#CinemaeFilosofia
Avatar fu un'opera spartiacque che alla sua apparizione dilagò in ogni direzione, compresa quella della profondità, molto più di quanto si sia a lungo ritenuto.
Potremmo definire di successo la proprietà di uno stile di vita o di un prodotto che goda di una forma di consenso umano esteso, un giudizio positivo largamente condiviso.
È curioso rilevare come ad accompagnare un'iniziativa umana di successo vi siano spesso delle forme di detrazione e sminuimento; è il tipo di differente reazione che incontra anche un best-seller rispetto a un'opera canonizzata dal tempo e dalla critica.
Gli scettici provano a mettere in discussione il successo, specie quello repentino, nel tentativo di rendere ancor più nota una nuova forma di giudizio.
È una battaglia fra colonizzatori: quale giudizio (o per meglio dire meme) sopravviverà più a lungo e più diffusamente nella mente dei posteri?
Maggiore e improvvisa è la circolazione di un giudizio positivo, altrettanto violenta e contagiosa sarà la contro-reazione.
È precisamente a causa di ciò che negli ultimi tredici anni abbiamo associato il ricordo del successo di Avatar a controgiudizi come "Beh, ma tutto sommato la trama assomiglia a quella di Pocahontas".
[Il trailer di Avatar]
Avatar fu rivoluzionario soprattutto da un punto di vista produttivo: dal suo concepimento alla realizzazione, fino alla distribuzione.
Questo articolo approfondì questo aspetto e provvide a controriformare precisamente tutte quelle forme di screditamento di un successo legittimo.
A pochi giorni dall'uscita del tanto atteso Avatar - La via dell'acqua è mia intenzione soffiare sul fuoco della pira eretta per riconsiderare il valore di questo franchise immergendoci nelle profonde tematiche rivelate fin dal suo primo capitolo.
Un primo importante tema di Avatar lo si rileva dal suo insistere costantemente sul concetto di Logos, che dal greco traduciamo sia con discorso (razionale), parola e con legame.
Nel film possiamo trovare molte declinazioni di questo concetto: il legame fra i Na'vi e i Pa'li (i quadrupedi simili a cavalli) e gli Ikran (i volatili), il legame che gli indigeni sviluppano con la natura - un legame reale, tangibile - e, di riflesso, il loro legame di natura panteistica con la divinità Eywa.
Un dio immanente in ogni cosa, e la natura che, viceversa, si identifica con lui, è una concezione che non è propria soltanto delle filosofie orientali, periodicamente essa ha convinto più di un pensatore e teologo anche in occidente: basti pensare ai neoplatonici ma, soprattutto, a Baruch Spinoza.
E ancora, il legame amoroso e sessuale - eterno per il popolo Na'vi.
[Nel primo capitolo del franchise il legame fra i Na'vi ed Eywa segue la via della terra]
Il suo stesso titolo, Avatar, sottolinea la centralità del tema del legame, e questo termine, avatar, parla direttamente alla nostra epoca.
Il decennio passato ha ribadito l'interdipendenza fra la nostra identità incarnata, biografica, e quelle profilate online.
Avatar è stato concepito prima dell'esplosione dei social network, rivelando quello spiccato dono del regista e sceneggiatore James Cameron di saper concepire sceneggiature universali, non riferite a una precisa epoca.
Questo gli ha spesso consentito di attendere numerosi anni prima dell'uscita di un film senza per questo mancare l'occasione di intercettare lo spirito di un tempo, o, più spesso, di un qualsiasi tempo.
In ambito informatico un avatar rappresenta il segno del passaggio di un utente fisico nello spazio virtuale; Jake Sully, il protagonista, lo dice espressamente: mescola tanto i due livelli di realtà da giungere a preferire quello meno reale al mondo nel quale è solo un ex-marine invalido.
Mangia rapidamente per tornare (non utilizzo di proposito il verbo andare) quanto prima su Pandora.
Ricordiamo nuovamente che la sceneggiatura del film è appena coeva agli albori dell'ondata videoludica che per tutti gli anni a seguire renderà perfettamente nota quella precisa sensazione a milioni di persone.
Il termine avatar è in realtà originariamente mediato dalla sfera religiosa: nella religione induista l'avatara rappresenta l'incarnazione divina, un passaggio dallo spazio spirituale a quello materiale.
Nel cristianesimo, similarmente, si assiste a un doppio movimento: l'incarnazione di Dio fatto uomo nella figura di Gesù e l'atto di transustanziazione, ossia, la conversione della sostanza del pane e del vino nel corpo e sangue di Cristo durante l'atto dell'eucarestia per intercessione delle parole (di nuovo, logos) del sacerdote.
Sospetto che nei successivi capitoli del franchise sarà maggiormente approfondita la metafisica di Pandora e potremmo meglio comprendere la struttura panteistica che lega il dio Eywa al pianeta fisico; ci introdurremo così appieno nell'avatàr.
[L'ex marine Jake Sully e il suo avatar]
Il rapporto fra il corpo di Jake Sully e degli altri agenti speciali in missione su Pandora e l'enorme corpo degli indigeni Na'vi si pone precisamente fra le due tipologie di movimenti, né da spirito a corpo, né da corpo a corpo.
Il film ci mostrava infatti dalla sua prima inquadratura l'attività del sogno, ossia quella di un corpo umano legato tramite attività neuronale a uno spazio ulteriore: due sostanze legate da una mediazione neurale.
