclusione compresa.

 

 

 

 

Akira si apre nel 2019 a Neo Tokyo, una città distrutta anni prima da un’esplosione.

 

Tra macerie, criminalità e miseria vivono dei giovani teppisti, sempre pronti a scontrarsi tra di loro. 

Tra questi spiccano Kaneda (Mitsuo Iwata) e Tetsuo (Nozomu Sasaki), due ragazzi testardi uniti fin da bambini che fanno parte della stessa gang.

 

Durante la solita routine criminale Tetsuo si imbatte in un bambino in fuga dai militari, che catturano Tetsuo e lo portano in una base dove viene sottoposto a strani esperimenti, che ne risvegliano le capacità cinetiche.  

Tetsuo riesce a ribellarsi e, pian piano, emergono le sue frustrazioni non solo nei confronti del governo ma anche nei confronti delle persone a lui più care, compreso il suo amico Kaneda, aprendo la strada a uno scontro epocale.

 

In Akira fa da sfondo uno scenario disastroso, risultato dell’ennesima follia umana, nel quale la popolazione cerca di sopravvivere con qualsiasi mezzo dopo l’esplosione di una bomba atomica.

 

Le istituzioni, intanto, non hanno alcuna cura di ciò che hanno davanti, mentre continuano a sacrificare ogni cosa in nome della grandiosità.

 

 

 


In questo marasma sociopolitico imperversa il bisogno di scoprire il potenziale umano, una sete di conoscenza che porta alla sperimentazione a livelli altissimi e senza alcuna etica, anche su bambini come nel caso degli Esper - chiamati così per via delle loro capacità psichiche - ormai ridotti a “esseri” ingrigiti e dalle fattezze di anziani, prosciugati e usati come cavie da laboratorio.  

 

Il sistema non risparmia nessuno, strappando i ragazzi da una giovinezza lieta e priva di sofferenze, costringendo persone come Kaneda e la sua banda a ribellarsi costantemente e a sfidare le autorità. 

Questo clima di violenza è percepito in particolar modo da Tetsuo sin dalla prima infanzia. Sbloccati i suoi poteri, si convince di poter dimostrare la propria superiorità calpestando tutto quello che c’è intorno indossando il suo mantello rosso, quasi a volere imitare Superman.

 

A un passo dall’autodistruzione, Akira si rivela a Tetsuo illuminato da un’intensa luce, come se fosse un portatore di verità profetico, mettendo fine a quel dolore. 

 

Cosa esattamente simboleggi Akira non è dato saperlo e a riguardo negli anni sono nate diverse speculazioni al riguardo, sicuramente curiose e individuali, sulle quali preferisco non soffermarmi per lasciare a ciascuno le proprie conclusioni. 

 

 

 

 

Quello che si può affermare con certezza, però, è che il racconto di Katsuhiro Ōtomo è evidentemente spinto da un forte desiderio di denuncia verso il declino di una società che non porge la mano al prossimo, che sopprime incurante coloro che non sembrano indispensabili, vedendoli come indegni di essere salvati.

 

Critica perfettamente comprensibile, per giunta, considerando la sfiducia verso tutte le nazioni, in prima linea verso il Giappone, la patria natìa mangiata dagli orrori della guerra che non ha fatto abbastanza per rimettere in sesto un popolo terrorizzato e sfinito.

Katsuhiro Ōtomo ha messo nella pellicola tutto se stesso - spirito, indole, convinzioni - e ci si potrebbe malinconicamente chiedere cosa sarebbe stato se fosse riuscito a realizzare Akira esattamente com’era inteso nella sua interezza. 

 

Resta in ogni caso meraviglioso il fatto che, nonostante ciò, Akira risulti comunque un caposaldo imprescindibile del Cinema di animazione. 

 

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