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SanPa, docuserie Netflix: un vecchio puzzle da ricomporre

Quando lo Stato non c'è, il topo balla

È disponibile su Netflix la nuova docuserie italiana SanPa - Luci e tenebre di San Patrignano, documentario in cinque parti sulla genesi della comunità di recupero per tossicodipendenti di San Patrignano e soprattutto sulla parabola del suo fondatore: Vincenzo Muccioli.

 

L’arco temporale preso in considerazione da SanPa va dal 1979, anno della fondazione della comunità, fino al 1995, anno in cui muore Vincenzo Muccioli; la scansione degli episodi è tematica, quindi comincia dalla sua nascita e finisce con la caduta del suo padre padrone.

 

 

 

Lo stile narrativo è quello del documentario classico, con le interviste montate assieme ai filmati d'epoca senza una voce narrante, lasciando che siano i protagonisti e le immagini a parlare.

 

Il grande merito di SanPa è quello di riportare a galla una storia che ha polarizzato l’opinione pubblica in modo dirompente durante gli anni in cui era vivo Muccioli, ma che dopo la sua morte è stata dimenticata, facendola così conoscere alle nuove generazioni. 

 

Il documentario, come suggerisce il sottotitolo, ci presenta la storia così come si è svolta, con le sue luci e le sue ombre, per bocca di alcuni protagonisti, tra cui alcuni ex ospiti della struttura.


Tuttavia non prende mai una vera e propria posizione sull’accaduto, lasciando allo spettatore la libertà di farsi una propria opinione.

 

Il problema è che, in base a quello che ci viene mostrato in SanPa, è difficile darsi delle risposte, perché il quesito che ci viene posto è di carattere etico: fino a che punto un uomo può spingersi a fare del male a fin di bene?

 

 

 

 

Messa in questi termini, la storia di SanPa ci fa entrare in un loop senza fine perché una domanda del genere crea delle tifoserie, i pro e i contro, alimentando una discussione infinita dove nessuno ha torto e nessuno ha ragione.

 

Questo è proprio quello che è successo ai tempi delle vicende, quando l’Italia si è letteralmente spaccata in due sulla questione e probabilmente nella serie questa cosa è fatta apposta per generare discussioni infinite su Internet e quindi per autoalimentarsi.


Tuttavia esiste una bussola per orientarsi in queste storie controverse, per trarne un insegnamento senza cadere nella trappola della discussione sterile, ed è considerare la cosa da un punto di vista materiale.

In che modo?

Andando ad analizzare le forze che materialmente sono in gioco e i rapporti di potere che intercorrono tra di loro.


Chi è il più forte? Chi è il più debole? Chi sfrutta chi?

Chi trae maggior beneficio dalla situazione?

Qual è il contesto storico?

 

 

 


SanPa è incentrato principalmente sulle vicende umane di questa storia, ma ci sono alcuni indizi fugaci che possono aiutare a demistificare un certo tipo di narrazione e a sgomberare il campo da alcune ideologie subdole che mascherano la realtà.

Siamo alla fine degli anni ‘70: improvvisamente arriva per strada una nuova droga, l’eroina, che ha come caratteristica principale un tasso di assuefazione altissimo, mai visto prima.

Questa sostanza trasforma le persone in zombi e SanPa ce li mostra con delle immagini d’epoca agghiaccianti.

 

Persone che sembrano uscite da un film di George Romero si aggirano nelle città italiane, diventando in breve tempo una piaga sociale senza precedenti.

 

 

 


L’assuefazione spinge chi fa uso di eroina dapprima a svuotare la propria casa di ogni oggetto di valore, al fine di rivenderlo per poi comprarsi una dose, e poi a delinquere.

 

I genitori sono disperati, avere un tossicodipendente dentro casa ti distrugge la vita.

 

Nel documentario c’è una testimonianza d’epoca di una madre che è un distillato di sofferenza.

 

 

 


Per la società piccolo borghese italiana il tossicodipendente è osceno, è un rifiuto, un escremento.

 

In quel momento il Paese è come un grande water in cui non funziona lo sciacquone.

Le persone vorrebbero scaricare i tossici in qualche buco in cui possano scomparire dalla vista, ma lo Stato non sa come farlo. 