Nel corso dell'inquadratura finale del film assistiamo invece a un passaggio non più mediato di una sostanza in un'altra: è la transustanziazione.
Fra l'ambito informatico e quello religioso si pone la visione del medesimo tema secondo la filosofia occidentale: traducendo in termini filosofici, Avatar di James Cameron ci parla del tradizionale problema mente-corpo.
Jake non ha l'uso delle gambe, il collegamento con il suo avatar diviene per lui, indirettamente, un modo per sopperire al suo deficit: una terapia.
Ripensiamo alla scena in cui Jake appena entrato per la prima volta nel nuovo mondo dimentica istantaneamente la missione che gli è stata assegnata e si concentra sulla sensazione di immedesimazione con il suo nuovo corpo, questa volta munito di gambe, esce dal laboratorio in estasi e comincia a correre.
La sensazione di immedesimazione è totale, e tale è quella che proviamo tutti non appena diventiamo autocoscienti nei confronti del nostro corpo nelle prime fasi di crescita.
Neytiri dice a Jake che una volta si sia stabilito Il Legame con la creatura che si vuole sfruttare (per spostarsi, o cacciare) egli potrà comandarla con il solo pensiero.
È ciò che avviene continuativamente percependoci muovere il nostro corpo.
[Jake deve scegliere il suo Ikran e stabilire con lui un legame indissolubile]
Rendersi conto di ciò ha portato decine di pensatori a interrogarsi sulla natura di questo collegamento fra sostanze all'apparenza eterogenee; la nostra mente e la nostra facoltà immaginativa sono libere dai vincoli della fisica, mentre il nostro corpo vi è sottoposto.
Possiamo chiudere gli occhi e l'immaginazione ci permetterà di gettarci da una rupe e, anziché cadere, librarci verso l'alto. Non vale altrettanto per ciò che la nostra sensibilità evince dallo stato di veglia.
Due sostanze eterogenee; Cartesio, il padre della filosofia della mente (moderna), le chiamava Sostanza Pensante e Sostanza Estesa.
Cartesio fu un pensatore di prim'ordine in moltissimi campi e nessuno sottostima le sue incredibili conclusioni.
Non fosse altro per il fatto che chiunque abbia a che fare con lo studio della mente e del cervello sa di trovarsi davanti al più paradossale degli studi, dal momento che - secondo un movimento di riflessione - sta utilizzando uno strumento per cercare di capire lo strumento che lo sta portando a capire esso stesso.
In altre parole un cervello che cerca di comprendere se stesso e che si pone al contempo come soggetto e oggetto dell'azione indagante.
Questa aspetto che nella logica porta il nome di autoriferimento ha quasi sempre portato a delle aporie o a paradossi irrisolvibili.
Solo su di un punto i filosofi moderni e contemporanei sono tutti concordi nel concludere che Cartesio fosse in errore: l'urgenza di portare a una conclusione coerente il suo sistema dualistico (che in breve vedeva mente e corpo come sostanze assolutamente eterogenee, ma, per qualche motivo, in collegamento), lo portò infatti a individuare in una sezione del cervello la sede fisica di tale legame.
La famigerata ghiandola pineale sarebbe dovuta essere la sede del principio di scambio fra anima e corpo, una conclusione semplicistica e immotivata.
Nei secoli successivi fino a oggi si sono susseguite moltissime teorie che si discostano dal dualismo puro cartesiano nel campo della filosofia della mente - in alcuni casi hanno anticipato derivazioni divenute campo di indagine della psicologia, come è il caso del comportamentismo del suo accento sulla struttura delle azioni manifeste e il funzionalismo, che precisa il quadro rilevando negli stati psichici un sistema di adattamento in tempo reale alle pressioni dell'ambiente circostante.
La deriva più fermamente anti-cartesiana è invece costituita dal riduzionismo: "Io sono ciò che sono perché il mio cervello è ciò che è, e non c'è altro".
Un campo oltremodo affascinante e mai dibattuto quanto ai giorni nostri, in piena cooperazione interdisciplinare e sulla scorta dei rilevamenti delle neuroscienze.
[A distanza di 13 anni la resa della CGI di Avatar non teme confonti]
Su di un universo come quello di Pandora, di cui abbiamo appena cominciato a conoscere leggi fisiche e biologia, una risposta cartesiana è più che sufficiente: il legame è di tipo fisico, ogni Na'vi collega parte del suo corpo a quello dell'ente che ha di fronte.
Più propriamente il collegamento avviene fra code neurali e in particolare fra i filamenti di tendrilli che vi fuoriescono.
Naturalmente il riferimento è ai dendriti e agli assoni delle nostre cellule neuronali, non per nulla viene ipotizzato dai ricercatori umani sul satellite Pandora un collegamento di tipo bio-chimico/elettrico fra le radici delle piante, che ci riporta alla mente le nostre sinapsi, il loro sistema a rete, ma anche il World Wide Web.
Negli anni più recenti anni l'umanità ha imparato a relativizzare il proprio posizionamento rispetto alla biosfera; pandemie, cambiamento climatico, reti di comunicazione e di informazione ci assistono in una presa di coscienza che si fa via via sempre più internazionale.
Anche questa volta sembrerebbe un tempo propizio per tornare di nuovo tutti assieme su Pandora.
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