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As Bestas - Recensione: la semplicità bestiale della paura

Rodrigo Sorogoyen fa un ulteriore step di maturità con il suo ultimo film, As Bestas, arrivato nelle sale dopo l'incetta di Premi Goya

As Bestas - La terra della discordia è finalmente arrivato nelle nostre sale grazie a Movies Inspired e Lucky Red.

 

Si tratta senza dubbio di una delle produzioni spagnole dell'anno, come testimoniano le 9 vittorie su 17 candidature ai Premi Goya di questa ultima opera di Rodrigo Sorogoyen, vero e proprio simbolo di una nuova generazione di autori iberici capaci di ibridare generi e linguaggi, raccontando allo stesso tempo sia contesti urbani sempre più caotici e violenti, sia tradizioni sopite nella popolazione e nelle periferie. 

 

In questo suo sesto film l’autore originario di Madrid continua il percorso, iniziato nel 2019 con Madre, di allontanamento dalla città e dai ritmi asfissianti che la caratterizzano e che invece erano stati protagonisti delle due opere precedenti: da un lato la dimensione più poliziesca di Che Dio ci perdoni e dall'altro quella ben più politica de Il regno

 

[Il trailer di As Bestas presentato al 75° Festival di Cannes]

 

 

Ispirato ai fatti reali di Santoalla, di cui esiste anche un documentario del 2016 a cura di Daniel Mehrer e Andrew Becker, Sorogoyen in As Bestas racconta l'arrivo nella campagna galiziana di due agricoltori francesi che decidono di trasferirsi in un piccolo e arretrato villaggio a ridosso delle montagne, ma qui la loro vocazione ecologista, la voglia di riqualificare zone periferiche e l'estraneità al tessuto sociale autoctono diventano poco alla volta una barriera insormontabile nelle interazioni tra due stranieri e i contadini locali.

 

Ambientalismo, attenzione al luogo in cui si vive ed estraneità geografica e linguistica - il triangolo glottologico tra galiziano, francese e spagnolo sarà fondamentale nello svolgimento del film - diventano così un muro sempre più invadente tra i due protagonisti Antoine (Denis Ménochet) e Olga (Marina Foïs) e la gente del posto rappresentata principalmente dai fratelli Anta, Xan (Luis Zahera) e Lorenzo (Diego Anido).

 

 

[Antoine e Olga, rispettivamente protagonisti della prima e della seconda metà di As Bestas]

 

Il piccolo paese teatro delle vicende di As Bestas è entrato nelle mire della speculazione edilizia sulle pale eoliche e gran parte degli abitanti è pronta a cedere i propri terreni per pochi spicci, ma i due francesi che hanno scelto di ricostruirsi una nuova vita in quelle terre sono assolutamente contrari e il loro mettersi di traverso viene percepito come un estraneo che cerca di toglier loro un facile guadagno e un'opportunità di riscatto dalle tasche.

 

L'abilissima sceneggiatrice Isabel Peña, con cui Sorogoyen ha collaborato lungo tutta la sua carriera, tiene in perfetto equilibrio l'aspetto socioeconomico e il discorso viscerale della paura del diverso e dello straniero con grande sensibilità e armonia, dando a entrambe le componenti tridimensionalità senza però renderle predominanti sul film, riuscendo così a rendere protagoniste la tensione e la componente più umana dell'interazione tra la paura degli uni rispetto alle violenze e quella degli altri di perdere l'occasione della vita.

 

 

[Xan e Lorenzo, antieroi di As Bestas che nella loro violenza e bestialità non risultano appiattiti sul ruolo di antagonisti, ma anzi mostrano tutta la propria etica e la paura di chi ha sempre vissuto nell'indigenza]

 

Nel contesto di paura e odio di As Bestas si inserisce la follia e la violenza che i due galiziani, in una guerra tra poveri che si sentono senza via d'uscita, esercitano su Antoine e Olga e che poco alla volta diventa una discesa nella polarizzazione dello scontro che è perfetto specchio del mondo in cui viviamo.

