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Un Paese di Calabria: 'Spostarsi fa parte dell'indole umana'

Intervista in esclusiva a Shu Aiello, co-regista del documentario Un Paese di Calabria sulla storia di Riace e di Mimmo Lucano.

Mimmo Lucano è diventato presto un simbolo. Ma c'è chi si era accorto di lui e di Riace ben prima degli avvenimenti che lo hanno visto protagonista negli ultimi giorni. 

 

Venerdì 19 ottobre abbiamo incontrato per voi la regista Shu Aiello in occasione della presentazione al Cinema Ambrosio di Torino del suo film Un Paese di Calabria, sulla storia di Riace e del suo sindaco Domenico Lucano, co-diretto con Catherine Catella e prodotto da BO Film.

 

 

 

 

 

- Partirei chiedendole perchè arriva solo oggi al cinema un film così importante e così legato alla contemporaneità italiana e perchè la sala, dato che è stato distribuito gratuitamente pochi giorni fa in concomitanza con la manifestazione per le strade di Riace?

 

- Il film ha venduto circa 40.000 biglietti in tutto il mondo, in particolare in Francia - che è un paese profondamente cinefilo - dove è stato distribuito normalmente, ma qui in Italia non abbiamo trovato alcun distributore e di conseguenza abbiamo deciso, di comune accordo con la produttrice italiana, di appoggiarci ad una piattaforma online (Movieday ndr) per vendere una sorta di biglietto online a chi voleva fruirne.

Eravamo fortemente convinte che fosse un film importante e necessario soprattutto in questo momento storico e volevamo che raggiungesse più persone possibili.

 

La settimana scorsa in occasione della manifestazione in favore di Mimmo Lucano, sempre in quest'ottica, abbiamo deciso di dare la possibilità di vederlo gratuitamente in streaming per due giorni.

 

In questi giorni, complice anche la situazione politica attuale, stanno arrivando moltissime richieste dagli enti più svariati per proiettarlo sia in Francia sia in Italia, e di comune accordo con la produzione, nonostante non siano ancora stati completamente coperti i costi del film, abbiamo deciso di valutare caso per caso in modo da andare incontro a tutti gli enti che vogliono mostrare questo nostro racconto.

 

- Come vi ha accolto Riace e come avete percepito il mondo attorno a questa storia?

Oggi la situazione è cambiata molto e il messaggio del film è forse ancora più attuale di quando nel 2012 siete arrivate in Calabria.

 

- Per nostra precisa volontà, sin da quando siamo andate per la prima volta a Riace nel 2012, la macchina da presa doveva essere assolutamente sempre visibile dai cittadini.

Volevamo immagini vere, ma non "rubate" e quindi fin da subito abbiamo detto che se volevano essere filmati, se avevano qualcosa da raccontare, la camera era lì... sennò sarebbero potuti passare dietro.

All'inizio in pochi passavano davanti, ma a poco a poco si sono abituati ed è diventata parte integrante di Riace, come un pezzo di mobilio, tanto che spesso mentre stavamo girando le persone salutavano l'operatore e la camera ed alcuni di questi sono anche finiti nel montato finale.

 

 

 

 


Ci siamo sempre sentiti come in famiglia.

Tant'è che è stato molto curioso quando siamo tornati nel 2016 per proiettare il film: avevamo avvisato Mimmo, ma non appena siamo arrivati nessuno sapeva della proiezione così siamo andati casa per casa ad avvisare i cittadini. Molti ci hanno detto che non potevano per questa o per l'altra ragione, eravamo molto deluse.

Quando siamo arrivati alla proiezione, convintissime di trovare una sala mezza vuota, invece erano tutti lì.

 

Penso proprio che solo dopo aver visto il film abbiano capito il perchè stessimo girando un documentario a Riace, spesso ci chiedevano cosa ci facessimo là, cosa ci fosse di tanto speciale.

Tra l'altro alcuni degli anziani presenti nel film erano ormai venuti a mancare e quindi l'emozione e i sentimenti che abbiamo sentito durante quella proiezione sono stati davvero indescrivibili.

 

Rispetto alla situazione politica avevamo già la percezione che l'equilibrio di questa utopia reale, come la chiama anche Mimmo, fosse molto fragile e infatti è stata ben presto attaccata. Pochi giorni fa quando siamo tornati in Calabria per dimostrare il nostro sostegno a Domenico e alla città è stato tutto molto deprimente: la città del film è viva, felice, pulsante, quella in cui siamo arrivati era nervosa, le scuole chiuse e i negozi chiusi. 

 

 

 



- Il film ha vinto svariati premi tra cui un riconoscimento molto importante a Nyon, nonostante la sua vena fortemente politica in un momento in cui la tendenza sembra diametralmente opposta.

 

- Ci tengo molto a ricordare anche il premio che abbiamo vinto in Libano, un paese in cui la maggioranza della popolazione è composta da rifugiati.

Comunque io credo che il cinema debba essere politico sempre e comunque, siamo troppo abituati al cinema di belle immagini e storie scritte sulla carta, ma bisogna prendere delle posizioni.

Il cinema è fatto di scelte e non soltanto quella della storia da raccontare, ma ancora di più il modo in cui si sceglie di guardare una certa situazione.

 

- Il suo cinema e la sua storia sono legati a doppio filo con il tema dell'esilio ed in questo film è lampante: come vede la condizione di esilio in questo momento di Domenico Lucano?

 

- Io credo che l'andare e il venire, che sia per ragioni economiche, sociali o per la paura delle guerre, faccia parte dell'indole umana, in particolare della nostra di italiani.

