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Spider-Man 2: Sam Raimi e l’epica dell’eroe a fumetti (della quale abbiamo bisogno)

Cosa sono gli eroi? Perché amiamo così tanto gli eroi e perché desideriamo ardentemente essere come loro? 

Cosa sono gli eroi? Perché amiamo così tanto gli eroi e perché desideriamo ardentemente essere come loro?
 


A quest’ultima domanda molti di voi risponderanno con uno sprezzante cinismo.


Lo farei anch’io, non vi sto giudicando.

E lo farei in quanto uomo, ragazzo e fanciullo che ha dimenticato cosa sia un eroe.
 
Lo dico con il cuore in frantumi, contemplando l’enorme voragine di nere spirali che guardo allargarsi dove prima si ergeva un santuario.
 
Ho sentito il terreno mancarmi sotto i piedi qualche settimana fa, quando improvvisamente mi sono chiesto se fossi ancora capace di andare in bicicletta senza mani.

Non lo ero.


Sono quasi cascato una decina di volte nel tentativo di affidarmi alla memoria muscolare.
 
Eppure quando avevo 8 o 10 anni, andare in bicicletta senza mani era il mio sport preferito.

Era un riflesso condizionato.

Era il solo modo di andare in bicicletta.

Sereno.

Fiero.

Contento.

Leggero.

Felice.

 

 

[Di film con le biciclette ce ne sono tanti, ma teniamoci sul leggero con Chiedimi se sono felice]

 
La voragine è diventata un enorme e sordo vuoto, in queste settimane.


È diventata insopportabile l’eco angosciante che spira dal profondo di un male antico del quale nutro un terrore atavico.

Mi fa sudare freddo, eppure non riesco a distogliere lo sguardo.
 
Ho paura.

Sono pietrificato.

Quando mi muovo mi muovo a tentoni e ogni piccolo spasmo muscolare potrebbe essere la condanna a lasciarmi cadere giù nel baratro e sparire per sempre. 

Inghiottito dal nulla.
 
Ho dimenticato cosa sono gli eroi.

È stato il mondo a farmelo dimenticare. 

È stata “la crescita”, direbbero alcuni.

 
Forse ha ragione Hayao Miyazaki, il geniale creatore dietro molti classici dello Studio Ghibli, la cui poetica si popola di giovani uomini e giovani donne.

Bambini o adolescenti. 

Miyazaki crede fortemente nella parte migliore dell’uomo e quella parte, il lato chiaro, puro, incontaminato dall’odio, si sprigiona e risplende nel corso della nostra infanzia. 

 
È il nostro momento più alto.

È la consacrazione dell’essere umano nella sua forma più nobile.

Poiché diviene capace di atti di puro altruismo totalmente disinteressati.

Poiché diviene capace di amore poiché di amore e passione si nutre e vive.


Poiché diviene capace di compassione perché trionfo dell’empatia che rende l’essere umano così speciale.

 

 

[Giovani e biciclettari. La collina dei papaveri è di Goro Miyazaki ma aderisce perfettamente a quanto esposto sopra. Guardatelo: è su Netflix]

 
Eppure una parte di noi piano piano appassisce, si fa inghiottire dalla voragine, ma non vi scompare per sempre.


Non crediate a chi vi dice il contrario.

Sono dei vili.


Uomini e donne che non sanno voler bene.

Uomini e donne che non sono capaci.

Uomini e donne che sanno solo veicolare e amplificare l’odio e il nulla che riecheggia dal sordo silenzio di una voragine adorna dei peggiori istinti, degli affreschi più truci e dei vizi più fetidi.

E quando il loro sguardo si posa su di noi, quando i loro occhi velati dall’odio, quelli che non ha il principe Ashitaka della Principessa Mononoke, ci costringono a rievocare le parti peggiori di noi, l’animo dell’uomo danza con il diavolo sotto il pallido plenilunio e seguendo i passi giusti, cercando coordinazione e grazia, comincia a ribellarsi, cercando antidoti.
 
