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Le regole europee sullo streaming: il vantaggio di Netflix e Amazon su Apple e Disney

Le regole della Comunità Europea sullo streaming sono più restrittive rispetto agli USA, e potrebbero cambiare tutto

Apple TV+ e Disney+ sono le due grandi piattaforme streaming che arriveranno in Europa e si uniranno a Netflix e Prime Video, ma qui nel vecchio continente le regole in vigore potrebbero cambiare gli equilibri delle forze in campo.

 

Esistono infatti delle precise norme che regolano la programmazione televisiva che obbligano ad investire localmente: la principale norma obbliga chiunque a offrire una quota minima del 30% di contenuti europei entro la fine del 2020.

 

La cosa vale anche per lo streaming. 

 

 



La cosa non vale ovviamente solo per le piattaforme già presenti, come Netflix e Prime Video, ma anche per chi arriverà a breve come Apple TV+ e Disney+ e chi arriverà un po' più in là nel tempo come HBO Max - in accordo con Warner - e Peacock, l'ultima arrivata di casa NBC Universal, con ancora Sony che sta aspettando probabilmente di vedere come si muove la concorrenza, ma della quale è più che certo l'ingresso nella ormai consolidata Streaming War. 

 

Non è ancora chiaro se quel 30% verrà calcolato in base al numero di ore o al numero di titoli presenti su ogni piattaforma, e ci si aspetta che la Commissione Europea chiarisca la cosa al più presto.

 

"Sarà una sfida per la Commissione Europea elaborare un sistema equo per la quota", afferma Ampere Analysis, società di consulenza di Londra.

 

Grazie a queste regole Netflix e Prime Video partono in vantaggio sulla concorrenza: i due giganti dello streaming conoscono già la regola del 30% e stanno lavorando da mesi per riuscire a raggiungerla: Netflix e Amazon hanno rispettivamente in media circa 5000 e 3000 titoli sui mercati europei - tranne che nel Regno Unito, dove i numeri sono significativamente più alti. 

 

 



In base al numero di titoli i prodotti europei rappresentano il 20/30% dell'offerta generale delle due piattaforme, grazie a un mix di acquisizioni e produzioni originali in paesi come il Regno Unito, la Francia, la Germania, la Spagna e l'Italia.

 

Disney+ e Apple TV+ non avranno lo stesso contenuto al momento del lancio, ed è probabile che il raggiungimento della soglia del 30% richieda del tempo, sicuramente molto più tempo rispetto ai concorrenti già presenti sul suolo virtuale europeo.

 

Ampere Analysis stima che Apple TV+ esordirà in Europa con 38 titoli tra film e stagioni di serie TV, di cui solo il 6,2% proviene dall'Europa.

 

Al momento del lancio Disney+ avrà in catalogo 982 titoli, con uno sparuto 4,7% proveniente dall'Europa. 

 

 



Per adesso nessun dirigente delle due piattaforme streaming in arrivo ha voluto commentare la cosa quando sono stati incalzati da Variety, ma Tim Westcott - Direttore di Ricerca e Analisi di IHS Markit - conosce bene la strategia di Apple e ha dichiarato quanto segue:

"A differenza di Netflix e Amazon, che hanno fatto molte acquisizioni per rimpinguare le loro biblioteche, la strategia di Apple TV in Europa si concentrerà sulla realizzazione di un numero selezionato di film e serie originali con grandi star e creativi,"

 

"Se prendono tutti i diritti possono distribuire i titoli a livello globale, invece di acquisire show destinati solo a mercati specifici".  

 

Tra i titoli europei in trattativa per entrare a far parte del catalogo streaming di Apple TV+ ci sono al momento Faceless, thriller prodotto dalla francese Leonis e dal British Artists Studio, una serie in lingua inglese prodotta tra Gran Bretagna e Francia e una serie di animazione in collaborazione con la Gaumont.  

 

Sulla carta i circa 1000 titoli di Disney+ includeranno 25 serie TV originali e 10 film originali solo per il primo anno, in particolare The Mandalorian e il remake live-action di Lilli e il Vagabondo.

 

È probabile che Disney effettuerà alcune acquisizioni in Europa per avvicinarsi alla quota obbligatoria, ma farà anche affidamento sugli originali in esclusiva. 

 

 



Secondo un recente annuncio di lavoro pubblicato su LinkedIn la società è infatti intenzionata ad assumere un nuovo direttore di programmazione che si dedichi esclusivamente alla gestione delle piattaforme streaming Disney+ Europa e Disney+ Africa.