Io sono nata a Marsiglia dove vivo, ma come si intuisce dal cognome sono di orgine italiana. (gran parte dell'intervista è stata fatta in italiano, nonostante la presenza di una traduttrice ndr.)

 

I miei nonni sono emigrati dalla Calabria negli anni '30, erano migranti economici, ma non credo che esistano differenze in questo senso: rifugiati e migranti economici devono essere trattati nella stessa maniera. Quando sono arrivati in Francia non potevano nemmeno parlare del vecchio paese, gli era proibito.

Credo che impedire alle persone di spostarsi e di cercare condizioni migliori sia come negare un diritto fondamentale, cercare di limitare un istinto naturale, una parte integrante dell'indole umana.

 

Ho scelto Riace anche per questo: un paese che stava morendo, abbandonato dai suoi giovani.

Nel documentario infatti cerco di mostrare come non chiudersi a nuovi arrivi non solo possa arricchire la cultura del posto, ma possa essere un modo per tramandarla, per far sì che non sia solo di coloro che ci sono nati, ma anche di coloro che ci sono arrivati. Per questo mi sono soffermata molto sui riti, sulle feste e sui momenti comunitari.

 

È interessante il parallelo tra i migranti obbligati a lasciare Riace e Mimmo che invece si trova rinchiuso, anche se so che lui è più felice lì nella sua Riace che in qualsiasi altro posto che potrebbe accoglierlo altrove.

L'ho visto abbattuto l'ultima volta, ma so che ne uscirà bene con la forza che lo contraddistingue.

 

 

 



- Proprio in questo senso il suo film che mira, citando testualmente il documento di messa in streaming gratuito, a "proporre una riflessione sui cicli migratori" e che parla della natura umana rimane molto legato ad un luogo piccolo come Riace e alle sue tradizioni, come se per parlare in grande fosse necessario restare legati a qualcosa di piccolo e guardarlo da vicino.

 

- Verissimo, il nostro intento non è parlare di Riace o di Mimmo Lucano, ma raccontare l'uomo e il suo rapporto con l'andare e con il tornare a casa, come una sorta di Ulisse, raccontare della rinascita di un paese e delle sue tradizioni e di come aprire le porte possa donare ricchezza più che offuscare la cultura locale.

Io e la mia co-regista abbiamo scelto Riace e la sua storia, che ho scoperto per caso mentre ascoltavo la radio, proprio per mettere in piedi un progetto che fondesse queste tematiche con un forte attaccamento alle tradizioni, ai luoghi, ai riti, alle canzoni popolari e alla routine di un piccolo paese.

 

Abbiamo iniziato le riprese nel 2013 dopo un primo sopralluogo nel 2012 e le abbiamo finite nel 2016 andando e venendo dalla Calabria a Marsiglia, ogni tanto ci siamo dovuti fermare perchè mancavano i fondi, ma soprattutto volevamo mostrare il paese in tutte le sue stagioni, in tutte le sue feste e i suoi momenti, vederlo crescere ed evolversi intorno a questo progetto.

 

- Un'ultima curiosità sull'inizio del film con questi nomi pronunciati dalla voce fuori campo: di chi sono?

 

È la registrazione di una commemorazione a Riace per i morti in mare che spesso non hanno nome e quindi tendono ad essere dimenticati, così abbiamo voluto dargli un nome e chiamarli con tutti i nomi possibili.

Questo mare, come diciamo nel film, "è un mare pericoloso". 

 

 

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5 commenti

Jacopo Troise

6 anni fa

Concordo in pieno: è decisamente l'unica risposta possibile a questo stato di insensibilità perenne che stiamo vivendo. Complimenti alla regista per averne parlato e a te per averne scritto

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Vi.

6 anni fa

Certo, lo farò! Grazie :D

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Fabrizio Cassandro

6 anni fa

È il concetto più caro alla regista di tutta l'intervista, te l'assicuro, lei è nipote di immigrati calabresi ed il film gioca molto sulle nostre vecchie emigrazioni e le attuali immigrazioni oltre ad essere molto legato alla tua terra, alle vostre canzoni popolari, alle vostre tradizioni. 
Non è un film perfetto e non avrebbe senso mentire in tal senso, ma credo che con questa ottica possa essere un film piacevole e davvero importante quindi se hai modo (potrebbe arrivare in varie sale in giro per l'Italia) o in streaming recuperalo!

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Fabrizio Cassandro

6 anni fa

Forse, e qui passo al giudizio totalmente personale ed opinabile, per il pubblico medio è più d'impatto vedere le cose rispetto a sentirsele dire da qualcuno sentito come molto lontano. Io credo che l'unica risposta al clima di odio che si sta creando sia far vedere le persone, i volti e le comunità in cui la convivenza funziona. Poi ognuno trarrà le sue somme

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Fabrizio Cassandro

6 anni fa

Ciao probabilmente sono stato fallace io nel riportare alcune informazioni. 
Il film era già uscito in sala in altri paesi prima del 2018, in Francia soprattutto, in Italia non si è riusciti a trovare una distribuzione e di conseguenza la scelta di Movieday. Oggi, complice tutto ciò che gira attorno, sono arrivate molte richieste e di conseguenza si è portato anche in sala un film importante.
Sul legame con Sulla Mia Pelle credo sia minimo o meglio: il cinema in questione (che ha proiettato anche Sulla Mia Pelle) ha chiaramente scelto di "esporsi" in un certo senso per un certo tipo di film, ma non credo che le due produzioni abbiano alcun legame in merito. Certo è che si sta un po' sdoganando il concetto di ritorno in sala o di proiezioni in contemporanea con lo streaming rispetto ad un anno fa quando era relegata ai cinema d'essai che riproiettavano i classici.

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