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Data inizio produzione: 23/05/2006
Data fine produzione: 16/08/2006
No Country for Old Men
Prima uscita: 27/02/2008 - Mostra Internazionale del Cinema di Venezia (USA)
Distribuzione italiana: 22/02/2008
Sceneggiatura: Ethan Coen, Joel Coen
Fotografia: Roger Deakins
Montaggio: Joel ed Etan Coen (accreditati come Roderick Jaynes)
Lingua: inglese, spagnolo
Colore
35mm
Aspect Ratio: 2.35:1
Camere: Arricam LT, Arriflex 535B
Ottiche: Cooke S4, Zeiss Master Prime, Arri Macro
Budget: 25.000.000 $ ca
Box Office Mondiale: 171.627.166 $
#cinefacts
83%
#pubblico
87%
#film
Crime, Drammatico, Thriller
Tommy Lee Jones, Josh Brolin, Javier Bardem
Specifiche tecniche
0%
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Contiene spoiler
Un sicario senza passato insegue un ex militare che si è impossessato di oltre due milioni di dollari. Lo sceriffo Ed Tom Bell a sua volta li inseguirà, sperando di trovare il soldato prima del killer.
Non è un paese per vecchi
No country for old men
javier bardem
josh brolin
woody harrelson
tommy lee jones
kelly macdonald
thriller
drammatico
crime
oscar
oscar miglior film
coen
Copioincollo la recensione scritta sul gruppo fb tempo fa.
Trama:
Agli albori degli anni 80 nel brullo deserto del Texas, durante una battuta di caccia in solitaria, il giovane...
Copioincollo la recensione scritta sul gruppo fb tempo fa.
Trama:
Agli albori degli anni 80 nel brullo deserto del Texas, durante una battuta di caccia in solitaria, il giovane Llewelyn Moss si ritrova sul luogo di uno scambio di eroina finito male, nei pressi del quale ritrova una valigetta con più di 2 milioni di dollari accanto ad un trafficante messicano dissanguato. Da questo momento parte una caccia all' uomo senza tregua su più fronti: da una parte l'anziano sceriffo Ed Tom Bell, il quale vuole ritrovare Moss e proteggerlo dai criminali che che gli stanno alle calcagna; dall' altra il killer spietato e senza umanità Chigurh, che agisce come un “fantasma” e semina morte sulla terra che calpesta; infine i Messicani che agiscono per conto degli acquirenti dello scambio mai concretizzato. Llewelyn si sposta di continuo e impone alla giovanissima compagna Carla Jean di fare altrettanto, ma è del tutto ignaro che all'interno della valigetta sia presente una ricetrasmittente, grazie alla quale Chigurh riesce a scovarlo due volte, senza però mai riuscire a prenderlo. Lo sceriffo intanto segue le orme di entrambi, arrivando tuttavia sempre troppo tardi, fino a quando la caccia spietata non giunge al tragico epilogo.
Commento:
'No Country for Old Men' può essere considerato un western moderno, nero e nichilista, distante dallo stile solito che caratterizza la filmografia dei Coen, solo a tratti riconducibile a 'Fargo' e a 'The Man Who Wasn't There', infatti sono i Coen stessi ad ammettere che questa sia la loro opera più violenta, con tratti da action movie e altri che rasentano l'orrore.
I fratelli registi riescono ad elaborare magistralmente una sceneggiatura che ricalca profondamente la forma del romanzo omonimo di McCarthy: i dialoghi sono aridi, sentenziosi, tagliano come lame, penetrano la carne e annichiliscono l' anima dello spettatore, perfettamente inseriti nel contesto della scena, ogni 'Si' e 'No' è posto proprio dove dovrebbe essere. L'ironia caratteristica dei Coen si superficializza saltuariamente come da un'anestesia dolorosa e profonda, arriva allo spettatore in maniera pungente, in una sorta di 'sentimento del contrario' tipico dell'umorismo pirandelliano. Sono proprio le battute, brevi e grevi, uno dei punti di forza principali della pellicola, in particolar modo quando fuoriescono come fiamme nere dalla bocca dello spaventoso Chigurh, in grado di uccidere l'interlocutore ancor prima di una pallottola o di un proiettile captivo della sua iconica pistola ad aria compressa. Questa caratteristica emerge in particolar modo durante il dialogo, quasi senza alcun senso, tra il proprietario della pompa di benzina e Chigurh: l'inquadratura cambia continuamente, passando dall'espressione glaciale e ironica del killer a quella terrorizzata dell'uomo, trascinando il pubblico in un vortice ansiogeno, poiché non c'è alcun senso in ciò che sta succedendo e nulla lascia presagire che la scena possa concludersi in maniera lieta, la tensione tocca il vertice e crolla a picco non appena Chigurh solleva le dita dalla “moneta” coniata nel 1958, che un attimo dopo si rivelerà “portafortuna” e per questa da non “mettere in tasca” poiché “si mescolerebbe con le altre”.
La fotografia e i paesaggi immortalati da Roger Deakins, impiegato egregiamente in altri film più recenti quali 'Sicario' e 'Prisoners' di Villenueve per citarne alcuni, completano lo stile della pellicola in maniera imprescindibile, caratterizzati dalla predominanza del colore giallo amaro del deserto del Texas occidentale, cornice arida e silenziosa quantomai perfetta in questo caso.
