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Don't Look Up - Recensione: moriremo tutti, ce lo meritiamo

Don't Look Up è il ritorno di Adam McKay al film di pura fiction, dopo le incursioni nelle storie vere de La grande scommessa e Vice - L'uomo nell'ombra

Don't Look Up è il ritorno di Adam McKay al film di pura fiction, dopo le incursioni nelle storie vere de La grande scommessa e Vice - L'uomo nell'ombra

 

L'approccio resta quello: raccontare un dramma cogliendone e amplificandone gli unici spigoli che offrono un risvolto potenzialmente comico; dopo la crisi economica e la storia privata di Dick Cheney questa volta Adam McKay decide però di divertirsi del tutto. 

A mio avviso questa totale libertà di manovra è l'unica pecca di Don't Look Up: un'opera che corre veloce e non dà scampo, lasciando lo spazio per l'ansia e l'angoscia solo una volta arrivati i titoli di coda. 

 

Non dovendosi infatti tenere ancorata a qualcosa di reale e tangibile, la sceneggiatura di Don't Look Up esagera sotto tutti i punti di vista, confezionando un film che più che alla comedy guarda al parossismo e alla clownerie. 

 

La satira è palese: i due astronomi interpretati da Leonardo DiCaprio e Jennifer Lawrence tentano di far capire alle istituzioni e ai media che la cometa che hanno scoperto è in rotta di collisione con il nostro pianeta. 

Non c'è possibilità di salvarsi, i calcoli sono stati controllati più volte, la cometa ha dimensioni enormi e sta puntando verso di noi: abbiamo 6 mesi e mezzo di tempo e poi qualunque forma di vita sul Pianeta Terra cesserà di esistere, un Extinction Event pari a quello che circa 66 milioni di anni fa spazzò via i dinosauri.  

 

[Il trailer internazionale di Don't Look Up]

 

 

Gli scienziati comprendono subito la portata della cosa, sale l'ansia e il terrore ed è grande la consapevolezza che tutto finirà e che bisogna dirlo al mondo al più presto perché forse, se ci si muove con anticipo, se si fa l'impossibile, se l'impensabile viene messo in moto e se avrà successo, forse… potremmo salvarci.  

 

Ma le istituzioni non li ascoltano. 

I mass media li infilano nelle news tra il gossip e le curiosità.

La società si prende gioco di loro e trasforma lei in un meme e lui in una star, ma solo perché è affascinante e in video funziona bene. 

 

Si creano le fazioni, si zittisce la verità e si dà voce e spazio ai negazionisti, si bullizza e percula la scienza mettendo davanti al bene comune l'interesse privato e l'esperienza personale, ritenuta più importante dei dati. 

 

Se la cosa suona inquietantemente attuale è perché lo è. 

 

[Una clip di Don't Look Up]

 

 

La cometa di Don't Look Up nasce come metafora del cambiamento climatico, qualcosa che conosciamo benissimo e che da anni è fonte di preoccupazione per il mondo scientifico, ma che ha dato vita a negazionismo, prese in giro, decisioni istituzionali che mirano al profitto senza guardare oltre le prossime elezioni politiche.  

 

Paradossalmente Don't Look Up diventa anche terribilmente attuale in termini di pandemia, perché l'atteggiamento dei governi, dei media e della società ha seguito - e in parte continua a seguire - lo stesso copione.  

 

È in questa sua evidente rappresentazione che secondo me il film non riesce a graffiare fino in fondo. 

La metafora è davvero troppo dichiarata e i personaggi con cui hanno a che fare gli scienziati sono davvero fin troppo bidimensionali, macchiette stereotipate allo stremo che non si spostano di un millimetro. 

Appare ovvio che McKay abbia scientemente voluto che fosse così, ma a mio avviso la cosa potrebbe a un certo punto esasperare più che divertire. 

Don't Look Up è senza dubbio uno dei film più divertenti dell'anno - sfido chiunque a non ribaltarsi sulla seggiola in almeno quattro o cinque situazioni, e fatemi sapere la vostra reazione quando vedrete Steven Seagal - che usa la valvola della comicità su un tema che non ha niente di cui ridere. 

 

Il film di McKay è una sorta di Idiocracy 2.0, ambientato non nel futuro ma nel nostro presente. 

Il messaggio di base è fondamentalmente "l'umanità è stupida": niente di originale, certo, ma è la triste verità e dobbiamo farci i conti. 

 

Si ride tanto, ma con alla base una profonda angoscia che nasce non tanto da ciò che vediamo, ma dalla consapevolezza che ciò che stiamo vedendo in Don't Look Up è perfettamente plausibile. 

 

Anzi, si è già verificato e continua ad accadere ogni giorno.  

