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La mia vita con John F. Donovan: il cast parla del nuovo film di Xavier Dolan

Il nuovo film del giovane regista canadese è il suo primo in lingua inglese, con un cast spettacolare

Ancora una volta un cast d’eccezione per Xavier Dolan: in La mia vita con John F. Donovan ad affiancare la star de Il Trono di Spade Kit Harington troviamo Jacob Tremblay e i premi Oscar Natalie Portman, Kathy Bates e Susan Sarandon, in un film che segna il debutto hollywoodiano di Dolan e che vede riportati sul grande schermo tutti i temi che lo hanno reso famoso nel mondo: la relazione madre/figlio, l’omosessualità, l’infanzia.

 

Rupert Turner (Ben Schnetzer), giovane attore, decide di raccontare la vera storia di John F. Donovan (Kit Harington), star della televisione americana scomparsa dieci anni prima, che in una corrispondenza epistolare gli aveva aperto le porte del cuore, svelando i turbamenti di un segreto celato agli occhi di tutti.

 

Ne ripercorre così la vita e la carriera, dall’ascesa al declino, causato da uno scandalo tutto da dimostrare.  

 

 

 

“Xavier ed io avevamo già lavorato insieme un paio di volte”, racconta l’attore, sceneggiatore e regista Jacob Tierney, co-sceneggiatore di La mia vita con John F. Donovan insieme al regista Xavier Dolan.

 

“Avevamo recitato ognuno nei film dell’altro ed eravamo diventati ottimi amici.

È venuto da me con questa idea e mi ha chiesto: ‘Ti andrebbe di scrivere questa sceneggiatura con me?'

Aveva in mente un soggetto semplice e allo stesso tempo difficile da realizzare. In una giornata di gennaio buia e tempestosa abbiamo cominciato a scrivere la sceneggiatura”.

 

“Jacob è un mio grande amico”, racconta il regista e sceneggiatore Xavier Dolan.

 

“Non ci vediamo spesso, ma ci vogliamo bene. Ero spaventato all’idea di scrivere questa sceneggiatura da solo in una lingua che non è la mia.
Avevo bisogno di qualcuno che mi aiutasse e l’unico in grado di farlo era Jacob.

 

Come artista lui mi piace molto, è intelligente, istruito, divertente ed è uno sceneggiatore bravissimo.

Alcune delle più belle sceneggiature che ho letto nella mia vita me le ha mandate lui”. 

 

 

 



“Tutto nella sceneggiatura è ispirato alle cose a cui ho assistito, che ho sentito raccontare o di cui sono venuto a sapere.
E il fatto che io sia un regista e anche un attore mi ha facilitato le cose”
, racconta Dolan, e precisa che la storia di La mia vita con John F. Donovan non è autobiografica.

 

“Il film passa dal tema dello show business a un’analisi più privata della vita quotidiana di un giovane uomo che lotta per diventare una grande star, per essere ricordato come un grande attore, e che allo stesso tempo vuole vivere liberamente il suo sogno e la sua vita.
E racconta di quanto sia difficile riuscire a fare tutto questo a Hollywood. 

 

Fondamentalmente la storia descrive come la celebrità cambia la vita privata delle persone e di come si affronta questa cosa a livello personale.

È un film che tratta il tema della celebrità in maniera molta intima”. 

 

 



La mia vita con John F. Donovan è un film che può essere definito familiare, nel quale amici e collaboratori di lunga data hanno fatto di tutto per sostenere Dolan e realizzare la sua visione.

 

I produttori Lyse Lafontaine e Nancy Grant, che hanno lavorato insieme a Dolan in alcuni suoi progetti precedenti, raccontano che è la reciproca e profonda comprensione che c’è tra loro che rende così speciale lavorare con Dolan.

 

“È bello collaborare con Xavier perché amiamo e capiamo il suo modo di lavorare”, dice Grant.

“Lavoriamo molto bene insieme. E Xavier apprezza il fatto di poter contare su due produttori con i quali si trova a suo agio”.

 

“Seguo sempre tutta la realizzazione dei film, dall’inizio alla fine”, spiega Dolan, che usa un approccio autoriale, benché si occupi maggiormente di alcuni aspetti della realizzazione rispetto ad altri, se non altro per i tempi ristretti che gli vengono imposti. 

 

 

 

 

“Scrivo sempre io le sceneggiature, e nel caso di questo film l’ho scritto insieme a un’altra persona.
Adoro scrivere.

La fase più terribile secondo me è quella della pre-produzione perché è lunghissima e faticosa.

