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Fuori - Recensione: liberami perché "Sinnò me moro"

Mario Martone racconta uno squarcio di vita della scrittrice Goliarda Sapienza: un affresco privato e pubblico di un pezzo di Storia dell'Italia

Fuori è il nuovo film diretto da Mario Martone in concorso alla 78ª edizione del Festival di Cannes con protagoniste Valeria Golino, Matilda De Angelis e Elodie.

 

Nostalgia era il titolo del precedente film di Mario Martone.

Un sentimento che sembra permeare costantemente anche Fuori e che ne condiziona sia la messa in scena sia la narrazione.

 

La nostalgia non appartiene a un luogo preciso (come accadeva nel film con protagonista Pierfrancesco Favino), ma a uno stato mentale derivato dalla privazione della libertà data dal carcere.

 

[Il trailer di Fuori]

 

 

Sembra un paradosso, ma è dietro le anguste sbarre del carcere di Rebibbia che Goliarda Sapienza (Valeria Golino) trova finalmente l’arte della gioia, una possibilità di evasione dai salotti borghesi ai quali pensava di essere relegata.

 

Le ombre filmate dalla fotografia di Paolo Carnera diventano dunque il prolungamento delle anime delle detenute, capaci di unirsi in abbracci spezzati dal loro canto sulle note di Sinnò me moro

È a questa sorellanza che la scrittrice romana continua a ritornare con la mente, entrata in carcere per un furto di gioielli e uscita scombussolata o, forse, innamorata. Con un procedere ondivago, Fuori costruisce lavorando in sottrazione una geografia sentimentale e sociale che parte dalla vita di Goliarda Sapienza fino a estendersi all’Italia intera.

 

Non c’è pace se prima non c’è parità; non c’è amore senza la lotta per ottenerlo.

La sofferenza, dunque, in Fuori è una costante che accomuna gli sguardi delle protagoniste, ognuna con traumi irrisolti e taciuti.

 

L’evasione avviene solo varcando le stanze del ricordo, come nell’ammaliante sequenza in cui Goliarda entra nel bagno del nuovo negozio di Barbara (Elodie) scoprendo un luogo virginale nel quale fare una doccia insieme alle sue amiche: un modo per lavarsi di dosso tutti i demoni che camminano sottopelle.

 

[Valeria Golino è una straordinaria Goliarda Sapienza in Fuori]

 

Il corpo (“Hai paura a farti vedere nuda?”) diventa la testimonianza viscerale di un mondo sospeso tra l'inafferrabilità del ricordo (“Pensa se avessimo avuto una stanza così a Rebibbia”) e l’incertezza del presente, un fardello su cui scorrono i segni del tempo come le vene nere marchiate dall’eroina (“Ti fa male?”).

 

Martone lavora con grande sensibilità sullo scorrere del tempo, cercando di intercettare lo stato d’animo dell’epoca - siamo negli anni ‘70 - cogliendone la rabbia e il disordine.

Fuori può apparire un film “umorale” che passa dall'euforia alla tragedia in pochi secondi - Roberta (Matilda De Angelis) è simbolica in questo - ma è in questi passaggi che Martone registra la complessità dei suoi personaggi. Non c’è spazio per il manicheismo d’opinione, ma a essere rilevante è la coscienza sociale laddove la politica veniva (viene) vista come una piaga. 

 

Non è di certo un caso che una delle prime domande fatte a Goliarda quando entra nella sua cella è: “Sei una politica?”, con le istituzioni lasciate nel fuori campo mentre nelle carceri e nelle strade il popolo o muore o arranca.

 

[Fuori: Roberta, Goliarda e Barbara nel carcere di Rebibbia]

 

Le geometrie dei palazzi del potere - che possono ricordare in alcuni momenti quelle de Il conformista di Bernardo Bertolucci - si contrappongono alle piazze di Roma immerse nella luce desaturata, mostrando uno scontro ideale anche nel lavoro scenografico. 

 

Il privato della storia della scrittrice è il riflesso pubblico di un mondo in tumulto che spesso si tende a giudicare con superficialità, ma che nasconde invece - ancora il personaggio di Roberta - una valigia ricolma di speranza fatta di parole che acquistano un significato importantissimo di lotta di classe.

 

Ecco allora che la scrittura non è “solo” un mezzo di evasione, ma il simbolo dell’anima di un Paese intero che rivive ogni volta che sfogliamo le pagine che raccolgono le testimonianze dell’epoca. 

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