I lunghi silenzi e la quasi totale assenza di una colonna sonora contribuiscono paradossalmente ad aumentare la tensione, quasi come a sottolineare che in un mondo dominato dal caos, eviscerato da qualsiasi vestigia di sentimento, non vi sia spazio per un qualcosa di ordinato e lirico come la musica.
Tutti i personaggi, in particolar modo Llewelyn e Chigurh, cercano di raggiungere i propri obiettivi con l' ingegno e la ragione, basti pensare alla scena dell'esplosione fuori dalla farmacia o a quella in cui Moss si impegna per nascondere la valigetta, infatti i due registi dedicano molti minuti nella ripresa di queste metodiche, tanto ne risultano affascinati. Ogni sforzo, ogni stratagemma studiato risulta tuttavia vano, nessuno dei protagonisti di fatto riesce ad avere la meglio sul caos che li circonda, celebrando così la vittoria del nichilismo e della morte sull'uomo, primo fra tutti lo stesso Llewelyn, quando lo sceriffo lo ritrova circondato da una pozza di sangue nella camera di uno squallido motel.
A partire dall'intro, scandita dalle parole dell' acre e malinconico monologo dello sceriffo, e proseguendo con le brevi e violente scene successive, i Coen annullano ogni speranza nello spettatore, poiché ogni scena è un presagio funesto della successiva, aleggia un'aria pesante di rassegnazione che predice un epilogo tragico e triste, come se il destino avesse già scelto, ma alla fine il destino non è che un misero castello di carta volto a spiegare un caos cosmico.
La legge, della quale lo stanco sceriffo Ed Tom è un'allegoria, non può nulla contro il nichilismo umano imperante che fa il giocoliere con il denaro, la droga e la morte, lo sceriffo stesso è uno dei “vecchi” di “un Paese” che non fa più per loro, dal quale sarebbe bene congedarsi prima che sia troppo tardi. Esaustiva è la scena in cui Ed Tom si reca dal vecchio zio Ellis, che gli dà quasi il benvenuto all'interno del circolo di quei “vecchi” senza speranza (“Ti trovo invecchiato”, “SONO invecchiato”), regalandogli solo l'amara consolazione che “Non puoi fermare quello che sta arrivando, non dipende tutto da te, è pura vanità”, incidendo l' epitaffio sulla lapide sotto la quale giace la speranza stessa.
Nella scena finale di fatto anche lo sceriffo,arresosi al mondo e ormai in pensione, giunge alla piena consapevolezza delle parole pronunciate dal vecchio zio, raccontando alla moglie Loretta il sogno fatto la notte precedente. Questa è l'unica scena in cui allo spettatore è concesso abbandonare per un attimo il caldo arido del deserto del Texas, per seguire lo sceriffo nella memoria di un sogno che vale la pena citare per intero e che lo vede protagonista insieme alla figura del padre: “era come se fossimo tornati tutt'e due indietro nel tempo, io ero a cavallo e attraversavo le montagne di notte, attraversavo un passo in mezzo alle montagne; faceva freddo e a terra c'era la neve, e lui mi superava col suo cavallo e andava avanti, continuava a cavalcare senza dire una parola; lui era avvolto in una coperta e teneva la testa bassa; mi ha sorpassato e io mi sono accorto che teneva una fiaccola, ricavata da un corno, come usava ai vecchi tempi, e il corno alla luce della fiamma che c'era dentro era del colore della luna. E nel sogno sapevo che stava andando avanti, per accendere un fuoco da qualche parte, in mezzo a tutto quel buio e a quel freddo, e che quando ci sarei arrivato, lo avrei trovato lì. Poi mi sono svegliato”. Le parole dello sceriffo vengono accompagnate dal ticchettio inesorabile di un orologio, che si fa ancora più martellante dopo quel perentorio “poi mi sono svegliato” fino ai titoli di coda, come a riportare protagonista e pubblico violentemente alla realtà dura e cruda. Il sogno, come del resto tutti i sogni, potrebbe avere diverse legittime interpretazioni: dal mio punto di vista lo sceriffo è consapevole di non essere più in grado di andare avanti per accendere un fuoco da qualche parte con quel corno, a differenza del padre, che nel sogno è vent'anni più giovane di Ed Tom e quindi ancora capace di perforare di luce quel buio e quel freddo, che rappresentano una sorta di upside-down onirico della realtà di questo mondo. Nel mare caotico e nero del contingente, in cui qualsiasi morale viene soggiogata dalla sete di denaro e dalla violenza, quel corno perlaceo con quella fiamma rappresentano l'unico mezzo in grado di fare luce, al fine di alimentare un fuoco, che non tutti sarebbero in grado di raggiungere, ma intorno al quale l'uomo può cercare tanto più sollievo quanto più viene rinnovato da queste piccole fiammelle solitarie, le quali ognuno di noi dovrebbe impegnarsi a preservare,dal momento che rappresentano l'unico scampolo di ragione e valore nel bel mezzo del nulla più oscuro.