 

Corri da un posto all’altro, dalle prove costumi ai provini.

Il luogo in cui mi trovo più a mio agio e mi sento più appagato, dove tutto mi sembra più naturale e allegro, è il set.

La troupe diventa una sorta di famiglia per me, è successo con la maggior parte di quelli con cui ho lavorato negli ultimi otto anni”.

 

“Abbiamo scritto la sceneggiatura insieme, nella stessa stanza”, racconta Tierney.

 

“Xavier non voleva che scrivessimo in luoghi separati, quindi andavo a casa sua e passavamo metà della giornata a scrivere e l’altra metà a guardare filmati su YouTube.

Oppure mi faceva sentire dei brani musicali”.

 

E infatti, la musica ha un ruolo narrativo molto importante in La mia vita con John F. Donovan; alcune canzoni sono state scelte appositamente per sottolineare e amplificare determinate scene. 

 

 



Dolan e Tierney si sono aiutati a vicenda a scrivere la sceneggiatura, ciascuno nella propria lingua.

Avevano l’abitudine di controllare ognuno il testo dell’altro.

 

“Voleva che lo aiutassi sia per i dialoghi in inglese che per le indicazioni da dare agli attori”, racconta Tierney.

“Anche perché è una storia su degli attori, e su degli attori bambini”.

 

“Abbiamo finito di scrivere la prima versione della sceneggiatura e poi ciascuno è andato per la sua strada”, spiega Dolan, che ha diretto altri tre film nel lasso di tempo che è passato tra la prima versione della sceneggiatura e la versione finale.

 

“Nel tempo ho continuato a modificarla, cambiavo la storia e aggiungevo dei dettagli, poi ogni tanto ci mettevamo seduti e gli facevo vedere le modifiche.
E a quel punto facevamo altre modifiche, cancellavamo scene o ne aggiungevamo delle altre.

È stato un processo molto lungo e laborioso durato circa cinque anni”. 

 

 



Emily Hampshire interpreta Amy Bosworth, l’amica d’infanzia di John F. Donovan, e poi sua moglie.

 

Donovan la sposa per nascondere la sua attrazione verso gli uomini.

 

La Hampshire ricorda quando Dolan le ha parlato la prima volta del progetto di La mia vita con John F. Donovan e del soggetto della storia.

 

“Il film racconta la storia di una stella del cinema e della sua corrispondenza epistolare con un attore più giovane.
Essenzialmente è una storia su Hollywood”
, dice l'attrice.

 

“È una vicenda talmente epica che non saprei come riassumerla.

 

Xavier ha preso l’idea della storia di questo film dal libro 'Letters to a Young Poet' di Rainer Maria Rilke, un libro che ha avuto una forte influenza anche sulla mia vita.

Quando mi ha detto che voleva realizzare un film sullo stesso tema, ma con un attore più grande e uno più giovane ho pensato che fosse un’idea affascinante”. 

 

 



“In pratica La mia vita con John F. Donovan è la reminiscenza di un’amicizia”, spiega Dolan.

“È un’amicizia di penna, in cui uno dei due corrispondenti, dopo anni dalla morte dell’attore a cui scriveva da piccolo, ricorda la loro amicizia”.

 

La Hampshire ha partecipato al progetto insieme a Dolan e a Tierney sin dall’inizio.

 

“Xavier ha scritto questa parte per me”, chiarisce la Hampshire.

“Dopo aver scritto la prima scena mi ha chiamato tramite Skype.

 

Ci aveva montato sopra il tema allegro della Bella e la Bestia 'dun, dun, dun...' e me l’ha recitata. È stato come vederla davvero.

L’ha fatto per ogni scena che ha scritto.

È stata una cosa magica e col tempo le scene sono migliorate sempre di più. E nel frattempo Xavier è diventato un regista importante”.

 

Secondo la Hampshire Dolan è un regista che possiede una visione molto precisa e che è mosso da una forza di volontà pura. 

 

“Ricordo quando stava per cominciare a scrivere questo film, aveva tutte le foto di tutti gli attori che voleva avere”, dice la Hampshire.

 

“È così che lavora Xavier. Ha tutto nella sua testa e non accetta niente di meno.
È una cosa molto stimolante”. 

 

 



Il direttore della fotografia Andre Turpin, come molti dei collaboratori di Dolan, è venuto a sapere di La mia vita con John F. Donovan mentre stava lavorando insieme a lui su un altro progetto.