 

Pur raccontandoci motivazioni, timori ed etica di Xan e Lorenzo e pur evitando di essere paternalistico nei loro confronti, Sorogoyen sceglie proprio l'utilizzo della violenza e il differente modo di approcciarsi ai problemi per definire le differenze tra eroi e antieroi.

 

Infastiditi dal mancato arrivo degli introiti, i due iniziano infatti a perseguitare Antoine e la moglie Olga in maniera sempre più invadente e minacciosa: tra l’incapacità di farsi aiutare e la mancanza delle istituzioni in questo moderno Far West europeo, il protagonista viene poco a poco trascinato in questa spirale di risentimento e paura fino a esserne inghiottito in una bellissima scena che riprende l’incipit del film in cui degli uomini domano un cavallo selvaggio sfinendolo.

 

 

[Il parallelo tra uomo e bestia e l'uso di simboli animali è costante in tutto As Bestas e lo stretto rapporto tra Antoine e il suo cane ne è la perfetta rappresentazione]

 

Le istituzioni e la legge mancano completamente, come in un novello Cane di paglia di Sam Peckinpah, ma invece di una violenza esplosiva e quasi ingiustificata, qui l’autore spagnolo decide di innervare As Bestas di una tensione costante e di un racconto psicologico delle ragioni dei due fratelli che sembra non volerli mai appiattire sull’archetipo dell’ignorante violento o dell’ingiustificato xenofobo. 

 

Come in tutta la filmografia di Sorogoyen anche in As Bestas la costruzione della tensione e della ricerca è il vero binario su cui muove il cambiamento umano dei protagonisti, ma qui, invece di scegliere ritmi forsennati, inseguimenti in lunghi piani sequenza e indagini concitate come nei due film più urbani, si lascia andare al ritmo della campagna, dei suoi raccolti e della natura.

 

Un topos narrativo sempre più trasversalmente presente in tutto il Cinema contemporaneo. 

 

 

[Marie è rappresentata dalla purezza degli agnelli appena comprati da Olga: il suo personaggio caratterizza alcune delle scene in cui la violenza psicologica e la costruzione dell'attesa sono più forti in As Bestas]

 

A differenza di quella dopata dai ritmi moderni presente nei due film più cittadini, la bestialità qui si muove su una lenta feralità fatta di attese della preda, di sguardi e di piccole trappole disseminate nel bosco che circonda il villaggio: la legge non è in grado di arginarla e nemmeno la tecnologia dell’occhio digitale di una videocamera, che Antoine proverà a usare, è capace di documentarne la presenza, ma resta nell’ombra profonda delle notti senza luci artificiali in cui si muovono Xan e Lorenzo.

 

Proprio le scene senza azione o prima della stessa risultano infatti le più violente psicologicamente e piene di tensione, come racconta ancora di più tutto il secondo filone narrativo del film in cui Olga mostra attraverso la sua attesa e la sua pazienza la reazione e il cambiamento che la natura e la bestialità le hanno impresso addosso. 

 

 

[Il bosco è elemento fondante di As Bestas e non a caso Sorogoyen decide di ambientarci il principale turning point del film in cui il centro dell'azione si sposta da Antoine a Olga]

 

La costruzione tematica e ritmica che forma l'impalcatura di As Bestas, grazie anche alle splendide interpretazioni dei quattro protagonisti, sorregge a mio avviso perfettamente i 137 minuti di film. 

 

Tolto forse qualche indugio di troppo, ad esempio nei principali snodi narrativi che caratterizzano i cambi di registro e di sguardo, Sorogoyen mostra una maturità e una consapevolezza del mezzo in continua crescita, che gli permette di non temere i rallentamenti, le attese e le scelte di non sovraccaricare esteticamente alcuni momenti del film, che proprio grazie al suo naturalismo e alla semplicità visiva della follia risulta ancora più potente. 

 

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