Capiamo allora quanto abbiamo bisogno di storie, quanto sia necessario erigere dei simboli a memoria di cosa siamo fatti e di cosa siamo capaci e come la nostra natura non sia della sostanza del fango ma di una scintilla divina utile a creare, a inventare, a cantare, a porgere le mani per costruire e non per distruggere.

 

 

[Ashitaka, un guerriero infettato dal male che rimane un puro grazie alle sue convinzioni e al suo onore]


In queste settimane mi è mancato il terreno sotto i piedi.


Ho pianto.

Mi sono sentito impotente.

Distante da casa come non mai.

Distante dalla gente come non mai.


Pieno di rabbia per l’impotenza e desideroso di tornare a pedalare senza mani, con le braccia aperte, sicuro che un eroe possa salvarci tutti e poi volare via, tra i grattacieli, con un balzo mirabolante, lasciandosi alle spalle la meraviglia delle moltitudini.
 
Eppure non è davvero quello che mi è stato insegnato.

Non è la lezione che mi hanno insegnato gli eroi.

Non è quello che mi ha lasciato Spider-Man.
 
L’eroe creato da Stan Lee è sempre stato “il mio” eroe.

Peter Parker era come me.

Era insicuro.

Era timido.

Era vittima dei peggiori esseri umani.


Era bullizzato dagli eventi messi in moto dalle macchine create dagli uomini peggiori, poiché ultimo degli ultimi, senza privilegi e senza ricchezze.

Io e Peter Parker avevamo molto in comune.

 

Eppure, Peter era anche Spider-Man.

E Spider-Man non aveva paura.

Spider-Man era sorridente sotto la maschera, proprio come il suo creatore.

Spider-Man era forte, era nobile, coraggioso e non c’era difficoltà che non potesse superare.
 
Spider-Man, in realtà, è il vero volto di Peter Parker, una maschera a rappresentare la versione migliore di un ragazzo che sarebbe stato grande a prescindere dai suoi poteri.

 

 


 
Ma perché ho smesso di credere negli eroi?
 
Perché gli eroi, in un qualche modo, hanno smesso di esistere.

Gli eroi sono diventati un prodotto di mercato e la tela di Spider-Man si è sfilacciata nelle trame delle produzioni, degli accordi, dei diritti d’immagine e del gradimento dei piani hollywoodiani.
 
Al cinema, nel momento più alto del cinecomic, gli eroi non esistono.

Sono maschere retoriche a rappresentazione di bandiere ora sbadiete troppo a lungo sotto un sole cocente.

“A big hard sun
Beaten on the big people
In the big hard world”
, come canta Eddie Vedder.

 


 


Il Cinema ha smesso di raccontare l’epica e la potenza dell’eroe.
 
Eppure esiste un film che lo ha fatto.

Un film che rimane ancora oggi meraviglioso.
 
Spider-Man 2.

Spider-Man 2 è il film che ho guardato ogni volta che la voragine ha provato ad allargarsi.

Era il film che mi dava fiducia e mi dava forza.

Sam Raimi, accanito lettore di Spider-Man, conosceva la materia alla perfezione.

Era chiaro in ogni segmento del suo film.

Perché se volete conoscere Spider-Man, dovete guardare Spider-Man 2.
 
Se volete sapere cos’è un eroe, dovete guardare Spider-Man 2.

Quello reinventato dai piani Marvel Studios, anche in televisione, è una macchietta chiacchierona senza potenza, senza forza, senza eroicità: un Deadpool PG-13 edulcorato, asessuato e, per molti versi, diseducativo.
 
Perché gli eroi non sono rappresentati da un merchandise.

Gli eroi si fanno con i simboli e le morali - la morale non in quanto lezioncina a fine novella, ma il nervo del tessuto di una persona, il seme delle nostre convinzioni e credenze, sia chiaro.

 

Sono eterni, sono granitici, resistono a ogni intemperia e Spider-Man e il suo “da un grande potere derivano grandi responsabilità”, ci ha dato l’archetipo dell’eroe moderno.