 

All’improvviso si presenta Vincenzo Muccioli, l’uomo della provvidenza che non solo dice di voler liberare le strade, ma di restituire i tossicodipendenti alla società perfettamente puliti e conformi agli standard.


Un messia? Un santo?

La reincarnazione di Cristo?

 

 

 


Muccioli ha ricevuto in dono dalla famiglia della moglie un podere per farne un’azienda agricola.

 

Nel documentario il passaggio da azienda agricola a comunità terapeutica ci viene presentato in modo quasi consequenziale.

Ma una persona che faceva il medium e che fonda una cooperativa agricola assieme ai suoi compagni di sedute spiritiche, come può trasformarsi in un terapeuta senza avere nessuna competenza a riguardo?

 

 

 

 

Qual è il non detto in questa transizione che ci viene presentata come naturale?

In un’azienda agricola serve la manodopera.

La manodopera più a basso costo che si possa trovare è quella degli emarginati, di quelle persone che non vengono considerate nemmeno più persone.

Se un essere umano viene deumanizzato, automaticamente non ha più alcun diritto.

Ecco quindi che quella manodopera è al minor prezzo possibile, cioè gratis.


Ci sono due indizi nascosti in SanPa, a cui apparentemente non viene dato molto peso, a sostegno di questo.

 

A un certo punto Antonella De Stefani, ex ospite di San Patrignano, dice quasi sottovoce che il lavoro che loro svolgevano non veniva retribuito.

 

Il secondo indizio, quello più importante, ci viene dato da Muccioli in persona in un filmato dell’epoca presente verso la fine della prima puntata:

“(...) e così abbiamo cominciato a seguire gli emarginati. 

Poi la nostra comunità è diventata una comunità di tossicodipendenti unicamente perché questo settore era più bisognoso di un altro, e le richieste venivano più da questo settore che da altri.

 

Soprattutto dopo i primi casi felicemente risolti”.

In pratica fu solo una questione di mercato.

C’è offerta di tossici e c’è domanda di manodopera.

 

Muccioli ha la lungimiranza di fare incontrare le due cose e di mettere in piedi il suo impero miliardario.

 

 

 


Mascherare lo sfruttamento del lavoro da impresa socialmente utile ha poi un grandissimo vantaggio: se ti fai carico di problemi che dovrebbe risolvere lo Stato, questo è ben disposto a chiudere entrambi gli occhi su tutta una serie di regole, ad esempio non mandandoti ispezioni sanitarie e non compiendo accertamenti fiscali.


Un altro indizio che viene fuori a mezza bocca dalla testimonianza dell’ex sindaco di Coriano è che Muccioli ha allargato a dismisura il proprio podere, trasformando la comunità in un vero e proprio paese, ma il tutto è avvenuto in totale abusivismo edilizio.

 

E quando un terreno da agricolo diventa edificato, il valore sale.

 

 

 

 

Non è un caso, quindi, che fin dall’inizio dell’operazione San Patrignano entrino in gioco due pesi massimi del capitalismo storico italiano: i coniugi Gian Marco e Letizia Moratti.

 

Il primo è un petroliere la cui azienda, ereditata dal padre, è la principale raffineria italiana.

La seconda, che all’epoca era una broker assicurativa discendente da una dinastia di broker che affonda le radici fin nel XIX secolo, non ha bisogno di presentazioni.

 

Nel documentario ci vengono presentati come dei benefattori, ma è un fatto che dal loro ingresso San Patrignano viene finanziarizzata, passando da semplice cooperativa ad azienda multisettore controllata da una fondazione privata, che ne gestisce anche il patrimonio immobiliare in continua espansione.

 

 

 

 

Naturalmente il capitalismo, non essendo un modo di produzione democratico, quando non trova nessuna regola che lo tiene a freno ben presto si trasforma in fascismo.

 

Come disse Ernest Lund nel 1943 a proposito della Germania nazista:

"Il fascismo è un violento colpo di tosse che esce fuori dai polmoni tubercolotici del capitalismo"

Di pari passo alla sua crescita economica, infatti, San Patrignano diventa una specie di lager: controllo capillare, segregazioni, torture fisiche e psicologiche, pestaggi, annullamento della personalità, suicidi e alla fine omicidio.