La figura di Anton Chigurh:
Il killer dalla capigliatura bizzarra, interpretato magistralmente da Javier Bardem, si stampa nella mente dello spettatore ed entra di prepotenza nell'olimpo dei cattivi più malvagi e inquietanti dell'immaginario collettivo, al pari di Hannibal Lecter o di Kayser Söze. Nel film Chigurh viene qualificato con diverse espressioni dai personaggi: “figlio di puttana” o “madre di tutte le carogne” da Moss, “fantasma” o “senza peli sullo stomaco” da parte di Bell, “uomo strano a cui manca completamente il senso dell'umorismo” da parte di Carson Wells, quest' ultimo interpretato in maniera impeccabile dal mitico Woody Harlesson; tutte queste espressioni però risultano solo parziali, infatti la figura di Anton si presta a molteplici simboli e interpretazioni. In ogni scena in cui si materializza quasi dal nulla, come un fantasma appunto, appare come uno psicopatico del tutto svestito di sentimenti e umanità, freddo, imperturbabile, incorruttibile e paradossalmente con propri principi granitici, completamente estranei da ogni logica per qualsiasi persona normale (Carla Jean prima del suo assassinio:“Non ha alcun senso, hai giurato a mio marito che mi avresti ammazzata?” “quando ti ho visto seduto lì ho capito subito che eri pazzo”; Carson prima che Chigurh lo uccida: “Hai una vaga idea ti quanto tu sia pazzo?”). Dalla sceneggiatura si potrebbe evincere che questa affascinante e spaventosa figura rappresenti il destino, un angelo della morte che agisce in virtù del fatto che gli eventi avessero già imboccato un sentiero predefinito, del quale il lancio della moneta ne rappresenta solo una prova a posteriori. Anton stesso ne è consapevole e si compiace di questa sua condizione super partes, iconica è la scena in cui spara ad un corvo dalla macchina passando sotto l'impalcatura di un ponte, facendo risuonare tutta la struttura come una fanfara mortifera. Lo sceriffo in prima persona è portato a dubitare che questo “cane sciolto” esista sul serio, come nell' ambigua scena in cui Ed Tom ritorna sul luogo dell'omicidio di Lleweylin: apre la porta della camera del motel, la cui serratura era stata fatta saltare da Chigrh e sul riflesso della quale scorge qualcuno muoversi all'interno, ma una volta dentro lo psicopatico non c'è e la finestra del bagno è chiusa dell'interno.
Nonostante l'entità quasi eterea di questo demone seminatore di morte, nella penultima scena del film è Chigurh stesso ad essere ironicamente vittima del fato, o meglio del caso, in un banale incidente ad un incrocio con semaforo. I Coen si prendono gioco anche del cattivo, il destino diviene vittima del caso, come a voler sottolineare che non c'è nulla di scritto in questo mondo buio e senza senso.
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La Recensione più entusiasta
18 set 2018
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Trama:
Agli albori degli anni 80 nel brullo deserto del Texas, durante una battuta di caccia in solitaria, il giovane...
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Agli albori degli anni 80 nel brullo deserto del Texas, durante una battuta di caccia in solitaria, il giovane Llewelyn Moss si ritrova sul luogo di uno scambio di eroina finito male, nei pressi del quale ritrova una valigetta con più di 2 milioni di dollari accanto ad un trafficante messicano dissanguato. Da questo momento parte una caccia all' uomo senza tregua su più fronti: da una parte l'anziano sceriffo Ed Tom Bell, il quale vuole ritrovare Moss e proteggerlo dai criminali che che gli stanno alle calcagna; dall' altra il killer spietato e senza umanità Chigurh, che agisce come un “fantasma” e semina morte sulla terra che calpesta; infine i Messicani che agiscono per conto degli acquirenti dello scambio mai concretizzato. Llewelyn si sposta di continuo e impone alla giovanissima compagna Carla Jean di fare altrettanto, ma è del tutto ignaro che all'interno della valigetta sia presente una ricetrasmittente, grazie alla quale Chigurh riesce a scovarlo due volte, senza però mai riuscire a prenderlo. Lo sceriffo intanto segue le orme di entrambi, arrivando tuttavia sempre troppo tardi, fino a quando la caccia spietata non giunge al tragico epilogo.
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'No Country for Old Men' può essere considerato un western moderno, nero e nichilista, distante dallo stile solito che caratterizza la filmografia dei Coen, solo a tratti riconducibile a 'Fargo' e a 'The Man Who Wasn't There', infatti sono i Coen stessi ad ammettere che questa sia la loro opera più violenta, con tratti da action movie e altri che rasentano l'orrore.
I fratelli registi riescono ad elaborare magistralmente una sceneggiatura che ricalca profondamente la forma del romanzo omonimo di McCarthy: i dialoghi sono aridi, sentenziosi, tagliano come lame, penetrano la carne e annichiliscono l' anima dello spettatore, perfettamente inseriti nel contesto della scena, ogni 'Si' e 'No' è posto proprio dove dovrebbe essere. L'ironia caratteristica dei Coen si superficializza saltuariamente come da un'anestesia dolorosa e profonda, arriva allo spettatore in maniera pungente, in una sorta di 'sentimento del contrario' tipico dell'umorismo pirandelliano. Sono proprio le battute, brevi e grevi, uno dei punti di forza principali della pellicola, in particolar modo quando fuoriescono come fiamme nere dalla bocca dello spaventoso Chigurh, in grado di uccidere l'interlocutore ancor prima di una pallottola o di un proiettile captivo della sua iconica pistola ad aria compressa. Questa caratteristica emerge in particolar modo durante il dialogo, quasi senza alcun senso, tra il proprietario della pompa di benzina e Chigurh: l'inquadratura cambia continuamente, passando dall'espressione glaciale e ironica del killer a quella terrorizzata dell'uomo, trascinando il pubblico in un vortice ansiogeno, poiché non c'è alcun senso in ciò che sta succedendo e nulla lascia presagire che la scena possa concludersi in maniera lieta, la tensione tocca il vertice e crolla a picco non appena Chigurh solleva le dita dalla “moneta” coniata nel 1958, che un attimo dopo si rivelerà “portafortuna” e per questa da non “mettere in tasca” poiché “si mescolerebbe con le altre”.