 

“So di questo progetto da molto tempo”, ricorda Turpin, che aveva già lavorato con Dolan anche in Tom à la ferme.

 

“Un giorno, dopo aver fatto dei sopralluoghi, siamo tornati a casa sotto la pioggia.
L’ho riaccompagnato a casa e lui mi ha detto: ‘Ti racconto un’idea per un film intitolato La mia vita con John F. Donovan.'

 

Poi ha cominciato a recitare qualche scena, lui è molto bravo in questo, ha interpretato tutti i personaggi.

È in grado di interpretare qualsiasi scena di questo film. Conosce tutti i dialoghi a memoria.

È stato il primo contatto che ho avuto con il film prima di leggere la sceneggiatura due anni più tardi”.

 

Una volta pronta la sceneggiatura, Xavier Dolan ha cominciato a occuparsi dei dettagli visivi e delle scenografie, dalla carta da parati a quale tipo di borsetta dovesse avere un personaggio, e di ogni singolo elemento visivo e sonoro necessario alla costruzione della trama. 

 

 



“Adoro quando si capisce che hanno tutti cospirato per raccontare la stessa storia”, dice Dolan.

“Non si può lavorare ognuno per conto suo, dev’esserci sempre un senso di unità”.

 

Turpin capiva talmente bene la visione di Dolan che aveva già chiaro in mente come doveva essere La mia vita con John F. Donovan.

 

“La mia visione del film quando ho letto la sceneggiatura non era la mia, ma la sua perché me ne aveva parlato già molto”, spiega Turpin.

 

Come produttore, anche Grant è rimasto molto coinvolto dalla visione di Dolan.

 

“Ho scelto un regista più che un progetto.

Mi fido molto di Xavier, anche sulla base delle nostre collaborazioni passate”, racconta Grant. 

 

 

 

 

“Sapevo che avrebbe fatto un film straordinario e che avrebbe scritto una grande sceneggiatura, soprattutto considerando la presenza di Jacob Tierney, che è uno sceneggiatore eccezionale.


Quello che mi attrae del progetto è il discorso che c’è dietro, il fatto che parli di qualcosa che ancora oggi è un tabù.

Vogliamo che il mondo pensi che l’industria cinematografica, specialmente l’industria hollywoodiana, sostenga pienamente gli attori gay e che non ci siano discriminazioni, ma secondo me la realtà è ben diversa”.

 

“I film si fanno per guadagnare i soldi”, continua Grant.

“Mi piace che Dolan parli di queste tematiche.

Apprezzo che parli della natura della celebrità e dell’impatto che ha sulla vita delle persone, sul rapporto con i genitori, la famiglia e gli amici.

 

Allo stesso tempo, mi piace che abbia voluto fortemente rendere La mia vita con John F. Donovan un film popolare, un film grandioso, con dei movimenti di macchina e dei set complessi e con delle star di questo calibro.
E oltre a tutto questo c’è anche una storia estremamente divertente per un pubblico ampio, arricchita da delle performance straordinarie”.   

 

 



Thandie Newton interpreta la giornalista che il ventunenne Rupert Turner incontra in un caffè di Praga, dove lei è andata a intervistarlo in merito al libro che ha appena pubblicato, contenente le lettere che lui e Donovan si sono inviati quando Rupert era un ragazzino.

 

“Abbiamo un cast straordinario.

 

Kathy Bates, Susan Sarandon e Natalie Portman sono attrici per le quali faresti follie per averle nel tuo film.
Com’è stato possibile? Lo è stato perché la sceneggiatura è fantastica e stimolante e perché pone una lunga serie di domande.

 

A un attore che legge una sceneggiatura del genere viene voglia di aiutare a rispondere a quelle domande.

Perciò, si può dire che è cominciato tutto dalla sceneggiatura”, spiega la Newton. 

 

 



“Avevo visto i film di Xavier, quindi conoscevo già il suo stile”, dice Kit Harington, celebre per il ruolo di Jon Snow ne Il Trono Di Spade, e che in questo film interpreta il protagonista, il famoso attore John F. Donovan.

 

“Mi sono emozionato molto quando ho saputo che Dolan era interessato a lavorare con me.
Mi faceva piacere perché amo i suoi film, inoltre trovavo questa sceneggiatura estremamente originale.

Non era riconducibile a nessun genere in particolare.

Era bizzarra, emozionante, comica e contemporaneamente tragica”.

 

“Una delle cose più emozionanti di questo progetto secondo me è il cast, che è formato da alcuni degli attori più importanti di Hollywood”, dice Harington.

