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Il ragazzo e l'airone - Recensione: l'umanità di Miyazaki

L'ultimo film del Maestro Hayao Miyazaki riflette sulla condizione umana

Il ragazzo e l’airone è l’attesissimo film di Studio Ghibli diretto da Hayao Miyazaki dieci anni dopo il suo precedente successo Si alza il vento.

 

L’annuncio della nuova pellicola del Maestro ci fu già nel 2016, ma a causa di vari avvenimenti tra cui la pandemia di COVID-19, l’uscita in sala de Il ragazzo e l’airone ci ha messo più tempo del previsto anche se Studio Ghibli ha chiarito che non vi fossero dei veri limiti né di budget né di tempo. 

 

[Il trailer de Il ragazzo e l'airone]

 

 

Durante la Guerra del Pacifico, il giovane Mahito Maki perde la madre in un incendio in un ospedale di Tokyo; due anni dopo Mahito e suo padre si trasferiscono in campagna, dove abitava la famiglia di sua madre e sua zia Natsuko, ora incinta e moglie del padre.

 

Il dodicenne fa fatica ad accettare la sua nuova condizione e la sua nuova vita, non avendo completamente superato il lutto della madre.

Se questo non bastasse, una strana figura lo tormenta: è un airone cenerino, che sembra richiamarlo a sé.

 

Mahito, infastidito, sceglie di seguire l’airone cenerino nonostante abbia un cattivo presagio: è così che si ritrova catapultato in un luogo fantastico e misterioso, che gli svelerà qualcosa in più di sé e della sua famiglia. 

 

 

[Una scena de Il ragazzo e l'airone]

 

Il titolo originale de Il ragazzo e l’airone “E voi come vivrete?” è tratto dall’omonimo romanzo di Genzaburō Yoshino, da cui Hayao Miyazaki prende frammenti e li plasma mettendoci un po’ di sé e della magia che ha sempre accompagnato il suo modo di fare Cinema.

 

Se con Si alza il vento il regista rifletteva su quell’imponente realtà che schiacciava i sogni concentrandosi sul vissuto vero e tangibile, in questa pellicola i sogni sussistono con la realtà, divengono parte di essa. 

Superato dunque l’ostacolo dell’età adulta, Hayao Miyazaki sceglie di fare un passo indietro tornando alla giovinezza, riprendendo la sua precedente filosofia ma rinfrescandola, aggiungendo nuovi elementi.

 

Sebbene strutturalmente Il ragazzo e l’airone ricordi il film più famoso del Maestro, La città incantata, e il protagonista si perda nei meandri di un mondo meraviglioso come una novella Alice nel Paese delle Meraviglie, il magico lascia spazio all’esplorazione di un tasto dolente che è sembrato, nel tempo, appartenere più a Isao Takahata, l’altro grande pilastro di Studio Ghibli: il "sentire", arrivando a toccare in modo prettamente intimo.  

 

 

[Una scena de Il ragazzo e l'airone]

 

 

Sia chiaro: il sentimento non manca nelle pellicole miyazakiane, ma è giusto ricordare che Hayao di solito preferisce un racconto privilegiato nel quale tratta temi in modo diretto, mettendo da parte drammi e debolezze di alcuni personaggi per fini più grandi. 

 

Ne Il ragazzo e l’airone, invece, tutto parte proprio da una debolezza, la perdita di una persona cara, una tristezza incolmabile che solo il protagonista stesso può affrontare attraverso la consapevolezza. 

La riflessione sull’assenza, sul vuoto e sul senso di inadeguatezza a causa di una mancanza avviene tramite eventi che - a volte anche didascalicamente – mostrano il bisogno di sviscerare l’io interiore senza dimenticare quello che succede al di fuori del singolo vissuto: solo attraverso questo processo si può definire il proprio ruolo nella condizione umana.

Il tema ecologico, quello della morte e dell’accettazione sono stati affrontati in generale da Studio Ghibli, ma in questo caso accompagnano un pensiero di condivisione e di profonda empatia, di responsabilizzazione sociale ma anche di rispetto spirituale verso di sé.

 

Il ragazzo e l’airone è a mio avviso una pellicola che può essere considerata all’apparenza confusionaria, ma solo perché va rivelata lentamente, strato per strato, per poi essere ricongiunta e perfettamente incasellata. 

La summa di un percorso grandioso, immenso e paziente, in cui regna l’amore di Hayao Miyazaki per l’animazione, per il suo lavoro, per gli innumerevoli ideali.

 

Più semplicemente: per un’umanità migliore.

 

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1 commento

Giacomo Camilli

3 mesi fa

Il titolo originale e voi come vivrete? Mi aiuta di più a capire il finale e forse il senso del film

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