La fotografia e i paesaggi immortalati da Roger Deakins, impiegato egregiamente in altri film più recenti quali 'Sicario' e 'Prisoners' di Villenueve per citarne alcuni, completano lo stile della pellicola in maniera imprescindibile, caratterizzati dalla predominanza del colore giallo amaro del deserto del Texas occidentale, cornice arida e silenziosa quantomai perfetta in questo caso.
I lunghi silenzi e la quasi totale assenza di una colonna sonora contribuiscono paradossalmente ad aumentare la tensione, quasi come a sottolineare che in un mondo dominato dal caos, eviscerato da qualsiasi vestigia di sentimento, non vi sia spazio per un qualcosa di ordinato e lirico come la musica.
Tutti i personaggi, in particolar modo Llewelyn e Chigurh, cercano di raggiungere i propri obiettivi con l' ingegno e la ragione, basti pensare alla scena dell'esplosione fuori dalla farmacia o a quella in cui Moss si impegna per nascondere la valigetta, infatti i due registi dedicano molti minuti nella ripresa di queste metodiche, tanto ne risultano affascinati. Ogni sforzo, ogni stratagemma studiato risulta tuttavia vano, nessuno dei protagonisti di fatto riesce ad avere la meglio sul caos che li circonda, celebrando così la vittoria del nichilismo e della morte sull'uomo, primo fra tutti lo stesso Llewelyn, quando lo sceriffo lo ritrova circondato da una pozza di sangue nella camera di uno squallido motel.
A partire dall'intro, scandita dalle parole dell' acre e malinconico monologo dello sceriffo, e proseguendo con le brevi e violente scene successive, i Coen annullano ogni speranza nello spettatore, poiché ogni scena è un presagio funesto della successiva, aleggia un'aria pesante di rassegnazione che predice un epilogo tragico e triste, come se il destino avesse già scelto, ma alla fine il destino non è che un misero castello di carta volto a spiegare un caos cosmico.
La legge, della quale lo stanco sceriffo Ed Tom è un'allegoria, non può nulla contro il nichilismo umano imperante che fa il giocoliere con il denaro, la droga e la morte, lo sceriffo stesso è uno dei “vecchi” di “un Paese” che non fa più per loro, dal quale sarebbe bene congedarsi prima che sia troppo tardi. Esaustiva è la scena in cui Ed Tom si reca dal vecchio zio Ellis, che gli dà quasi il benvenuto all'interno del circolo di quei “vecchi” senza speranza (“Ti trovo invecchiato”, “SONO invecchiato”), regalandogli solo l'amara consolazione che “Non puoi fermare quello che sta arrivando, non dipende tutto da te, è pura vanità”, incidendo l' epitaffio sulla lapide sotto la quale giace la speranza stessa.
Nella scena finale di fatto anche lo sceriffo,arresosi al mondo e ormai in pensione, giunge alla piena consapevolezza delle parole pronunciate dal vecchio zio, raccontando alla moglie Loretta il sogno fatto la notte precedente. Questa è l'unica scena in cui allo spettatore è concesso abbandonare per un attimo il caldo arido del deserto del Texas, per seguire lo sceriffo nella memoria di un sogno che vale la pena citare per intero e che lo vede protagonista insieme alla figura del padre: “era come se fossimo tornati tutt'e due indietro nel tempo, io ero a cavallo e attraversavo le montagne di notte, attraversavo un passo in mezzo alle montagne; faceva freddo e a terra c'era la neve, e lui mi superava col suo cavallo e andava avanti, continuava a cavalcare senza dire una parola; lui era avvolto in una coperta e teneva la testa bassa; mi ha sorpassato e io mi sono accorto che teneva una fiaccola, ricavata da un corno, come usava ai vecchi tempi, e il corno alla luce della fiamma che c'era dentro era del colore della luna. E nel sogno sapevo che stava andando avanti, per accendere un fuoco da qualche parte, in mezzo a tutto quel buio e a quel freddo, e che quando ci sarei arrivato, lo avrei trovato lì. Poi mi sono svegliato”. Le parole dello sceriffo vengono accompagnate dal ticchettio inesorabile di un orologio, che si fa ancora più martellante dopo quel perentorio “poi mi sono svegliato” fino ai titoli di coda, come a riportare protagonista e pubblico violentemente alla realtà dura e cruda. Il sogno, come del resto tutti i sogni, potrebbe avere diverse legittime interpretazioni: dal mio punto di vista lo sceriffo è consapevole di non essere più in grado di andare avanti per accendere un fuoco da qualche parte con quel corno, a differenza del padre, che nel sogno è vent'anni più giovane di Ed Tom e quindi ancora capace di perforare di luce quel buio e quel freddo, che rappresentano una sorta di upside-down onirico della realtà di questo mondo. Nel mare caotico e nero del contingente, in cui qualsiasi morale viene soggiogata dalla sete di denaro e dalla violenza, quel corno perlaceo con quella fiamma rappresentano l'unico mezzo in grado di fare luce, al fine di alimentare un fuoco, che non tutti sarebbero in grado di raggiungere, ma intorno al quale l'uomo può cercare tanto più sollievo quanto più viene rinnovato da queste piccole fiammelle solitarie, le quali ognuno di noi dovrebbe impegnarsi a preservare,dal momento che rappresentano l'unico scampolo di ragione e valore nel bel mezzo del nulla più oscuro.