“Mi dispiace solo di non aver avuto nessuna scena con Natalie, da piccolo avevo una cotta per lei”. 

 

 



Natalie Portman in La mia vita con John F. Donovan interpreta Sam Turner, la madre di Rupert Turner, era anche lei molto emozionata all’idea di lavorare con Dolan: 

 

“Rappresenta una voce giovane e fresca del cinema attuale.
Non si vede molto spesso qualcuno che abbia una visione così personale”. 

 

 



Jacob Tremblay, che interpreta il giovane Rupert Turner, è rimasto molto colpito sia dal ruolo che gli era stato assegnato che dal cast stellare del film.

 

“La cosa divertente del ruolo di Rupert è che rappresenta un personaggio totalmente nuovo che non ho mai interpretato prima d’ora, e che non mi capiterà molto spesso. 

È un personaggio molto maturo”.

 

 



Ben Schnetzer, invece, interpreta il ruolo di Rupert Turner da grande. 

Rupert è un giovane attore in ascesa che ha appena pubblicato un libro sulla sua corrispondenza epistolare giovanile con John F. Donovan.

 

Schnetzer dice che era pronto a interpretare qualsiasi ruolo che Dolan gli avesse offerto, e ha apprezzato molto che il ruolo di Rupert Turner da grande fosse incentrato sul dialogo.

 

“La sceneggiatura di La mia vita con John F. Donovan è una delle più brillanti e straordinarie che io abbia mai letto, mi riferisco alla sua struttura, all’ambizione, alla profondità e alla visione”, dice Schnetzer.

 

“Il cinema è un mezzo fotografico, ovviamente; nei primi film non c’erano dialoghi, sono queste le radici del cinema.
È molto diverso dal teatro, che invece è letterario.

 

Ma questo film è un bellissimo matrimonio tra queste due cose, nel senso che le parole qui sono molto importanti, perché è un film sulle parole e sul potere delle parole.

Riuscire a cogliere tutto questo e perdersi in questa storia è stato un sogno”.

 

 



Kathy Bates interpreta Barbara Haggermaker, l’agente di John F. Donovan.

 

“La cosa che mi ha colpito di più della sceneggiatura è che sembrava una sorta di flipper e la pallina era John Donovan. 

“Viene sballottato e inciampa di errore in errore, vende la sua anima, getta via l’opportunità di diventare quello che sarebbe potuto diventare e rinuncia alla propria identità personale e alla sua identità sessuale", racconta la Bates.

 

Immaginate cosa significhi dover barattare qualcosa che è una parte importante di voi?
Io non vorrei mai dover vivere una vita del genere.

 

Era questo che mi affascinava della sceneggiatura, oltre alle relazioni inusuali tra i personaggi, come ad esempio il rapporto che si crea tra Rupert e John.

Il rapporto di amicizia tra il mentore e il ragazzo è bellissimo.

Il fatto che possa essere distorto in qualcosa di puerile e orrendo è profondamente triste”. 

 

 



“Xavier e Jacob hanno scritto dei ruoli straordinari.

Abbiamo un cast di grandi attori, di cui molti sono donne. E sono tutti dei ruoli femminili meravigliosi”, dice Lafontaine.

 

“Hanno visto tutte Mommy e sanno che Dolan è bravo a scrivere i ruoli femminili.

È capace di renderli affascinanti, articolati e piacevoli. Riesce a farci provare empatia verso di loro anche quando sono nei loro momenti più bui”.

 

Dolan riesce a immaginare degli attori specifici in ruoli specifici già quando è nella fase di scrittura della sceneggiatura, è una delle caratteristiche del metodo di Dolan e proviene dal suo amore per la recitazione e per gli attori. 

 

 



Come dice lui stesso la recitazione è:

“La mia sola e unica passione, a livello cinematografico, ad essere onesto.

 

Poi c’è la creazione e l’esplorazione artistica. I costumi, il design, le luci, la fotografia... Amo anche tutto questo ma il vero contenitore secondo me è la recitazione.
È ciò che amo di più.

 

Adoro e ammiro moltissime cose degli attori e della recitazione”.

 

“Molti attori affermati desiderano dirigere prima o poi.

Gli attori sono persone curiose, vogliono sapere cosa si prova a essere qualcun altro, a ridere come qualcun altro, quindi a un certo punto vogliono anche fare qualcos’altro”, dice Dolan facendo riferimento alla dualità e alla progressione della sua carriera.

