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Edison - L'uomo che illuminò il mondo - Recensione: ma il film rimane al buio

La storia della guerra per la corrente elettrica non si accende

Esistono delle storie che sulla carta sono estremamente appassionanti, soprattutto se riguardano dei momenti fondamentali nella Storia dell'Uomo, qualcosa di universalmente condivisibile proprio perché parte della quotidianità di ognuno di noi. 

 

Pensare a un mondo senza corrente elettrica è oggi fantascienza: se dovesse improvvisamente mancare "la luce" il Pianeta Terra non tornerebbe solo indietro di un secolo e mezzo, ma si troverebbe ad affrontare una crisi di proporzioni gigantesche, perché ormai quasi qualunque cosa nella stragrande maggioranza dei paesi dipende proprio dalla presenza della corrente.  

 

 

È quindi normale pensare che un film che racconti come tutto ciò ebbe inizio sia senza dubbio affascinante, a maggior ragione se in scena ci sono due ottimi attori come Benedict Cumberbatch e Michael Shannon

 

Edison - L'uomo che illuminò il mondo (titolo italiano di The Current War, secondo me molto più evocativo) non riesce però nel suo intento, appesantito da una messa in scena troppo protagonista e da una sceneggiatura sfilacciata, che non dà modo ai personaggi di raccontare se stessi né sottolinea la vera e propria guerra che avvenne tra loro. 

 

 

 

 

La storia, in fin dei conti, è semplicissima: Thomas Alva Edison (Benedict Cumberbatch) e George Westinghouse (Michael Shannon) sono due imprenditori che hanno in mano l'invenzione che sconvolgerà il mondo e lo catapulterà in una nuova era: la luce artificiale.  

 

La guerra si svolge tra i due sistemi: corrente continua e corrente alternata, entrambi con i propri vantaggi e i propri difetti, e ai due uomini si aggiunge a un certo punto il noto scienziato e inventore serbo Nikola Tesla (Nicholas Hoult), che lavorerà prima per Edison e poi per Westinghouse, dando un pesante contributo alla conclusione del "conflitto".   

 

Ma uno dei problemi secondo me maggiori di Edison - L'uomo che illuminò il mondo sta nel fatto che nessuno dei personaggi del film risulta interessante. 

 

Il loro destino, e la risoluzione finale su chi avrà la meglio, non emoziona e anzi troppo spesso il sentimento che aleggia è quello della noia, malgrado una sceneggiatura che corre a mille all'ora senza soffermarsi su nulla.

 

 



La sceneggiatura di Michael Mitnick (The Giver - Il Mondo di Jonas) non approfondisce nemmeno uno dei molti temi che una storia simile presenta, e si disperde trattandoli tutti in maniera superficiale, imbrigliando l'indiscutibile talento dei protagonisti in figure bidimensionali delle quali si fatica a cogliere la passione, il motore trainante del loro lavoro che li costringe a dormire poco e lavorare tantissimo per avere la meglio sul rivale. 

 

Ci sarebbe anche una sottotrama interessantissima, che viene buttata lì per poi ogni tanto riapparire mollemente: la sedia elettrica. 

 

 



Il governo degli Stati Uniti si fa immediatamente vivo con Edison non appena saputo che l'inventore aveva pubblicamente dimostrato - per screditare Westinghouse - che la corrente elettrica può essere letale, uccidendo una mucca con una scossa al cervello. 

 

Ma anche qui, di fronte a un elemento di tale portata come è la pena capitale decisa istituzionalmente - con tutte le implicazioni etiche e morali del caso - la cosa si perde in poche scene distratte. 

 

Veniamo a conoscenza del fatto che Edison non era intenzionato a far sì che una propria invenzione venisse adoperata per uccidere un essere umano, ma tutto l'incastro di questa trama secondaria si ferma sostanzialmente lì e riprende a singhiozzo durante il film senza nemmeno darci una vera idea di quanto tempo passi tra il primo incontro e la prima esecuzione con la sedia elettrica. 