La figura di Anton Chigurh:
Il killer dalla capigliatura bizzarra, interpretato magistralmente da Javier Bardem, si stampa nella mente dello spettatore ed entra di prepotenza nell'olimpo dei cattivi più malvagi e inquietanti dell'immaginario collettivo, al pari di Hannibal Lecter o di Kayser Söze. Nel film Chigurh viene qualificato con diverse espressioni dai personaggi: “figlio di puttana” o “madre di tutte le carogne” da Moss, “fantasma” o “senza peli sullo stomaco” da parte di Bell, “uomo strano a cui manca completamente il senso dell'umorismo” da parte di Carson Wells, quest' ultimo interpretato in maniera impeccabile dal mitico Woody Harlesson; tutte queste espressioni però risultano solo parziali, infatti la figura di Anton si presta a molteplici simboli e interpretazioni. In ogni scena in cui si materializza quasi dal nulla, come un fantasma appunto, appare come uno psicopatico del tutto svestito di sentimenti e umanità, freddo, imperturbabile, incorruttibile e paradossalmente con propri principi granitici, completamente estranei da ogni logica per qualsiasi persona normale (Carla Jean prima del suo assassinio:“Non ha alcun senso, hai giurato a mio marito che mi avresti ammazzata?” “quando ti ho visto seduto lì ho capito subito che eri pazzo”; Carson prima che Chigurh lo uccida: “Hai una vaga idea ti quanto tu sia pazzo?”). Dalla sceneggiatura si potrebbe evincere che questa affascinante e spaventosa figura rappresenti il destino, un angelo della morte che agisce in virtù del fatto che gli eventi avessero già imboccato un sentiero predefinito, del quale il lancio della moneta ne rappresenta solo una prova a posteriori. Anton stesso ne è consapevole e si compiace di questa sua condizione super partes, iconica è la scena in cui spara ad un corvo dalla macchina passando sotto l'impalcatura di un ponte, facendo risuonare tutta la struttura come una fanfara mortifera. Lo sceriffo in prima persona è portato a dubitare che questo “cane sciolto” esista sul serio, come nell' ambigua scena in cui Ed Tom ritorna sul luogo dell'omicidio di Lleweylin: apre la porta della camera del motel, la cui serratura era stata fatta saltare da Chigrh e sul riflesso della quale scorge qualcuno muoversi all'interno, ma una volta dentro lo psicopatico non c'è e la finestra del bagno è chiusa dell'interno.
Nonostante l'entità quasi eterea di questo demone seminatore di morte, nella penultima scena del film è Chigurh stesso ad essere ironicamente vittima del fato, o meglio del caso, in un banale incidente ad un incrocio con semaforo. I Coen si prendono gioco anche del cattivo, il destino diviene vittima del caso, come a voler sottolineare che non c'è nulla di scritto in questo mondo buio e senza senso.
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18 set 2018
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Agli albori degli anni 80 nel brullo deserto del Texas, durante una battuta di caccia in solitaria, il giovane...
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Agli albori degli anni 80 nel brullo deserto del Texas, durante una battuta di caccia in solitaria, il giovane Llewelyn Moss si ritrova sul luogo di uno scambio di eroina finito male, nei pressi del quale ritrova una valigetta con più di 2 milioni di dollari accanto ad un trafficante messicano dissanguato. Da questo momento parte una caccia all' uomo senza tregua su più fronti: da una parte l'anziano sceriffo Ed Tom Bell, il quale vuole ritrovare Moss e proteggerlo dai criminali che che gli stanno alle calcagna; dall' altra il killer spietato e senza umanità Chigurh, che agisce come un “fantasma” e semina morte sulla terra che calpesta; infine i Messicani che agiscono per conto degli acquirenti dello scambio mai concretizzato. Llewelyn si sposta di continuo e impone alla giovanissima compagna Carla Jean di fare altrettanto, ma è del tutto ignaro che all'interno della valigetta sia presente una ricetrasmittente, grazie alla quale Chigurh riesce a scovarlo due volte, senza però mai riuscire a prenderlo. Lo sceriffo intanto segue le orme di entrambi, arrivando tuttavia sempre troppo tardi, fino a quando la caccia spietata non giunge al tragico epilogo.
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'No Country for Old Men' può essere considerato un western moderno, nero e nichilista, distante dallo stile solito che caratterizza la filmografia dei Coen, solo a tratti riconducibile a 'Fargo' e a 'The Man Who Wasn't There', infatti sono i Coen stessi ad ammettere che questa sia la loro opera più violenta, con tratti da action movie e altri che rasentano l'orrore.