 

In merito al modo in cui lo influenza come regista il fatto di essere lui stesso un attore, aggiunge:

“Non dirigo mai gli attori, mi rivolgo a loro con le parole degli attori.

Loro sono sempre stati aperti e tolleranti con me e con il modo in cui dirigo”. 

 

 



Dolan si fida dei suoi attori e del loro talento.

“Natalie è stata molto creativa, e questa è una cosa molto importante per me”, dice Dolan.

 

“Anche Kathy Bates è stata incredibilmente creativa.

Thandie Newton e Ben Schnetzer sono stati affascinanti e curiosi e hanno dato prova della loro grande intelligenza.

Tutti hanno dimostrato di avere una grande passione: erano sempre pieni di idee e di risorse.

Recitare è questo.

C’è sempre un flusso costante di idee e di sorprese. È un gioco, nel quale ci divertiamo e ridiamo”. 

 

“Nonostante sia molto giovane, Dolan lavora nell’industria cinematografica già da diverso tempo e capisce bene come funziona”, dice Kit Harington.

 

“I film sull’industria cinematografica sono molto difficili da realizzare perché rischiano di essere considerati autoindulgenti, ma questo film è un ritratto molto accurato di questo mondo.

Posso dirlo con sicurezza perché vivo in questo ambiente da un po’ ormai e quello che ho visto su questo set è stato realizzato molto intelligentemente”.

 

 



Tierney spiega il loro desiderio di evitare i cliché.

 

“Abbiamo cercato di tenerci alla larga dal gossip perché tende a invecchiare male”, dice lo sceneggiatore.

“In La mia vita con John F. Donovan c’erano molte battute maliziose sull’industria cinematografica nella prima versione della sceneggiatura che poi sono state tolte perché erano troppo specifiche, più ci facevano ridere, meno sarebbero state divertenti tre mesi dopo riguardandole.

Per questo è molto difficile fare un film sul cinema”.

 

“Non conosco nessuno che ami il cinema più di Xavier”, dice Tierney.

 

“Lui adora soprattutto i filmoni. Il suo film preferito è Titanic, quindi vuole fare dei film grandi, pieni di emozioni, magnifici, stimolanti e grandiosi.
Le cose che gli piacciono dei film sono le stesse cose che piacciono a tutti, la grandiosità, l’abilità di riuscire a emozionarti e a trasportarti in altri luoghi, in altri mondi”. 

 

 

 

 

Secondo Lafontaine Dolan è bravissimo a farti provare empatia per i suoi personaggi, nonostante tutti i loro difetti.

 

“È questa la sua forza.

Ad esempio, in Mommy non riesci a schierarti con un personaggio piuttosto che con un altro”, spiega il produttore.

 

“Alla fine capisci che lei agisce nel modo in cui agisce perché non ha altra scelta.

Anche in Laurence Anyways e Il Desiderio di Una Donna succede lo stesso, capisci che il protagonista è stato costretto a subire quella trasformazione.

Cercava di essere gentile con la sua fidanzata, cercava di essere una brava persona, ma è stato costretto a subire quella trasformazione.

 

Lei cerca di stargli vicino, ma fallisce. La vita va così.

A volte cerchi di fare qualcosa, ogni tanto ci riesci, spesso fallisci, ti rialzi e ci provi di nuovo.

Questo film parla anche di questo”.

 

 



Secondo la Newton questa esperienza è stata preziosa.

 

“Voglio evitare di dire che è un film importante, perché non è una medicina”, dice la Newton.

 

“La sua importanza dipende dagli spettatori. Per alcuni sarà molto importante, ma non voglio essere così presuntuosa da dire che sarà importante per tutti.
Per me lo è stata: mi ha fatto imparare molte cose, mi ha cambiata”.

 

“È senza dubbio un film su Hollywood, ma mostra anche gli alti e i bassi di una persona che si perde, che non è fedele a se stessa e che si nasconde”, dice la Hampshire.

“C’è una citazione all’inizio di La mia vita con John F. Donovan che ha scritto Xavier:

‘Torna a casa stella del cinema’.

 

Ebbene in questo film John torna a casa, non solo letteralmente, ma anche nel senso che torna al vero se stesso”.

 

 



Keeso si identifica molto in questa storia e la considera una sorta di ammonimento.

 

“Mi identifico con la sceneggiatura, con quello che succede a John e con la pressione a cui viene sottoposto."

 

"È normale quando si vuole scalare Hollywood”, dice Keeso.

“Se vuoi essere una celebrità, devi metterlo in conto. È per questo che non voglio andare lì.

