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I tre moschettieri - Milady - Recensione: lezione di blockbuster

Il secondo capitolo della dilogia di Martin Bourboulon sui leggendari spadaccini di Alexandre Dumas dimostra come andrebbe girato un blockbuster che non perde di vista i suoi personaggi, mantiene il cuore della storia e rispetta il suo pubblico

I tre moschettieri - Milady inizia dov'era finito il primo film, I tre moschettieri - D'Artagnan, giusto per mettere in chiaro che non abbiamo di fronte un sequel in senso stretto, bensì la metà di una dilogia che andrebbe per questo vista nel suo insieme per essere apprezzata a dovere. 

 

Diretta da Martin Bourboulon con un budget di circa 70 milioni di euro, la coppia di film dedicati agli spadaccini di Alexandre Dumas è a mio avviso un esempio di come sia effettivamente possibile girare un vero e proprio blockbuster dando al pubblico ciò che si aspetta da un'opera di questo tipo - tanta azione e tanti duelli, tragedie e momenti leggeri, location incredibili e un impianto produttivo visivamente imponente - riuscendo contestualmente a non scivolare nella trappola in cui prodotti simili spesso si trovano invischiati. 

 

[Il trailer italiano de I tre moschettieri - Milady] 

 

 

Così come il film precedente, anche I tre moschettieri - Milady è infatti prima di tutto un'opera curata nel dettaglio, dove tutte le componenti tecniche mostrano muscoli e grazia, la sceneggiatura è solida e i personaggi credibili e coerenti. 

 

I tre moschettieri - Milady è dunque secondo me uno di quei film dove si vedono e si sentono i tanti milioni spesi, ma che riesce allo stesso tempo a non buttare via la messa in scena, che invece è sempre curata, e a restituire agli spettatori un senso di epica che ultimamente anche il Cinema hollywoodiano fatica a rappresentare. 

Ritroviamo qui Eva Green nel ruolo di Milady de Winter, la seducente, ambigua e melliflua spia che lavora per conto del cardinale Richelieu, e il titolo del film non è bugiardo: il personaggio è a tutti gli effetti il nucleo della storia, il centro per cui passano tutti i fili che compongono la vicenda e - nonostante non sia Milady ad avere lo screentime maggiore - il suo è uno di quei personaggi che percepisci muoversi nell'ombra anche quando non lo si vede. 

 

L'attrice sembra voler costringere chiunque a scrivere che "è nata per interpretare Milady" e in effetti sembra impossibile non pensarlo guardando il film. 

 

Dopo un breve ma utile riassunto del film precedente e un rapido dialogo strategico tra re Luigi XIII e il cardinale I tre moschettieri - Milady inizia lanciandoci direttamente in una frenetica sequenza di evasione da una prigione e il ritmo praticamente non cala quasi mai per le due ore successive.

Milady è coinvolta in un complotto che mira a guidare la Francia verso una guerra contro la perfida Albione, sfruttando un'insurrezione degli Ugonotti, in modo da riuscire a detronizzare re Luigi XIII (Louis Garrel); i quattro moschettieri D'Artagnan (François Civil), Athos (Vincent Cassel), Porthos (Pio Marmaï) e Aramis (Romain Duris), ci regalano ancora una serie di azioni rocambolesche e duelli girati con gusto e con un mirabile team di stuntmen.

 

La prima movimentata sequenza del film vede coinvolti proprio i personaggi di Green e Civil, quasi come se si trattasse di un passaggio di testimone tra i due che danno il titolo ai rispettivi film. 

 

 

[Vincent Cassel ne I tre moschettieri - Milady è Athos, il moschettiere più tormentato e affascinante]

 

 

D'Artagnan resta ancora il più coinvolto, anche grazie alla missione che si trova a compiere per ritrovare la sua amata Constance Bonacieux (Lyna Khoudri), Vincent Cassel ci mette molto mestiere, ma è anche innegabile il magnetismo e il carisma dell'attore, che veste i panni di un Athos che in questo capitolo è protagonista di una rivelazione importante. 

 

Per lunghi tratti I tre moschettieri - Milady mi è parso anche più gradevole del suo predecessore: la fotografia a livello compositivo presenta la medesima cura formale, ma dal punto di vista delle tonalità cromatiche abbiamo ancora un'opera più terrea, più ancorata alla realtà del fango e della nebbia; il plot si dipana come nella migliore tradizione delle spy story, dove ogni personaggio sembra muoversi allo stesso modo a favore di tutte le fazioni in gioco. 

 

 

[François Civil e Romain Duris ne I tre moschettieri - Milady]

 

Il punto che mi ha convinto meno riguarda il coinvolgimento di Romain Duris eesoprattutto di Pio Marmaï, rispettivamente Aramis e Porthos, che troppo spesso mi hanno dato la sensazione di essere meri personaggi di supporto, relegati a recitare quasi solo nelle parti secondarie della trama generale con il risultato di apparire quasi dei comic relief e non dei reali co-protagonisti. 

 

Va anche detto però che I tre moschettieri - Milady è talmente denso di avvenimenti che probabilmente questa era l'unica strada percorribile per non avere un'opera dalla durata fluviale, dove il rischio è di cadere dalla parte opposta del problema ed esagerare nella presenza di personaggi che, a mio avviso, hanno comunque molto meno da esprimere rispetto a D'Artagnan, Milady e Athos. 

 

 

[I tre moschettieri - Milady è girato praticamente solo in location esistenti, un dettaglio che aggiunge enorme realismo alla storia]

 

 

I tre moschettieri - Milady è secondo me un film in grado di piacere a chiunque, dai fan del romanzo originale rispettato nella sua essenza (nonostante qualche libertà nel plot) agli spettatori che cercano del sano escapismo cinematografico, dal pubblico più esigente e attento alla ricostruzione storica fino a coloro che vanno in sala per guardare un buon prodotto che unisce abilmente arte e botteghino. 

 

La macchina da presa di Martin Bourboulon volteggia in mezzo all'azione spesso senza nessuno stacco nonostante le lunghe e complicate coreografie dei duelli, ed è doveroso un plauso al reparto fotografia capitanato dal canadese Nicolas Bolduc - già collaboratore di Denis Villeneuve su Enemy - ma anche al team che ha creato i duelli, ai maestri d'armi e ai responsabili degli effetti pratici, ai location manager e ai costumisti.  

 

L'unico punto dolente del film - per modo di dire - riguarda la domanda che mi ha obbligatoriamente fatto nascere in testa a fine visione, come capita ormai sovente dopo aver visto certe opere che arrivano dalla Francia: perché in Italia è impossibile pensare di produrre film di questo tipo? 

Le storie le abbiamo, le capacità anche, il pubblico non manca, forse manca solo un po' di coraggio da parte di chi dovrebbe produrle. 

 

Mi auguro allora che I tre moschettieri - Milady possa darci una lezione anche da quel punto di vista. 

 

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