I fratelli registi riescono ad elaborare magistralmente una sceneggiatura che ricalca profondamente la forma del romanzo omonimo di McCarthy: i dialoghi sono aridi, sentenziosi, tagliano come lame, penetrano la carne e annichiliscono l' anima dello spettatore, perfettamente inseriti nel contesto della scena, ogni 'Si' e 'No' è posto proprio dove dovrebbe essere. L'ironia caratteristica dei Coen si superficializza saltuariamente come da un'anestesia dolorosa e profonda, arriva allo spettatore in maniera pungente, in una sorta di 'sentimento del contrario' tipico dell'umorismo pirandelliano. Sono proprio le battute, brevi e grevi, uno dei punti di forza principali della pellicola, in particolar modo quando fuoriescono come fiamme nere dalla bocca dello spaventoso Chigurh, in grado di uccidere l'interlocutore ancor prima di una pallottola o di un proiettile captivo della sua iconica pistola ad aria compressa. Questa caratteristica emerge in particolar modo durante il dialogo, quasi senza alcun senso, tra il proprietario della pompa di benzina e Chigurh: l'inquadratura cambia continuamente, passando dall'espressione glaciale e ironica del killer a quella terrorizzata dell'uomo, trascinando il pubblico in un vortice ansiogeno, poiché non c'è alcun senso in ciò che sta succedendo e nulla lascia presagire che la scena possa concludersi in maniera lieta, la tensione tocca il vertice e crolla a picco non appena Chigurh solleva le dita dalla “moneta” coniata nel 1958, che un attimo dopo si rivelerà “portafortuna” e per questa da non “mettere in tasca” poiché “si mescolerebbe con le altre”.
La fotografia e i paesaggi immortalati da Roger Deakins, impiegato egregiamente in altri film più recenti quali 'Sicario' e 'Prisoners' di Villenueve per citarne alcuni, completano lo stile della pellicola in maniera imprescindibile, caratterizzati dalla predominanza del colore giallo amaro del deserto del Texas occidentale, cornice arida e silenziosa quantomai perfetta in questo caso.
I lunghi silenzi e la quasi totale assenza di una colonna sonora contribuiscono paradossalmente ad aumentare la tensione, quasi come a sottolineare che in un mondo dominato dal caos, eviscerato da qualsiasi vestigia di sentimento, non vi sia spazio per un qualcosa di ordinato e lirico come la musica.
Tutti i personaggi, in particolar modo Llewelyn e Chigurh, cercano di raggiungere i propri obiettivi con l' ingegno e la ragione, basti pensare alla scena dell'esplosione fuori dalla farmacia o a quella in cui Moss si impegna per nascondere la valigetta, infatti i due registi dedicano molti minuti nella ripresa di queste metodiche, tanto ne risultano affascinati. Ogni sforzo, ogni stratagemma studiato risulta tuttavia vano, nessuno dei protagonisti di fatto riesce ad avere la meglio sul caos che li circonda, celebrando così la vittoria del nichilismo e della morte sull'uomo, primo fra tutti lo stesso Llewelyn, quando lo sceriffo lo ritrova circondato da una pozza di sangue nella camera di uno squallido motel.
A partire dall'intro, scandita dalle parole dell' acre e malinconico monologo dello sceriffo, e proseguendo con le brevi e violente scene successive, i Coen annullano ogni speranza nello spettatore, poiché ogni scena è un presagio funesto della successiva, aleggia un'aria pesante di rassegnazione che predice un epilogo tragico e triste, come se il destino avesse già scelto, ma alla fine il destino non è che un misero castello di carta volto a spiegare un caos cosmico.
La legge, della quale lo stanco sceriffo Ed Tom è un'allegoria, non può nulla contro il nichilismo umano imperante che fa il giocoliere con il denaro, la droga e la morte, lo sceriffo stesso è uno dei “vecchi” di “un Paese” che non fa più per loro, dal quale sarebbe bene congedarsi prima che sia troppo tardi. Esaustiva è la scena in cui Ed Tom si reca dal vecchio zio Ellis, che gli dà quasi il benvenuto all'interno del circolo di quei “vecchi” senza speranza (“Ti trovo invecchiato”, “SONO invecchiato”), regalandogli solo l'amara consolazione che “Non puoi fermare quello che sta arrivando, non dipende tutto da te, è pura vanità”, incidendo l' epitaffio sulla lapide sotto la quale giace la speranza stessa.
Nella scena finale di fatto anche lo sceriffo,arresosi al mondo e ormai in pensione, giunge alla piena consapevolezza delle parole pronunciate dal vecchio zio, raccontando alla moglie Loretta il sogno fatto la notte precedente. Questa è l'unica scena in cui allo spettatore è concesso abbandonare per un attimo il caldo arido del deserto del Texas, per seguire lo sceriffo nella memoria di un sogno che vale la pena citare per intero e che lo vede protagonista insieme alla figura del padre: “era come se fossimo tornati tutt'e due indietro nel tempo, io ero a cavallo e attraversavo le montagne di notte, attraversavo un passo in mezzo alle montagne; faceva freddo e a terra c'era la neve, e lui mi superava col suo cavallo e andava avanti, continuava a cavalcare senza dire una parola; lui era avvolto in una coperta e teneva la testa bassa; mi ha sorpassato e io mi sono accorto che teneva una fiaccola, ricavata da un corno, come usava ai vecchi tempi, e il corno alla luce della fiamma che c'era dentro era del colore della luna. E nel sogno sapevo che stava andando avanti, per accendere un fuoco da qualche parte, in mezzo a tutto quel buio e a quel freddo, e che quando ci sarei arrivato, lo avrei trovato lì. Poi mi sono svegliato”. Le parole dello sceriffo vengono accompagnate dal ticchettio inesorabile di un orologio, che si fa ancora più martellante dopo quel perentorio “poi mi sono svegliato” fino ai titoli di coda, come a riportare protagonista e pubblico violentemente alla realtà dura e cruda. Il sogno, come del resto tutti i sogni, potrebbe avere diverse legittime interpretazioni: dal mio punto di vista lo sceriffo è consapevole di non essere più in grado di andare avanti per accendere un fuoco da qualche parte con quel corno, a differenza del padre, che nel sogno è vent'anni più giovane di Ed Tom e quindi ancora capace di perforare di luce quel buio e quel freddo, che rappresentano una sorta di upside-down onirico della realtà di questo mondo. Nel mare caotico e nero del contingente, in cui qualsiasi morale viene soggiogata dalla sete di denaro e dalla violenza, quel corno perlaceo con quella fiamma rappresentano l'unico mezzo in grado di fare luce, al fine di alimentare un fuoco, che non tutti sarebbero in grado di raggiungere, ma intorno al quale l'uomo può cercare tanto più sollievo quanto più viene rinnovato da queste piccole fiammelle solitarie, le quali ognuno di noi dovrebbe impegnarsi a preservare,dal momento che rappresentano l'unico scampolo di ragione e valore nel bel mezzo del nulla più oscuro.