 

 

[La cultura di internet lo ha trasformato in un meme poiché gli è stato detto dalla filmografia Marvel Studios. La stessa sottocultura ripete ossessivamente "o muori da eroe..." ogni volta che può... comunicazioni differenti]

 


Essere un eroe non significa, come facevano altri personaggi in costume, essere il ritratto delle eccellenze di un popolo che vive e prospera sotto una bandiera.

 

Gli eroi non hanno nazione, non hanno colore, non hanno lingua: sono universali e sono lì per tutti e calzano a ogni stazza, etnia ed età, come ci ricorda lo Stan Lee animato dello Spider-Man animato Sony - non Disney.
 
“Spider-Man, Spider-Man

Friendly neighborhood Spider-Man

Wealth and fame

He's ignored

Action is his reward

Look out

Here comes the Spider-Man”
 

Gli eroi non cercano fama, non cercano ricchezza, non cercano il sogno americano della villa dei suburbs e del conto in banca ampio e dei palazzi con il proprio nome sopra.

Sono personaggi altruisti che agiscono per il bene della collettività, poiché possono e perciò debbono. 

 
“L’intelligenza è un dono che va usato per il bene dell’umanità, non un privilegio,” dice il Doctor Octavius splendidamente interpretato da Alfred Molina, a Peter Parker.

Un cattivo dalla tridimensionalità importante.

 

Potente nella sua morale e altrettanto nella sua caduta, perché gli eroi si misurano dalla statura dei propri nemici e più è potente il nemico e più diventa potente l’eroe che lo deve affrontare e più diventa complesso e interessante il contrasto e più l’eroe deve mettere alla propria le proprie idee, i suoi limiti, gli ideali e le morali.
 
I cattivi sono importanti e non sono protagonisti, ma sono strumento utile a farci capire di cosa sono fatti, anche, gli uomini e di come alcuni siano destinati al male assoluto, a divenire voci dell’abisso, e di come altri vengano semplicementi distrutti dalle ossessioni, dalle ambizioni e di come anch’essi siano degni di redenzione o di rovinose sconfitte.

 

 

[Octavius si è da sempre prestato come metronomo morale per Peter e anche in Marvel's Spider-Man per PS4 è un personaggio fondamentale per definire la crescita di Peter]

 


Peter assieme al pubblico riceve da Octavius una nuova versione di quel motto datogli dallo Zio Ben e che ha mosso per decenni il motore del suo mito.

 

Poiché un bravo autore riesce a cambiare tutto pur lasciando tutto identico e sa come evolvere le sue morali, pur lasciandole ancorate ai loro archetipi, riscrivendole con grazia e descrivendo nuove sfide e non tagliando, cancellando o gettando nel cestino concetti fondamentali a raccontare la levatura dell’eroe.
 
E quel film è importante e magnifico proprio perché decostruisce e ricostruisce l'eroe dopo averlo, solo per un po’, liberato, buttando nell’immondizia il suo vessillo, riportandolo al suo stato più comune per lo spettatore, riportando Peter Parker a essere noi, il riflesso che non vogliamo guardare.

E come si rende felice Peter Parker?

Si rende felice guardando al suo. 


Peter si rende felice dedicandosi a se stesso, ignorando il mondo attorno a lui, perseguendo le sue cause e lasciando in secondo piano ogni responsabilità, ogni conseguenza delle sue NON azioni.

Perché noi tutti, come Peter, ogni tanto ci sentiamo di mollare, di lasciar perdere il resto per dedicarci a noi e Raimi e il suo Spider-Man 2 ci dicono che è naturale, che è legittimo sentirsi sconfitti ma che se daremo corda a quel sentimento, aprendo la voragine, perderemo noi stessi.

 

 

["Lo Spider-Man di Raimi è completamente diverso dal fumetto", quando invece Spider-Man 2 riprende alcuni dei temi e archetipi narrativi del fumetto e resi in cinema con molta intelligenza]
 


Quando Peter perde se stesso e pensa di non poter più essere Spider-Man e non sa come affrontare le proprie avversità, ritorna a casa.

