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Rocketman - Recensione: un musical onirico e maledetto

Dexter Fletcher dirige Rocketman, pellicola dedicata alla popstar britannica Elton John

''In Italia, sotto i Borgia, per trent'anni hanno avuto guerre, terrore, assassinii, massacri: e hanno prodotto Michelangelo, Leonardo da Vinci e il Rinascimento.

 

In Svizzera, hanno avuto amore fraterno, cinquecento anni di pace e democrazia, e cos'hanno prodotto? Gli orologi a cucù.''

 

Orson Welles pronuncia questa battuta ne Il Terzo Uomo, noir britannico diretto da Carol Reed, gettando benzina sul fuoco di una delle questioni più affascinanti mai sollevate dall'uomo sull'uomo: sofferenza e genio sono collegati?

 

Registi, cantanti, inventori, compositori, scrittori, fumettisti, grandi sportivi, nominate una categoria nella quale rientrino esseri eccezionali capaci di marcare con il loro fervore la storia dell'umanità e molto spesso troverete alle loro spalle una storia incredibile.


Un vissuto difficile o una mano di carte davvero sfortunate, sono benzina a nutrire l'ossessione generata dal talento, la cui radice è individuabile in una forma di naturale compensazione, un rimedio sviluppato da un essere il cui DNA dovrebbe renderlo animale sociale perfetto e che invece risulta essere un'anomalia, un individuo incapace di cominicare secondo le convenzioni e perciò incomprensibile ai suoi simili.

 

 

 

L'immagine finale dell'artista è sempre associata alla fama, al successo, al denaro, ai comfort, alle avventure vissute da esseri eccezionali in compagnia di altri esseri eccezionali. 


Invece, quello che il pubblico spesso dimentica è che dietro il divo, dietro il nome illuminato dai riflettori, esiste un uomo fatto di carne e sangue, di dubbi e ansie, di paure e incertezze di mortalità, dotato di un cuore che pompa adrenalina e di un animo infettato da una sensibilità che lo lascia vulnerabile a qualcosa d'impercettibile per molti e che diventa evidenza quando, attraverso le sue creazioni, si palesa al mondo. 


L'artista è maledetto dalla solitudine, dalla mancanza delle normali capacità di espressione ed empatia che gli permetterebbero d'interagire con tutti gli altri senza timori. 


L'artista è un freak, un animale anomalo ripudiato dalla sua stessa razza il cui unico cruccio sarà quello di spendere ogni fibra del suo essere e del suo ingegno al fine di riconnetersi ai suoi simili. 

Se le persone sapessero cosa significa davvero essere unici, farebbero tutto ciò che è in loro potere per uniformarsi alla massa e, cosa che un sociologo saprebbe spiegare meglio del sottoscritto, è fondamentalmente ciò che milioni di persone fanno tutti i giorni.

 

L'artista soffrirà l'abbandono, prima di trovare se stesso. 

Patirà il palese senso di non appartenenza ogni volta che tenterà d'indossare una maschera di altrui artificio.

 

Siederà a piedi nudi sulle rive di quel vuoto generato dall'implosione emotiva scatenata dall'impatto tra le particelle cosmiche della sua identità e dell'abiura impostagli dalla corrente, dell'impossibilità di rendersi chiaro al mondo, dell'accumulo di risentimento e dolore, rabbia e passione, voglia di grida e paralizzante timidezza, incomunicabilità nel suo stato più puro e fredda insicurezza. 

 

 

 

 

Rocketman di Dexter Fletcher è un film onesto, capace di riflettere le peggiori inclinazioni di un uomo geniale nato bambino sbagliato e divino, attraverso un racconto che di reale, di biopic, di attinente al piano della descrizione didascalica, tipica spesso del genere in esame, ha poco e nulla. 


Il biopic si perde spesso nell'esaltazione dell'uomo confondendolo con il mito, romanzando oltre le aspettative dello spettatore e sovraesponendo il racconto con le luci della ribalta che accecano il pubblico e gli ammiratori. 
Altre volte, invece, l'errore è quello di mettere in scena un sunto necrologico da giornale, il coccodrillo che solitamente i giornali pubblicano quando danno la notizia della dipartita di un personaggio X.

La storia di Elton John messa in scena in Rocketman riesce nella non facile impresa di lasciare da parte la ricostruzione cronologica e didascalica della vita del cantautore e compositore per dedicarsi invece al racconto di una storia fantastica, dove l'estro e l'anima delle canzoni più significative e vicine all'animo dell'artista prendono vita all'interno degli eventi, descrivendo un musical onirico crudo e onesto, il cui focus è quello di mostrare al pubblico gli anni cruciali dell'artista, descrivendo la parabola di discesa e ascesa all'inferno di una figura geniale maledetta da se stesso e dalle sue mancanze. 

