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Fairytale - Recensione: quattro fantasmi del Novecento riflettono sull'Uomo - Torino Film Festival 2022

L'ultima fatica di Aleksandr Sokurov è un'opera multiforme in cui i fantasmi Hitler, Stalin, Mussolini e Churchill mostrano la molteplicità e la banalità dell’uomo e del potere

Ci sono Adolf Hitler, Benito Mussolini, Josif Stalin, Winston Churchill e Gesù.

 

Sembra l’incipit di una barzelletta un po’ sopra le righe ma in realtà è Fairytale o, come doveva inizialmente chiamarsi, Un sorriso tra le lacrime: il nuovo film del Maestro Aleksandr Sokurov presentato in anteprima italiana al 40° Torino Film Festival.

 

Il regista di Arca Russa tra masterclass, restauri e allievi è sempre stato estremamente legato alla kermesse torinese e non manca di portarci quest’opera unica, atipica e dissacratoria che uscirà nelle sale il 22 dicembre 2022 a sette anni dalla sua ultima fatica, Francofonia.  

 

[Il trailer di Fairytale che sarà distribuito in Italia da Academy Two]

 

 

Sette anni di lavoro di ricerca all’interno del tantissimo materiale d’archivio su quattro dei volti principali della Seconda Guerra Mondiale, rotoscoping delle loro figure, sincronizzazione del labiale, doppiaggio in cinque lingue diverse - incluso l’aramaico per Cristo - e l’inserimento di questi fantasmi nelle litografie della Divina Commedia di Gustave Doré o di Giovanni Battista Piranesi

 

Un lavoro immenso che un disclaimer all’inizio del film intima di non confondere con un banale deepfake, perché Fairytale è Cinema nella sua forma più pura: un’opera che non sarebbe potuta esistere in nessun altro linguaggio, che ragiona sul senso stesso dell’immagine in movimento, della sua riproducibilità e atemporalità, del suo linguaggio e di come pellicola, digitale e disegno possano interagire e fondersi in un unico e indistinguibile audiovisivo al servizio della sola volontà del regista-demiurgo.

 

 

[Iosif Stalin in una sequenza in cui si capisce benissimo che opera unica e folle sia Fairytale]

 

Sokurov si ritrova così tra le mani un giocattolo tanto unico quanto difficile da gestire, con un altissimo rischio di creare solo un divertissement grossolano e non percepito nella sua gravità dal pubblico: per non cadere in questa tentazione l'autore russo decide di agganciarsi direttamente a uno dei suoi nuclei tematici più conosciuti e profondi, ovvero la tetralogia del potere.

 

Moloch, Faust, Toro e Il sole, quattro storie che raccontavano e cercavano di spiegare il potere, la sua violenza e la sua banalità attraverso Adolf Hitler e la sua cerchia, il Faust goethiano, Vladimir Lenin, Josif Stalin e l’incontro tra l’imperatore Hirohito e Douglas MacArthur: un’eredità difficile da sostenere per un film così atipico come Fairytale.

 

 

[Una fessura che lascia intravdere dietro alla porta del Paradiso, da cui i quattro protagonisti vogliono passare in Fairytale]

 

Il film si apre su un risveglio, che dato il protagonista potremmo anche azzardarci a chiamare resurrezione: Cristo apre gli occhi, pur rimanendo immobile, e nel letto accanto Iosif Stalin sta facendo la stessa cosa, ma alzandosi; i due iniziano a lamentarsi e insultarsi, sembrano comprendersi nonostante uno parli in aramaico e l’altro in russo; pellicola e illustrazione che sopravvivono ai corpi e dialogano. 

 

A poco a poco li raggiungono gli altri tre protagonisti e inizia il ciondolante vagare di quattro singoli, autodeterminati superuomini che hanno guidato le masse e che ora si ritrovano loro stessi a diventare moltitudine, nelle ripetute immagini di sé che si incontrano in questo girone infernale.

 

Tante copie - chiamate fratelli - di tutti e quattro costantemente in attesa che qualcuno più in alto apra loro le porte del Paradiso, come ha già fatto con Napoleone Bonaparte.

 

 

[Il risveglio di Adolf Hitler in Fairytale tra litografia, animazione e filmati d'epoca]

 

Il legame con l’opera dantesca in Fairytale è ovvio e viene rimarcato dal celeberrimo “Nel mezzo del cammin di nostra vita / mi ritrovai per una selva oscura” ripetuto infinite volte, quasi come un mantra, da tutti e quattro i protagonisti, ma se in Dante le punizioni e gli schemi sembrano inalienabili e imprescindibili, qui a farla da padroni sono la molle attesa, il dialogico ozio, la dolorosa introspezione e la malinconia. 

 

Fantasmi, immagini senza vita né memoria che si perdono tra insulti della più bassa lega e discussioni su chi sia il discendente di Lenin più profondamente socialista, chi il più elegante, con chi spartirsi il mondo e rimpianti di amori e battaglie perse. 

 

“Non dare retta a Sokurov, non lasciare spazio alla malinconia! Vai avanti”

[Adolf “Adi” Hitler in una scena di Fairytale]

 

 

Una babele di lingue e discorsi in cui non esiste una reale continuità, una sintesi o alcuna logicità, ma solo frammenti di un passato e di figure che stanno sbiadendo e perdendosi in una memoria sempre più ambivalente, mutevole e disorganica: qui la tetralogia incontra i musei che hanno caratterizzato l’ultimo periodo di Sokurov in Arca Russa Francofonia

 

Proprio questo aspetto ci suggerisce come Fairytale non sia solo una semplificazione di queste figure storiche o un populistico sono tutti uguali, così come non si sta parlando solo delle ovvie attualità; questi aspetti chiaramente ci sono, ma tutto si unisce in una rappresentazione frammentaria e senza sintesi della molteplicità e della banalità dell’uomo, della sua unicità e continua mutazione nonostante il terrore che questi quattro individui possano aver caratterizzato.

 

Incapaci di durare, incapaci - eccetto Winston Churchill - di varcare quelle porte, incapaci di mantenere la propria forma: Sokurov li schernisce non tanto sul piano del pensiero o delle azioni, ma nella loro umana incostanza e caducità, mettendoli in continuità con dei Don Chisciotte cervanteschi.

 

 

[Nemmeno nella nebbia di Fairytale spariscono la violenza e il dolore che hanno caratterizzato le esistenze dei quattro uomini]

 

Questa rappresentazione di singoli viene poi rotta dall’avvento della massa, dall’orda di morti che i quattro si sono lasciati alle spalle, rappresentata come un fiume in piena in cui i singoli sono spesso sfocati e solo pieni d’odio: a metà tra lo Stige - fiume dell’odio dantesco - e il Lete in cui si perdono le memorie.  

 

Fairytale è un’opera multiforme, come i protagonisti che cerca di mostrare, in cui in maniera farsesca si fondono un’ironia ben più caustica, una tecnica grossolanamente unica e pregna di significato metacinematografico e un racconto estremamente filosofico e politico in cui uno degli autori più importanti dell’ultimo mezzo secolo mette in scena la sua visione dell’uomo, del potere, del Cinema e della storia.

 

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