 

Ritorna dalla Zia May a cercare i suoi fumetti e a farsi ricordare da un bambino, la parte migliore di noi, come suggerisce il Maestro Miyazaki, cos’è un eroe.
 
E allora cos’è un eroe?
 
“Dio sa se ai ragazzini servono eroi.

Persone coraggiose e altruiste che siano d’esempio a tutti noi.

Tutti quanti amano gli eroi.

La gente li aspetta, li acclama, grida i loro nomi e anni dopo racconteranno di come sono rimasti sotto la pioggia per ore e ore solo per dare una fuggevole occhiata a colui che gli insegnò a tenere duro un secondo di più.

Io penso che ci sia un eroe in tutti noi.

Che ci mantiene onesti.

Ci dà forza.

Ci rende nobili.

E alla fine ci permette di morire con dignità.

Anche se a volte dobbiamo mostrare carattere e rinunciare alla cosa che desideriamo di più, anche ai nostri sogni.”

 
Spider-Man è stato così per me e mi domando dove sia andato.

Ne ho bisogno.

Come tutti noi abbiamo bisogno degli eroi.

Perché il Cinema ha smesso di parlarci di eroi umani, forti, nobili, potenti nelle loro epica, capaci di innamorarsi, di sacrificarsi e di combattere contro tutto, anche la paura, ma senza arrendersi mai.

Sam Raimi e il suo Spider-Man 2 rappresentano un Cinema non di supereroi, ma di eroi, che in questo momento non esiste e che oggi, sarebbe necessario come non mai.

 

 

[Hanno cercato in molti di riprodurre questa scena, di enorme impatto e messaggio, ma sono venute fuori ridicole macchiette con gru e... non ne parliamo]

 

 

Ne abbiamo bisogno.


Tutti noi, in questo momento, abbiamo bisogno degli eroi che ci indichino la via.

Che ci insegnino a essere nobili, che ci diano forza, che ci rendano altruisti e che ci permettano di discernere il bene dal male, che ci diano un simbolo al quale aggrapparci, che ci diano maschere dalle quali guardare al mondo, che ci diano la consapevolezza dell’altro, che ci rendano invincibili agli echi dei peggiori abissi, che ci allontanino dall’odio.

 

Che ci rendano palesi i piani peggiori e le cattiverie più immonde suggeriteci da quei mostri viscidi e vili che popolano i buchi peggiori della terra e dell’etere.
 
Non abbiamo bisogno dei sensazionalismi televisivi.

Non abbiamo bisogno delle promesse di nessuno.

Non abbiamo bisogno dei capri espiatori e dei colpevoli.
 
Quello di cui abbiamo bisogno è l’eroe che si nasconde in ognuno di noi e che sa di non potersi permettere di mollare, di dare libero sfogo all’odio, di lasciare il volante a qualcuno che dietro molte assillanti rassicurazioni vuole dirci di sapere cosa dovremmo pensare, provare, chi dovremmo incolpare e dove dovremmo andare, lasciando a lui o chi per lui il controllo di ogni cosa.
 
Spider-Man e Sam Raimi ci hanno insegnato invece che gli eroi non sono uomini sicuri di tutto.

 

Sono uomini e donne comuni capaci di provare paura, amore, insicurezza e che talvolta sono esseri fallibili ma capaci, grazie alla loro morale e non ai loro poteri, di rialzarsi dopo ogni sconfitta e non importa se qualcuno, guardandoci da fuori, inconsapevole di quanto facciamo ci dirà, “Peter Parker, brillante ma pigro!”.

