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The Northman - Recensione: l'urlo vichingo di Robert Eggers

Recensione di The Northman, terzo film diretto da Robert Eggers

The Northman è un film muscolare che mostra tutta la propria potenza sia attraverso la brutalità del protagonista sia mettendo al centro di ogni cosa l’importanza delle immagini e, di conseguenza, l'importanza del Cinema in quanto arte visiva prima di tutto.

 

Diretto da Robert Eggers e scritto dallo stesso regista insieme al paroliere islandese Sjón, The Northman racconta la storia della vendetta di Amleth, principe vichingo rimasto orfano del padre in seguito alll'assassinio da parte di suo zio Fjölnir.

 

Nelle due ore e un quarto di film assistiamo dunque al viaggio dal sapore shakespeariano che il personaggio interpretato da Alexander Skarsgård compie per portare a termine l’ossessione di una vita: “Ti vendicherò padre, ti salverò madre, ti ucciderò Fjölnir”.

 

In realtà è il drammaturgo britannico che si ispirò a qualcosa di precedente; l'opera storica danese Gesta Danorum, scritta nel XII secolo da Saxo Grammaticus, ha nel libro 3 e 4 la storia del principe di Danimarca Amleth, che ha molto in comune con l'Hamlet di William Shakespeare: è fondamentalmente a quell'opera che si ispira The Northman

 

[Il trailer di The Northman]

 

 

Nulla di più e nulla di meno.

 

Un racconto lineare che non si presta a molte interpretazioni, perché The Northman non cerca questo: il film di Robert Eggers è diretto nei confronti dello spettatore come una spada che trafigge senza pietà il cuore di chi ha di fronte. 

Una scelta, quest’ultima, figlia della natura del terzo lungometraggio del regista statunitense, dato che The Northman ha avuto un budget che oscillava tra i 75 e i 90 milioni di dollari: cifra esorbitante e molto distante da quella dei due precedenti lavori di Eggers, ovvero The VVitch e The Lighthouse.

 

L'approccio in fase di scrittura per cercare un pubblico più ampio è perciò innegabile, ma la trasparenza della storia non porta automaticamente a una sceneggiatura più sciapa, perché The Northman vuole essere chiaro ma non bidimensionale, lineare ma non privo di una propria identità. 

Usando uno dei più classici percorsi narrativi - quello della vendetta - Eggers e Sjón delineano un racconto che risalta prima di tutto la bestialità dell’uomo.

 

Non è un caso che Amleth, attraverso il rito sciamanico che lo porta alla condizione della berskekgangr, si identifichi in un lupo feroce che ulula prima di attaccare un villaggio vichingo.

 

 

[Alexander Skarsgård è irriconoscibile nel film]

 

Nei due precedenti lavori del regista i protagonisti avevano un’epifania alla fine del film, abbracciando il Male in un’estasi incontrollata.

 

In The Northman tutto questo è invece il punto di partenza e non di arrivo.

La trasformazione in una bestia avviene subito, dettata dalla crudeltà dell’uomo che plasma anche lo stesso Amleth.

 

The Northman non cerca di portarci verso una demarcazione netta tra Bene e Male, tra giusto e sbagliato, perché a livello morale il protagonista è praticamente posto sullo stesso piano del nemico di una vita, lo zio Fjölnir.

 

Assistiamo dunque a vere e proprie razzie di villaggi da parte di entrambe le “fazioni”, che fanno anche da sfondo a una non velata riflessione sulla Storia dell’umanità e sulla sua natura conquistatrice.

Il percorso di Amleth si incanala nel classico “viaggio dell’eroe”, ma con risvolti narrativi atti a mostrare un mondo diverso, più crudo, dove il concetto stesso di eroe viene a mancare.

 

Certamente alcuni passaggi potrebbero risultare eccessivamente didascalici e prevedibili, ma a mio avviso The Northman non cerca il colpo di scena a tutti costi, quanto piuttosto prova a rendere il film un’esperienza cinematografica vibrante, immersiva e, sotto alcuni aspetti, audace.

 

Fondamentale da questo punto di vista l’apporto in fase di scrittura di Sjón, dato che la sensazione di trovarsi all’interno di un mondo la cui ricostruzione storica è maniacale - ovviamente fino a quando le fonti lo permettono - è tangibile.

Il film perciò prosegue il percorso intrapreso da Eggers all’interno della Storia - il New England del XVII (The VVitch) e XIX secolo (The Lighthouse); sebbene questa volta il genere di appartenenza si discosti dai suoi due precedenti lavori. Le incursioni orrorifiche ci sono comunque, il più delle volte innescate dai due personaggi femminili chiave: la regina Gudrún (Nicole Kidman) e Olga (Anya Taylor-Joy).

 

L’obiettivo di Amleth è chiaro fin dall’inizio, ma saranno proprio queste ultime due figure, dotate di un fascino magnetico, a innescare il cambio delle azioni del protagonista portandolo verso Eros e Thanatos.

 

 

[Anya Taylor-Joy è alla sua seconda collaborazione con Robert Eggers]

 

 

Azione e dramma si mescolano, donando a The Northman il respiro del blockbuster amalgamato con l’idea di Cinema di Eggers, proveniente dall’horror indipendente.

 

Al suo terzo film il regista statunitense continua a creare mondi cinematografici fondendo la realtà con il mito, insistendo sull’importanza della costruzione delle immagini come mezzo per rendere possibile tutto ciò: il lavoro che c’è dietro ogni inquadratura da parte del direttore della fotografia Jarin Blaschke - nominato ai Premi Oscar 2020 per The Lighthouse - è coerente con ciò che Eggers vuole comunicare, come ad esempio le sequenze dei rituali vichinghi talmente evocative da lasciare impietriti per la loro potenza visiva.

 

La natura produttiva da blockbuster non ha condizionato negativamente questo aspetto, anzi ha permesso a Robert Eggers di sperimentare attraverso incursioni oniriche ricostruite in computer grafica, interessanti da un punto di vista concettuale, anche se forse carenti nella resa finale.

 

 

 

 

Considerando sempre il senso dell’operazione alla base di The Northman, anche il cast è funzionale a rendere il film più propenso ad abbracciare un pubblico più ampio di quanto sia stato finora quello del regista del New Hampshire.

 

Nessuno dei nomi coinvolti sfigura: il lavoro fatto sulla lingua è assolutamente mirabile, anche se viene da domandarsi se The Northman avrebbe funzionato ugualmente con attori magari meno conosciuti ma maggiormente legati all'Islanda, territorio dove è stato girato il film.

 

Molti potrebbero storcere il naso durante la visione, gridare alla banalità e chiedersi perché Eggers abbia voluto fare un film di questo tipo.

Lecito e comprensibile sotto alcuni aspetti, ma The Northman trova un senso proprio laddove il Cinema di questo genere è il più delle volte privo di identità, senza pretese e soluzioni che lo elevino al di sopra della media.

 

Robert Eggers ha creduto nella propria idea di Cinema al punto di mettersi in gioco contro un mercato che in questo momento storico non accoglie favorevolmente queste operazioni, uscendone con qualche ferita - The Northman dal mio punto di vista è il meno riuscito dei suoi film - ma senza alcun dubbio vincitore.

 

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1 commento

Emanuele Antolini

1 anno fa

Grazie Ale. Siamo d'accordo sul fatto che The Northman forse sia il più debole di Eggers, ma resta, come hai scritto, una vera e propria conferma del suo talento

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