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Le mie poesie non cambieranno il mondo - Recensione: vita e opere di Patrizia Cavalli

Il documentario sulla poetessa Patrizia Cavalli prodotto da Fandango, scritto e diretto dagli scrittori Annalena Benini e Francesco Piccolo, racconta in un'ora e mezza le inclinazioni e l'opera di una donna straordinaria

Patrizia Cavalli si introduce in Le mie poesie non cambieranno il mondo con una domanda: "Ma ditemi un po’: come è la struttura di questa cosa?"

 

Non vuole gettarsi in un progetto senza capo né coda, né in uno raffazzonato, desidera conoscere lo scheletro sul quale si reggerà l’impalcatura del documentario che la racconta, così forse si potrà concedere un po’. Non lo fa.

 

[Il trailer de Le mie poesie non cambieranno il mondo]

 

 

Le mie poesie non cambieranno il mondo è, a mio avviso, un prodotto di per sé dimenticabile; non ho visto scelte di regia particolarmente audaci.
 

È ridotto all’essenziale: parla solo Patrizia, è l’unica che, e lei stessa lo dice, può raccontarsi. 

Cavalli è un’intrattenitrice, una che avrebbe potuto fare come Fran Lebowitz: smettere di scrivere e andare in giro per il mondo a parlare, e il mondo avrebbe acquistato i biglietti per lei. 

 

Chiamati a intervistarla, Annalena e Benini e Francesco Piccolo, che Cavalli definisce due amici, sanno che non è un compito facile, lo si intende dal tono con cui le pongono le domande e dai pochi sguardi che concedono alla camera; proprio mentre Benini si appresta a fare la prima domanda squilla il telefono, Patrizia risponde: è Diana.

 

“Sono con due amici, stiamo facendo quella cosa di cui ti parlavo, ciao”.

Annalena reagisce: “Ma come? Non le hai detto che la dovremo intervistare!”

“Ah, già.” 

 

Questo dialogo è sufficiente a condensare la natura del documentario, che è intermezzato da siparietti dove è Patrizia a tirare le fila dei burattini, a decidere quando pronunciare una spassosa battuta e quando invece cominciare a dire che fa tutto schifo, che non ha vissuto abbastanza e che le scelte degli sceneggiatori sono cheap

 

 

[La poetessa Patrizia Cavalli in un filmato d'archivio ne Le mie poesie non cambieranno il mondo]  

 

 

Nella seconda parte di Le mie poesie non cambieranno il mondo Patrizia, che fino a quel momento abbiamo visto soltanto in casa, finalmente gira per Roma accompagnata dai due autori del film.

 

I tre hanno in comune la scelta: non sono capitati a Roma né ci sono nati casualmente, ma hanno scelto di farne la loro casa e il tema della scelta fuoriesce da ogni parola di Patrizia Cavalli, specie all’inizio quando descrive la sua prima giovinezza romana dicendo “Ero sola, solissima.

Chissà come ho fatto ad avere degli amici, poi."

 

Poi si ricorda che da ragazzina a Todi aveva scelto il più strambo della città, un ragazzo più grande che danzava, aveva degli amici a Roma e quando ci andava portava con sé Patrizia, che odiava stare a Todi. 

 

Tramite quegli amici ne ha conosciuti altri, poi altri ancora, fino a che non si è ritrovata, finalmente, a vivere la sua vera vita, quella che le apparteneva. 

 

Le mie poesie non cambieranno il mondo dunque non parla di Patrizia Cavalli poetessa, ma di una donna che si è accidentalmente trovata nella poesia, che si doveva cercare e che ha trovato il proprio riflesso nella parola.

 

La poesia è stata soltanto la forma più adatta alle persone pigre come lei.

 

[articolo a cura di Matilda Ferraris]

 

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