 

Non solo, perché a mio parere la sceneggiatura non è l'unico intoppo di Edison - L'uomo che illuminò il mondo.  

 

 



Perché a dispetto di un'ottima confezione in termini di scenografie e costumi, la regia di Alfonso Gomez-Rejon (già regista del bel Quel fantastico peggior anno della mia vita) vuole a tutti i costi essere protagonista, e ciò va a inficiare il prodotto nella sua interezza. 

 

La fotografia, parlando meramente dell'illuminazione, è mirabile e sarebbe un delitto se fosse il contrario dato il tema del film, ma la mano pesante del regista ammorba la composizione e le scelte dei quadri sovraccaricando qualunque sequenza, qualunque scena, qualunque inquadratura. 

 

Si percepisce una voglia pazzesca di rendere il racconto contemporaneo, utilizzando un linguaggio simile a quello dei videoclip: dutch angle insistiti, steadicam che gira attorno ai protagonisti con degli effetti di velocizzazione e ralenti sottolineati da degli effetti audio, quadri al contrario che si raddrizzano su una camminata e quadri fissi con improvvisi stacchi sull'asse.  

 

 



Tutto non necessario, barocchismi a sproposito che non aiutano la storia ma che anzi continuano a mantenerne lontano lo spettatore che cerca con tutto se stesso di rimanervi ancorato, sperando in un qualcosa che lo attragga, che gli mantenga alta l'attenzione. 

 

E i movimenti di macchina in questo senso non funzionano, anzi. 

 

La fotografia è del bravo Chung Chung-Hoon - collaboratore storico di Park Chan-wook compresi gli acclamati Oldboy e Mademoiselle - ma risulta palese conoscendolo che la messa in scena virtuosistica e wannabe Guy Ritchie sia opera del regista e non sua. 

 

I personaggi secondari, come la moglie di Edison (Tuppence Middleton), il suo assistente (Tom Holland), la moglie di Westinghouse (Katherine Waterston) e J.P. Morgan, il principale finanziatore di Edison interpretato da Matthew Mcfadyen, fungono solo da mero contorno.

 

Anche le tristi sorti della coniuge di Edison vengono messe in scena in fretta e in modo raffazzonato, non aggiungendo nulla né al suo personaggio né al dramma del protagonista, che rimane ancora una volta lì sulla superficie. 

 

 



La "Guerra della Corrente" in Edison - L'uomo che illuminò il mondo non si percepisce mai. 


Non viene concesso conoscere la reale entità di questo conflitto tra uomini e idee, e i risultati si limitano ad essere delle lampadine rosse o gialle avvitate su una grande cartina degli Stati Uniti, ad indicare quali città hanno scelto il sistema di Westinghouse o quello di Edison. 

 

Perfino un personaggio intrigante e fascinoso come quello di Tesla appare come un ragazzino permaloso e viziato. 

 

L'invenzione del grammofono, la registrazione sonora, i sistemi di illuminazione a gas prima e a corrente poi, le lampade ad arco, il mutamento della società e la gigantesca rivoluzione che la corrente elettrica ha portato, cambiando il mondo per sempre... tutti temi abbozzati e lasciati lì.  

 

 

 

Un peccato enorme per una storia che poteva essere appassionante e anche istruttiva, con degli attori di prim'ordine - Michael Shannon soprattutto appare svogliato e annoiato, che è poi il sentimento di molti spettatori in sala - con dei temi importanti e almeno due o tre sottotrame da sviluppare nel corso del film. 

 

Ma il regista ha preferito una messa in scena da prima donna, cercando di essere moderno a tutti i costi forse per paura che il plot non fosse così affascinante per lo spettatore contemporaneo. 

Con il risultato di distruggere tutto il resto che di buono c'è nel film.

 

La colpa più grande di Edison - L'uomo che illuminò il mondo, a mio avviso, è che a fine proiezione non sappiamo molto di più né sulla storia né sui personaggi, e soprattutto che nel momento in cui accenderemo la luce del salotto tornando a casa dal cinema, la cosa ci sembrerà del tutto normale.

 

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