La figura di Anton Chigurh:
Il killer dalla capigliatura bizzarra, interpretato magistralmente da Javier Bardem, si stampa nella mente dello spettatore ed entra di prepotenza nell'olimpo dei cattivi più malvagi e inquietanti dell'immaginario collettivo, al pari di Hannibal Lecter o di Kayser Söze. Nel film Chigurh viene qualificato con diverse espressioni dai personaggi: “figlio di puttana” o “madre di tutte le carogne” da Moss, “fantasma” o “senza peli sullo stomaco” da parte di Bell, “uomo strano a cui manca completamente il senso dell'umorismo” da parte di Carson Wells, quest' ultimo interpretato in maniera impeccabile dal mitico Woody Harlesson; tutte queste espressioni però risultano solo parziali, infatti la figura di Anton si presta a molteplici simboli e interpretazioni. In ogni scena in cui si materializza quasi dal nulla, come un fantasma appunto, appare come uno psicopatico del tutto svestito di sentimenti e umanità, freddo, imperturbabile, incorruttibile e paradossalmente con propri principi granitici, completamente estranei da ogni logica per qualsiasi persona normale (Carla Jean prima del suo assassinio:“Non ha alcun senso, hai giurato a mio marito che mi avresti ammazzata?” “quando ti ho visto seduto lì ho capito subito che eri pazzo”; Carson prima che Chigurh lo uccida: “Hai una vaga idea ti quanto tu sia pazzo?”). Dalla sceneggiatura si potrebbe evincere che questa affascinante e spaventosa figura rappresenti il destino, un angelo della morte che agisce in virtù del fatto che gli eventi avessero già imboccato un sentiero predefinito, del quale il lancio della moneta ne rappresenta solo una prova a posteriori. Anton stesso ne è consapevole e si compiace di questa sua condizione super partes, iconica è la scena in cui spara ad un corvo dalla macchina passando sotto l'impalcatura di un ponte, facendo risuonare tutta la struttura come una fanfara mortifera. Lo sceriffo in prima persona è portato a dubitare che questo “cane sciolto” esista sul serio, come nell' ambigua scena in cui Ed Tom ritorna sul luogo dell'omicidio di Lleweylin: apre la porta della camera del motel, la cui serratura era stata fatta saltare da Chigrh e sul riflesso della quale scorge qualcuno muoversi all'interno, ma una volta dentro lo psicopatico non c'è e la finestra del bagno è chiusa dell'interno.
Nonostante l'entità quasi eterea di questo demone seminatore di morte, nella penultima scena del film è Chigurh stesso ad essere ironicamente vittima del fato, o meglio del caso, in un banale incidente ad un incrocio con semaforo. I Coen si prendono gioco anche del cattivo, il destino diviene vittima del caso, come a voler sottolineare che non c'è nulla di scritto in questo mondo buio e senza senso.
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6 anni fa
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18 set 2018
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Copioincollo la recensione scritta sul gruppo fb tempo fa.
Trama:
Agli albori degli anni 80 nel brullo deserto del Texas, durante una battuta di caccia in solitaria, il giovane...
Copioincollo la recensione scritta sul gruppo fb tempo fa.
Trama:
Agli albori degli anni 80 nel brullo deserto del Texas, durante una battuta di caccia in solitaria, il giovane Llewelyn Moss si ritrova sul luogo di uno scambio di eroina finito male, nei pressi del quale ritrova una valigetta con più di 2 milioni di dollari accanto ad un trafficante messicano dissanguato. Da questo momento parte una caccia all' uomo senza tregua su più fronti: da una parte l'anziano sceriffo Ed Tom Bell, il quale vuole ritrovare Moss e proteggerlo dai criminali che che gli stanno alle calcagna; dall' altra il killer spietato e senza umanità Chigurh, che agisce come un “fantasma” e semina morte sulla terra che calpesta; infine i Messicani che agiscono per conto degli acquirenti dello scambio mai concretizzato. Llewelyn si sposta di continuo e impone alla giovanissima compagna Carla Jean di fare altrettanto, ma è del tutto ignaro che all'interno della valigetta sia presente una ricetrasmittente, grazie alla quale Chigurh riesce a scovarlo due volte, senza però mai riuscire a prenderlo. Lo sceriffo intanto segue le orme di entrambi, arrivando tuttavia sempre troppo tardi, fino a quando la caccia spietata non giunge al tragico epilogo.