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3 commenti

Andrea Bianchi

2 anni fa

Immagina capirne tanto poco di cinema e avere anche la presunzione e la spocchia di parlarne. I suoi Spider-man sono OGGETTIVAMENTE bellissimi e la gente li valuta tali perchè in linea di massima è in grado di riconoscere il buon cinema da quello di merda se si ha sopra i 20 anni (vedasi i film MCU, che piacciono ai piccini ritardati e cha tra 20 anni nessuno si ricorderà più, ci gioco i cosìddetti).
Se cerchi di esprimere un giudizio su un film, evita di usare come unica e sola argomentazione l'attinenza al fumetto e di iniziare il tuo post con un imbarazzante "hai mai letto i fumetti?" specialmente considerando che dal suo post si evince chiaramente che li ha letti. Scrivere certe cose dimostra solo e unicamenente la tua pochezza di argomentazioni, la tua arroganza, e la tua totale IGNORANZA su cosa costituisca buon cinema. Torna a leggere fumetti , che evidententemente quelli ti piacciono, e smetti di parlare di cinema, specialmente di un regista come Raimi che è stato l'unico a cogliere veramente l'essenza del personaggio specialemente delle storie classiche e a portarle su schermo. Spider-Man non sono battute a cazzo e gli spararagnatele, Spider-man sono la responsabilità, zio Ben, il senso di colpa e il fardello che deriva da quello che più di essere un dono del destino è in realtà una maledizione, come dice Peter nel bellissimo finale del primo film. Il fatto che tu, presunto fan del personaggio, non riesca a comprendere quest ovvietà mi perplime e mi fa seriamente dubitare della tua intelligenta

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Ciao Alex, grazie per i complimenti.
Beh i fumetti e i supereroi nascono come intrattenimento per ragazzi, quindi guardandoli si tende sempre a ritornare all'età in cui sono stati per noi degli eroi.

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Ciao.
Non hai compreso l'articolo perché non avevi voglia di comprenderlo.
Questo è un sito di cinema.
Non è Comicus o Lo Spazio Bianco e non è nemmeno Linus.

Spider-Man non ha paura.
Peter Parker ha paura.
Daredevil è L'Uomo Senza Paura come Spider-Man è Lo Stupefacente e come Thor è Il Mitico.
Sono i titoli delle testate che rappresentano il mito dell'ero che raccontano e ne reggono in parte il mito.
Daredevil è L'Uomo Senza Paura perché... beh è il significato di Daredevil.
Il personaggio prova paura e dubbi.
Esattamente come Spider-Man (o meglio Peter Parker, il volto sotto la maschera), perché aderisce a un registro di scrittura dei personaggi che Stan Lee ha portato avanti accantonando il modello degli eroi perfetti che si usava prima dei suoi fumetti.
Tu l'articolo non hai voglia di leggerlo e non avrai voglia di leggere questa risposta.
Ti elogiamo per la tua passione per il materiale originale e ti garantiamo che non ha bisogno della tua difesa.
Si difende benissimo per i fatti suoi e si difende benissimo anche nel pezzo e in questo commento parlando ed elogiando il lavoro di Stan Lee nel creare il suo eroe e la sua particolare epica.

Questo è un sito di cinema.
Il pezzo vuole parlare di un fumetto trasposto al cinema.
E non entro nell'enorme discorso di come la conversione di un opera da un mezzo all'altro forzi la mano verso non una traduzione ma una reinterpretazione del linguaggio.

Sam Raimi è un ottimo regista.
I suoi film sono parte della storia del cinema.
Se non gradisci la sua trasposizione in cinema e gradisci il fumetto, continua a leggere il fumetto.

Oltretutto in un certo senso non ti sei reso conto che l'articolo è su come l'epica dell'eroe è ora, grazie a Marvel Disney, mal trasposta in cinema, un parere che mi sembra anche essere il tuo.
Non ti sei nemmeno reso conto che avevamo che abbiamo lo stesso parere.

Mi permetto anche di "rubare" una cosa che ha ricordato un ragazzo nei commenti della pagina, dicendo di come Leo Ortolani ha scritto una fantastica tesi, tramite un arco narrativo di Rat-Man, riguardo come l'epoca migliore dei super-eroi al cinema sia quella che più di tutte sta stravolgendo il cuore di tali personaggi.
E sono della stessa opinione di Ortolani ma sono anche convinto che Spider-Man di Raimi sia uno dei migliori cinecomics che abbiamo e che porta un bel messaggio ai ragazzi e che fa capire l'epica del supereroe.
Perché è questo di cui si sta discutendo.

Questo è un sito di cinema.
Parliamo di Cinema.

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