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Perfect Skin - Recensione: l'orrore di Kevin Chicken - RNFF 2018

L'esordio di Kevin Chicken nel lungometraggio 

Perfect Skin è l'esordio di Kevin Chicken nel lungometraggio.

 

La mancanza di un budget sostanzioso porta un artista a intenzionare ogni passaggio della sua opera, valutando la portata simbolica di ogni scelta registica, facendo economia di scelte: prediligendo la qualità alla quantità.

 

 

 

 

Non mi sorprende apprendere dal regista di Perfect Skin che l’illuminazione di questo horror psicologico segua il percorso spirituale della sua protagonista: da un’atmosfera distesa coadiuvata da luci soffuse l’intensità di queste man mano aumenta fino a culminare, nel finale, in una vera e propria rinascita (“essere messi alla luce”).

 

Katia è giovane, affronta un periodo difficile della sua esistenza, tutto considerato si piace per come è.

Fisicamente, intendo.

Strettamente fisicamente.

 

Conoscerà Bob, un tatuatore che le dimostra una genuina passione per la sua arte.

Come un pittore valuta le dimensioni della sua tela anticipando, mentalmente, la direzione della prima pennellata, Bob pensa che Katia abbia una pelle stupenda.

Per lui, s’intende.

 

Lo scrittore si pone di fronte al foglio bianco in un atteggiamento fondamentalmente egoistico: lo spazio esiste per lui, è a sua disposizione; trova la sua realizzazione nell’essere scalfito da una mano che gli dà senso d’essere, pensa.

È contenitore.

 

Sarà Bob a decidere della superficie di Katia.

La sua tela, però, parla, e rivendica la sua idea di ciò che sia per lei bello, di quando voglia arrestarsi nel processo di stratificazione.

 

 



Kevin Chicken, il regista, sostiene che molti di coloro che sposano la pratica della body modification lo facciano per portare alla luce (di nuovo) il pensiero del proprio corpo, di ciò che per loro sia essere belli per sé, e conseguentemente per gli altri - che vedendo un soggetto che si compiace assumono generalmente lo stesso tipo di giudizio.

 

Non certo per nascondersi (nascondere a sé) qualcosa.

 

Torniamo alla cura necessaria ad un film a bassissimo costo: il sonoro di Perfect Skin commenta, gelido, ogni singolo atto di sadica (?) poiesi artistica di Bob.

L'autore ha lavorato a lungo nell’industria dei videoclip e della pubblicità, e deve conoscere molto bene la differenza fra un suono necessario ed uno accessorio, avendo trattato con inquadrature brevissime e massimamente evocative quali sono, appunto, le sezioni di uno spot pubblicitario.

 

Non solo: il film è percorso costantemente da particolari dei corpi dei suoi personaggi e dettagli degli strumenti da lavoro, volti a fare immedesimare maggiormente lo spettatore con la sorte della ragazza e con il dolore (frammisto a piacere, attenzione) connaturato a tatuaggi e piercing.

 

Un dolore facilmente immaginabile dallo spettatore medio, a differenza di quello, ad esempio, della decapitazione, ed e perciò che si spiega la ricorsività di questa inquadratura fotografica volta a richiamare a sé lo sguardo di chi osserva dal sicuro della sala cinematografica. 

 

 



Ho trovato peraltro interessantissimo il contrasto che si va a creare con le diverse pelli dei personaggi: liscia e vitale – in Katia – rugosa, scattante e opaca in Bob.

Merito senza dubbio della fotografia della pellicola.

 

Bob vorrebbe che Katia giungesse a ringraziarlo per ciò che le sta incidendo addosso: si adopera per spiegarle ogni significato dei tatuaggi con cui la marchia, la tratta con tutti i riguardi ma, in fondo, la castra.

Castra il suo giudizio estetico, castra la sua libertà di espressione. La porta ai più alti livelli di conoscenza circa la pratica della body modification, ma si concentra sulla sua esteriorità, mortificando la sua volontà.

 

La pelle è la porta fra l’abisso della propria interiorità e quella di chi ci guarda, ma è una porta basculante, e la direzione più rilevante è certamente quella che va dall’esterno all’interno.

È quello il lato della soglia che forse conta dipingere: l’immagine che si ha di sé, della propria corporeità, e che tornerà, oscillante, verso chi ci guarda, il quale assumerà il nostro stesso sguardo.

 

[Cinefacts.it è Media Partner del Ravenna Nightmare Film Festival]

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