 

 



Taron Egerton Kit Connor danno corpo e voce a Reginald Kenneth Dwight prima ed Elton John poi, dando forma a un personaggio fallibile, perseguitato da una vita fatta di maschere da indossare e sfilare, dove la scalata verso il successo non è il fine ma la conseguenza di un uomo incredibilmente talentuoso alla ricerca dell'amore attraverso l'unica forma di comunicazione che conosce: la musica. 

 

Fletcher gioca quindi con le composizioni musicali, cercando di affrontare la narrazione non dal punto di vista di un film che racconta Elton John ma lasciando lo stesso personaggio parlare di sé in prima persona, mettendo le sue canzoni e la verve del personaggio, quindi l'unica forma di comunicazione conosciuta dall'artista, al servizio del racconto, facendone linguaggio, punto di partenza e congiunzione per gli snodi narrativi ed emotivi della sceneggiatura. 

 

Rocketman porta al pubblico un artista dalla forte carica empatica, un outsider reso tale dalla sua umanità pulsante, dalle lacrime che versa quando la sua famiglia gli nega l'amore che dovrebbe avere ogni figlio, dalla rabbia che lo domina quando chi lo circonda lo rigetta, dai vizi che lo imbrigliano e lo guidano a obnubilare e reprimere i suoi sensi, dall'egoistica cecità che lo rende incapace di vedere l'unica persona che lo ama davvero, dalla felicità che prova quando respira il suo elemento e dall'insicurezza di un ragazzo che ha paura di diventare qualcosa, qualsiasi cosa, cedendo quindi all'isteria dei momenti e delle situazioni.

 

 

 

 

Taron Egerton compie un lavoro meraviglioso nel perdersi nei panni di un artista unico, donando la sua carne e il suo canto alla rappresentazione di un genio del tempo moderno, assecondando le visioni scritte in sceneggiatura e messe in scena da una regia che amalgama il racconto biopic con lo spazio sopra le righe di un musical ricco di slancio, aperto a interpretazioni dure tanto quanto dinamiche di vita in musica, portando sullo schermo il concetto di Elton John più che la mera apparenza o il limitante travestitismo di un attore e un set che si mascherano. 

 

Dexter Fletcher usa piani sequenza, si muove cercando di non dare l'impressione che quel musical sia la mera trasposizione in cinema di qualcosa di riproducibile pedissequamente a teatro, regalando allo spettatore una visione cinematografica, mostrando il sesso e la droga, la violenza dei gesti e le conseguenze del tempo sulle persone e sui rimpianti, sulle cose non dette e quelle irrisolte. 


Elthon John è Rocketman, il suo talento Tiny Dancer, la sua anima Your Song, la sua redenzione I'm Still Standing e tutto diventa mise en scene e storytelling, regia e sceneggiatura, donando al pubblico la perfetta dimensione di un personaggio che è inscindibile dalla sua arte, dalla sua voce e dal suo piano e che ha trovato se stesso non esclusivamente attraverso essa ma nonostante essa, scavando alla ricerca della criptonite emotiva per uccidere le parti peggiori di sé e del suo passato, imparando il perdono e la comprensione, cercando strade alternative al dolore e imparando a chiedere aiuto comunicando finalmente come Elton John ma libero di sentirsi accettato nell'esperienza umana.

 

 

 

 

Rocketman fonde la messa in scena di un dramma, i toni della commedia e spazia nel fantastico quando deve fondere il testo delle canzoni scritte per Elton da Bernie Taupin con la musica ideata dal genio britannico, portando sul grande schermo sezioni di un musical onirico elegante e trasognato, eppure onesto e avvincente. 


Il film di Dexter Fletcher entra in quell'olimpo di biopic musicali che hanno capito come inserire organicamente l'artista, la sua arte e il racconto romanzato, camminando sulla stessa strada di quel piccolo capolavoro che è il Jersey Boys di Clint Eastwood e proponendo al pubblico uno spettacolo d'intrattenimento completo, che dà potenza all'Elton John show man e tenerezza all'Elton John umano.

 

Rocketman non riscrive la Storia, ma ricorda come dietro tanta bellezza si celi spesso il cuore di un uomo difettoso, perso nella solitudine dello spazio siderale.

 

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