 

Ci sono stato e ho capito che voglio trovare una strada diversa, voglio trovare la longevità in questo business, e questo ambiente mi spaventa molto.

Non avevo ancora fatto niente e già avevo una pressione enorme addosso.

 

C’è qualcosa di strano in quella città, è come una pentola a pressione.

Vedere ciò che quella città fa a John F. Donovan ha rafforzato la mia convinzione di non volerci trascorrere troppo tempo, questo è poco ma sicuro!” 

 

 

 

Secondo Tierney,

“La battaglia che John combatte è una battaglia con l’onestà.

John viene sacrificato sull’altare della sua paura, ma sperabilmente il suo sacrificio spinge il ragazzino [Rupert] ad essere onesto con se stesso, a compiere un passo e a fare un respiro profondo”.

 

“È una storia molto particolare su un giovane uomo che nega la sua integrità, la sua personalità, la sua persona, per un obiettivo che potrebbe non raggiungere mai: diventare una star”, ribadisce la Bates.

“E il ritratto che fa di Hollywood è molto cupo”.

 

La Portman dice che anche se la storia è cupa il suo scopo non vuole essere fare una lezione di moralità.

 

“Non so se la definirei una storia ammonitrice”, spiega la Portman. 

“Prima di tutto, Rupert sostiene l’espressione individuale, sia che tu sia un ragazzino che una famosa star della TV.


Questi personaggi dovrebbero poter essere liberi di essere chi sono senza che nessuno cerchi di tarpargli le ali, come quando Sam dice a Rupert di essere umile e lui le risponde ‘Io non sono così, non sono umile, non sono normale, sono diverso’, e le dice che non dovrebbe cambiare chi è solo per far sentire a proprio agio le altre persone”.

 

 



“Dopo aver visto questo film è difficile guardare le persone celebri nello stesso modo”, conclude Schnetzer.

“È soprattutto un film sull’amicizia e sull’identità”.

 

“Oggi più che mai, viviamo in un mondo in cui l’autenticità è fondamentale”, dice Tierney.

“Abbiamo voglia di sentire altre voci. Abbiamo voglia di sentire storie di altre persone.

Non vogliamo più vedere dei film su dei bianchi in Africa.

 

Non vogliamo che siano gli uomini a raccontare delle storie alle donne.

Vogliamo sapere qual è la tua verità come artista. Per Xavier, tutto questo è essenziale, e lui è in grado di raccontarlo in modo onesto e illuminante, perché è una persona incredibilmente coraggiosa e onesta nella sua vita, ed è anche un grande artista.

 

Riesce a prendere questi elementi così diversi e a trasformarli in qualcos’altro.

Riesce a farti provare delle cose che altrimenti potresti solo immaginare di provare.

 

Uno dei doni di La mia vita con John F. Donovan è il fatto che riesce a farti sentire, e non solo pensare. I suoi film sono simili all’opera.

Sono dei melodrammi, sono dei drammi con la musica, cioè dei drammi pieni di sentimenti, e questa è una cosa che adoro”.

 

 



Nonostante l’ambizione narrativa del film, Dolan sarebbe già felice se La mia vita con John F. Donovan rappresentasse anche solo una pura forma di intrattenimento per gli spettatori.

 

“Spero che questo film li emozioni, non voglio dire che sia il mio unico desiderio, aspiro a molto di più per il pubblico”, dice il regista sorridendo.

“Ma dico sul serio, anche se si divertissero e si emozionassero solamente, sarei già soddisfatto.

È una storia avvincente.

 

Si muove rapidamente, passiamo continuamente da un mondo all’altro.

È un film ideato per piacere alla gente, per farla ridere e piangere, e per farla pensare, ma non troppo." 

 

 



"Ovviamente, c’è anche il tema della diversità e dell’identità che è attuale.

 

È sempre stato attuale parlare di identità e di diversità, ma oggi è importante più che mai parlare dell’intolleranza che si verifica in ogni luogo del mondo, soprattutto in America.
Pensiamo che il pregiudizio sia morto e sepolto, ma non è così, è ovunque, è di questo che parla il film, oltre che del fatto che si possa essere se stessi e piacere comunque al pubblico"
, continua Dolan.

 

"Spero che la gente si diverta vedendolo, ma spero anche che capisca il suo messaggio e che ci rifletta su quando tornerà a casa.

Mi auguro che gli spettatori riportino a casa con loro un pezzo di questa storia”.  

 

La mia vita con John F. Donovan esce in Italia il 27 giugno 2019, distribuito da Lucky Red.

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