 

L’omicidio dell’ex ospite Roberto Maranzano è emblematico: da rifiuto della società come veniva considerato fu ritrovato senza vita in una discarica.

 

 

 SanPa SanPa SanPa

 

In SanPa viene dato ampio spazio ai metodi da campo di concentramento di Muccioli e la sua difesa è sempre stata qualcosa del genere: sì, però alla fine i miei ragazzi escono dalla tossicodipendenza.

 

I ragazzi, a loro volta intervistati, dicevano: sì, se devo scegliere tra la segregazione e la morte per overdose scelgo la segregazione.

Certo, ma che altro poteva dire una persona totalmente alienata dal consesso civile che non aveva altre alternative se non la morte?

 

Di fatto non c’era scelta, perché non c’era una vera alternativa.

 

 

 SanPa SanPa SanPa


Quindi la domanda non è fino a dove una persona in delirio di onnipotenza può spingersi a fin di bene, ma è piuttosto "come si poteva evitare tutto questo?"

Si poteva evitarlo non lasciando risolvere un grave problema sociale al mercato.

Perché il mercato, anche se sotto mentite spoglie, non pensa mai al bene delle persone, bensì ai profitti.

 

Segregare e torturare le persone dentro una piccionaia è molto più economico che farle seguire da personale competente.

 

E allora tutti i tossicodipendenti riconsegnati alla vita e alle proprie famiglie?

Sono merce.

 

Sono il prodotto da vendere per avere sempre più manodopera da sfruttare per creare valore e quindi profitti.

 

 

 SanPa SanPa SanPa

 

L’ex ospite Walter Delogu, diventato poi guardia del corpo e autista di Muccioli, ci dice in SanPa che una volta uscito dalla tossicodipendenza veniva vestito di tutto punto e portato agli eventi mondani da Muccioli come trofeo.

 

Tutti dovevano girarsi a guardarlo e meravigliarsi del fatto che questo elegantissimo ragazzo fosse un ex tossico, quindi un prodotto della comunità di San Patrignano.

 

Questi ragazzi mercificati, senza diritti e senza volontà, sono diventati ben presto una fonte di potere immenso per Vincenzo Muccioli che, grazie all’amplificazione mediatica, era diventato la persona più popolare d’Italia.

 

 

SanPa SanPa SanPa

 

La politica, come sempre, invece di arginare questo potere, lo ha carezzato.

 

Perché grande popolarità significa molti voti e, come al solito, alla fine della storia, l’argine è stato messo dalla giustizia.

Ma la giustizia può curare i sintomi, non la malattia.


La malattia è una società che delega il mercato a trovare soluzioni che riguardano le vite degli esseri umani.

Perché mentre i profitti vanno nelle mani di pochi, i costi li pagano le persone sulla propria pelle e, nonostante l’apparente gratuità del servizio fornito, durante gli anni di Muccioli il prezzo scaricato sulla collettività è stato socialmente disumano.


SanPa, essendo una serie di intrattenimento, non dice tutto questo.

 

Ci lascia solo alcuni pezzi di un puzzle che siamo noi a dover ricomporre, cercando anche altri pezzi da altre parti.

Ma non si può biasimare gli autori per questo, probabilmente non era neanche il loro intento.

 

Se non altro hanno avuto almeno il merito di ritirare fuori dalla soffitta la scatola dimenticata del puzzle, sepolta sotto tre dita di polvere. 

Chi lo ha scritto

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5 commenti

Sasuke

3 anni fa

perfettamente d'accordo con te, anche io ho trovato veramente semplicistico dare tutta la colpa al Capitalismo brutto e cattivo di una storia ed una situazione cosi complessa.

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Enrico Tribuzio

3 anni fa

Ma non sai quanta gente pensa che sia giusto che le persone abbiano lavorato gratis in quel periodo. Anche alla luce di quello che è accaduto dopo. Per loro è inconcepibile che venissero pagate.

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Enrico Tribuzio

3 anni fa

Ahimè è tristemente vero. 
Ai giorni nostri basta guardare come vengono trattati i braccianti immigrati nell'industria agroalimentare, gli ultimi tra gli ultimi.

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Enrico Tribuzio

3 anni fa

🙏🏼✌🏻

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Enrico Tribuzio

3 anni fa

Grazie a te ✌🏻

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