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Soula - Recensione: per salvare una vita - FESCAAAL 2022

Recensione di Soula, esordio alla regia di Salah Isaad

Soula è il film d’esordio del regista algerino Salah Issaad, prima visione in Italia al Festival del Cinema Africano, d'Asia e America Latina.

 

Soula racconta quattordici ore della vita di Soula Bahri (che interpreta se stessa), una donna disprezzata dalla famiglia a causa di una figlia avuta al di fuori del matrimonio con un uomo dall’identità sconosciuta. 

 

 

 

Soula decide di metter fine al dolore e trovare un rifugio in cui cominciare una nuova vita con la sua bambina, ma si ritrova a passare una notte terrificante tra alcol, droga, abusi e molestie.

 

Nel film risalta immediatamente una scelta molto particolare legata alla fotografia: è un road movie interamente girato in auto. 

Ciò significa che, qualsiasi cosa succeda, la macchina da presa non esce (quasi) mai dall'auto muovendosi con Soula per tutta la durata della pellicola. 

 

In questo modo, Salah Issaad sceglie di coprire diverse prospettive dalle vetture stesse con riprese interne, esterne e laterali, anche quando gli eventi accadono al di fuori di esse.

 

Una scelta molto significativa perché permette di non distaccarsi facilmente dai personaggi che si susseguono, rendendoli estremamente vicini allo spettatore, a volte in modo quasi nauseante, ed elevando la disumanità di certi momenti attraverso una narrazione cruda e realistica.

Le scene tendono a essere esplicite lasciando poco all’immaginazione, così come i dialoghi sono diretti e ridotti all’osso. 

 

I luoghi sono angusti con strade quasi indistinguibili fra loro e ambienti ridondanti, tanto che ad un certo punto tutto comincia a somigliarsi e a disorientare. 

 

 

[Soula Bahri in una scena del film]

 

 

Non c’è un momento che dia tregua alla sensazione d’orrore, sia fisica che psicologica, protratta a lungo sulla protagonista, che sembra vivere in una specie di limbo dove in alcuni momenti si ribella con grida e pianti strazianti mentre in altri sembra accettare passivamente le brutalità subite, nella speranza di un futuro migliore per sua figlia.

 

Il mondo di violenza in cui Soula si trova sembra l’unico possibile: non solo le persone dalla quale è circondata le danno consigli che, a conti fatti, sono dei compromessi che non possono rendere liberi, ma lei stessa sceglie di rinchiudersi in situazioni che non può gestire, facendo scelte sempre avventate e, infine, divenendo vittima degli eventi.

 

Questo racconto dalle molteplici oscure sfumature è liberamente ispirato alla storia di Soula Bahri stessa.

 

Risulta incredibile e onorevole la scelta di raccontarsi in prima persona - seppur alcuni fatti narrati siano liberamente ispirati e il finale sia immaginario - perché significa sicuramente scendere a patti con un vissuto del genere e affrontarlo in questo modo. 

La pellicola nella sua interezza è a mio avviso molto interessante, ma forse manca qualcosa nella conclusione, che risulta un po’ troppo didascalica e inefficace, tendendo ad allontanarsi da quello che è stato mostrato in precedenza e perdendo anche forza nella drammaticità.

 

In particolar modo la critica sull’abbandono dei neonati in Algeria non viene sviscerata abbastanza, rimanendo inconcludente. 

 

Nonostante questi piccoli intoppi, Salah Issaad sembra un regista da tener d’occhio, perché dimostra di avere tutte le carte in regola per poter gestire in futuro progetti da non perdere.

 

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