 

Ma la differenza sostanziale di Disney rispetto alla concorrenza riguarda gli accordi di licenza che la Casa del Topo ha su alcuni mercati europei: su tutti quelli con Sky nel Regno Unito, in Italia e in Germania e quelli con Canal Plus in Francia.

 

Quindi la sua offerta di streaming differirà in base al mercato e in base al paese, a meno che non decida di riprendersi tutti i propri contenuti nel momento in cui scadranno i termini dei contratti in vigore.

 

A quanto pare la via dovrebbe essere quella, anche perché dopo l'acquisizione di Fox da parte di Disney il 39% di Sky che era passato nelle mani di quest'ultima è andato interamente a Comcast, che adesso controlla al 100% la pay tv. 


E Comcast è globalmente il principale concorrente di Disney, quindi la logica farebbe supporre che i contenuti Disney difficilmente avranno vita lunga sulle piattaforme in mano a Comcast e infatti le cose si stanno già muovendo in quella direzione, con il Topone che ha annunciato qualche giorno fa che dal 1° ottobre non saranno più visibili su Sky i canali di National Geographic, Disney XD e Fox.

 

 



D'altronde anche NBCUniversal si sta comportando allo stesso modo: è notizia di questi giorni il reclamo su Friends, che i vertici newyorkesi stanno cercando a tutti i costi di riottenere da Netflix per poterlo portare su Peacock. 

 

"La Disney ha interrotto i rapporti con Netflix negli Stati Uniti, ma non ha ancora escluso accordi con le principali piattaforme europee come Sky e Canal Plus", continua la relazione di Ampere Analysis,

"Ovviamente faranno un calcolo per vedere se avranno abbastanza abbonati per compensare potenzialmente la perdita di tali accordi." 

 

Intanto Maxime Saada, CEO di Canal Plus, ha dichiarato di recente che la sua azienda è in trattativa con Disney+, ma il punto potrebbe riguardare la distribuzione del nuovo servizio streaming tramite il gruppo francese di pay tv, che recentemente ha siglato un simile patto con Netflix.   

 

HBO Max dovrà invece affrontare una situazione simile in Francia con il gruppo di Pay TV OCS, con il quale HBO ha un accordo sulle licenze. 

 

 

 

 

In ogni caso per tutti gli attori in gioco aumentare la quantità di prodotti locali sull'Europa non sarà solo utile per raggiungere quella famosa quota obbligatoria del 30%, ma potrà funzionare come volano per lanciare le piattaforme nelle case degli europei, avvicinandosi di più ai loro gusti, i loro interessi e le loro tematiche: è fuori di dubbio che produzioni originali localizzate possano attirare una grande fetta di abbonati. 

 

"Disney +, Apple TV + e gli altri streamer, come HBO Max e Peacock di NBCUniversal, dovranno offrire contenuti locali se vogliono prosperare a livello globale", afferma l'ex capo di TF1 Studio Tristan du Laz, che ha appena lanciato la società di produzione Originals Factory.

"Le etichette discografiche sono state le prime a capire che investire sugli artisti locali era la chiave per poter sopravvivere e crescere, e non è un caso se oggi la Universal Music Group, per esempio, ottiene quasi la metà dei suoi ricavi annuali grazie agli artisti locali".   

 

La quota del 30% non è quindi l'unica sfida per le piattaforme streaming mondiali quando esordiranno in Europa. 

Il governo francese ha recentemente affermato che intende richiedere a tutti i servizi di streaming internazionali di accantonare almeno il 16% delle loro entrate annuali in Francia per investimenti in contenuti locali ed europei.

 

Il requisito proposto sarà introdotto al Senato francese a gennaio 2020. 

 

 



Il ministro della Cultura Franck Riester ha dichiarato che se il disegno di legge verrà approvato il Governo francese avrà la facoltà di chiudere i servizi di streaming che non si adegueranno.  

 

In Italia la legislazione sullo streaming è ancora molto indietro, ma con due colossi nazionali come Rai e Mediaset - che hanno accordi internazionali sulle licenze di film e serie TV e che producono in proprio - oltre alla presenza nel nostro paese di Sky, è lecito aspettarsi una mossa in merito da parte del Governo italiano. 

 

La Streaming War è ormai giunta ai blocchi di partenza, e almeno per l'Europa sembra che ad oggi non ci sia praticamente niente di deciso né di certo. 

 

Ciò che è certo è che ci troviamo all'alba di un'autentica rivoluzione che nel giro di pochi mesi cambierà per sempre la fruizione casalinga dei prodotti audiovisivi: come reagirà a tutto ciò lo spettatore? 

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