 

 

[Il cast di Don't Look Up è impressionante]

 

 

Quello che più spaventa in Don't Look Up non è la cometa, ma l'idiozia umana e il fatto che, per quanto il film la esasperi, quella del film non sia poi così tanto lontana da quella esistente.

 

Il cast stracolmo di stelle non delude le aspettative: gli attori principali mettono insieme un imbarazzante totale di nomination, Oscar e Golden Globe e tutti assolvono al proprio compito in maniera secondo me impeccabile. 

 

Leonardo DiCaprio ci regala l'ennesimo cambio di timbro e di accento (un lavoro che in italiano molto probabilmente verrà ucciso dal suo storico doppiatore, che lo renderà per il ventiquattresimo anno di fila l'ennesima versione di Jack di Titanic), il suo Dottor Mindy è una delle due facce della presa di coscienza del disastro: uno scienziato ansioso, schiavo dello Xanax e fuori dalle dinamiche politiche e mediatiche, che non comprende ma di cui poi rimarrà affascinato e succube. 

 

L'altra faccia è quella della dottoranda Dibiasky, interpretata da Jennifer Lawrence: è lei che scopre la cometa ed è lei che letteralmente urla in faccia al mondo che moriremo tutti e che dovremmo fare qualcosa, con il risultato di diventare un meme e una gif ridicola da pubblicare sui social network. 

 

Tra i meriti di Don't Look Up c'è anche quello di presentarci una Meryl Streep Presidente degli Stati Uniti ed è notevole l'immersione dell'attrice in un ruolo che praticamente la dipinge come una Donald Trump con la gonna: inadatta, incapace, attenta solo ai sondaggi di opinione sulla propria persona, circondata da uno stuolo di lacché e di lobbisti. 

 

Non proseguo nell'illustrare i personaggi perché sarei a rischio spoiler, ma posso scrivere che Mark Rylance e Jonah Hill sono forse i due caratteri più comici del film, sproporzionati nelle loro posizioni e palesemente allegorie di persone vere. 

Il film infatti si appoggia molto alle situazioni e alle gag, a differenza dei film precedenti dell'autore dove era il montaggio che spesso faceva scattare la risata. 

 

Il fido Hank Corwin anche qui mescola immagini e footage di qualsiasi tipo, nella tradizione del montaggio per analogia e contrasto, ma senza avere di fondo una storia vera il lavoro risulta meno caustico e a volte diventa semplicemente didascalico. 

 

Con Don't Look Up Adam McKay ha confezionato un film che, nonostante la produzione Netflix, merita a tutti gli effetti la visione in sala, grazie ad alcune immagini dello spazio profondo che sicuramente dal divano risulteranno meno immersive e a un lavoro sul suono e sul montaggio sonoro che da sempre contraddistingue la sua cinematografia. 

 

Ritengo difficile che la critica statunitense possa apprezzare Don't Look Up, perché certi attacchi frontali non vengono solitamente accolti nel migliore dei modi, prevedo infatti che a dispetto della valanga di nomination e premi di cui è innervato il film non sarà tra i favoriti della imminente Award Season. 

Il film picchia come Vice, come La grande scommessa e come Anchorman, anche se questa volta i ceffoni risultano meno diretti, proprio perché lampanti. 

 

Ma la consapevolezza che lascia dopo il finale - il più giusto che avrebbe potuto esserci - è reale.  

 

[Il trailer italiano di Don't Look Up: ciao, Jack Dawson!]

 

 

Viviamo in un mondo preda delle stronzate, dove la voce di un signor nessuno ha la pretesa di avere lo stesso peso di quella di uno scienziato e dove l'informazione si ciba del cadavere dell'intelligenza del suo pubblico. 

 

Dove per ogni notizia si creano necessariamente due tifoserie pro e contro, dove ognuno pensa sempre e solo a sé, ai due metri quadri intorno ai propri piedi e ai prossimi venti minuti. 

 

Senza mai andare oltre se stessi, oltre il proprio giardino, guardando lungo e provando a costruire qualcosa per chi arriverà dopo. 

 

L'ego e il capitale non muovono più soltanto la società statunitense, ma hanno inquinato il resto del mondo coinvolgendo anche mentalità lontane come quella cinese, quella indiana, quella russa, ormai totalmente assoggettate al competitivo gioco al massacro, la cui vittima principale sarà l'umanità intera. 

 

La cosa più terribile di Don't Look Up è che dopo due ore di risate ci si rende conto che un'apocalisse dovuta a una cometa sarebbe anzi una fine auspicabile: rapida, immediata, quasi indolore. 

Purtroppo per noi invece è molto probabile che la fine sarà più lunga, più diluita, più straziante. 

 

La frase della dottoranda Dibiasky nel film è di quelle che già oggi sono al centro di meme e prese in giro. 

 

Ma al termine di Don't Look Up verrebbe quasi da pensare che in fin dei conti è un bene se tra non molto "We're all gonna fucking die."

 

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