Commento:
'No Country for Old Men' può essere considerato un western moderno, nero e nichilista, distante dallo stile solito che caratterizza la filmografia dei Coen, solo a tratti riconducibile a 'Fargo' e a 'The Man Who Wasn't There', infatti sono i Coen stessi ad ammettere che questa sia la loro opera più violenta, con tratti da action movie e altri che rasentano l'orrore.
I fratelli registi riescono ad elaborare magistralmente una sceneggiatura che ricalca profondamente la forma del romanzo omonimo di McCarthy: i dialoghi sono aridi, sentenziosi, tagliano come lame, penetrano la carne e annichiliscono l' anima dello spettatore, perfettamente inseriti nel contesto della scena, ogni 'Si' e 'No' è posto proprio dove dovrebbe essere. L'ironia caratteristica dei Coen si superficializza saltuariamente come da un'anestesia dolorosa e profonda, arriva allo spettatore in maniera pungente, in una sorta di 'sentimento del contrario' tipico dell'umorismo pirandelliano. Sono proprio le battute, brevi e grevi, uno dei punti di forza principali della pellicola, in particolar modo quando fuoriescono come fiamme nere dalla bocca dello spaventoso Chigurh, in grado di uccidere l'interlocutore ancor prima di una pallottola o di un proiettile captivo della sua iconica pistola ad aria compressa. Questa caratteristica emerge in particolar modo durante il dialogo, quasi senza alcun senso, tra il proprietario della pompa di benzina e Chigurh: l'inquadratura cambia continuamente, passando dall'espressione glaciale e ironica del killer a quella terrorizzata dell'uomo, trascinando il pubblico in un vortice ansiogeno, poiché non c'è alcun senso in ciò che sta succedendo e nulla lascia presagire che la scena possa concludersi in maniera lieta, la tensione tocca il vertice e crolla a picco non appena Chigurh solleva le dita dalla “moneta” coniata nel 1958, che un attimo dopo si rivelerà “portafortuna” e per questa da non “mettere in tasca” poiché “si mescolerebbe con le altre”.
La fotografia e i paesaggi immortalati da Roger Deakins, impiegato egregiamente in altri film più recenti quali 'Sicario' e 'Prisoners' di Villenueve per citarne alcuni, completano lo stile della pellicola in maniera imprescindibile, caratterizzati dalla predominanza del colore giallo amaro del deserto del Texas occidentale, cornice arida e silenziosa quantomai perfetta in questo caso.
I lunghi silenzi e la quasi totale assenza di una colonna sonora contribuiscono paradossalmente ad aumentare la tensione, quasi come a sottolineare che in un mondo dominato dal caos, eviscerato da qualsiasi vestigia di sentimento, non vi sia spazio per un qualcosa di ordinato e lirico come la musica.
Tutti i personaggi, in particolar modo Llewelyn e Chigurh, cercano di raggiungere i propri obiettivi con l' ingegno e la ragione, basti pensare alla scena dell'esplosione fuori dalla farmacia o a quella in cui Moss si impegna per nascondere la valigetta, infatti i due registi dedicano molti minuti nella ripresa di queste metodiche, tanto ne risultano affascinati. Ogni sforzo, ogni stratagemma studiato risulta tuttavia vano, nessuno dei protagonisti di fatto riesce ad avere la meglio sul caos che li circonda, celebrando così la vittoria del nichilismo e della morte sull'uomo, primo fra tutti lo stesso Llewelyn, quando lo sceriffo lo ritrova circondato da una pozza di sangue nella camera di uno squallido motel.
A partire dall'intro, scandita dalle parole dell' acre e malinconico monologo dello sceriffo, e proseguendo con le brevi e violente scene successive, i Coen annullano ogni speranza nello spettatore, poiché ogni scena è un presagio funesto della successiva, aleggia un'aria pesante di rassegnazione che predice un epilogo tragico e triste, come se il destino avesse già scelto, ma alla fine il destino non è che un misero castello di carta volto a spiegare un caos cosmico.
La legge, della quale lo stanco sceriffo Ed Tom è un'allegoria, non può nulla contro il nichilismo umano imperante che fa il giocoliere con il denaro, la droga e la morte, lo sceriffo stesso è uno dei “vecchi” di “un Paese” che non fa più per loro, dal quale sarebbe bene congedarsi prima che sia troppo tardi. Esaustiva è la scena in cui Ed Tom si reca dal vecchio zio Ellis, che gli dà quasi il benvenuto all'interno del circolo di quei “vecchi” senza speranza (“Ti trovo invecchiato”, “SONO invecchiato”), regalandogli solo l'amara consolazione che “Non puoi fermare quello che sta arrivando, non dipende tutto da te, è pura vanità”, incidendo l' epitaffio sulla lapide sotto la quale giace la speranza stessa.
Nella scena finale di fatto anche lo sceriffo,arresosi al mondo e ormai in pensione, giunge alla piena consapevolezza delle parole pronunciate dal vecchio zio, raccontando alla moglie Loretta il sogno fatto la notte precedente. Questa è l'unica scena in cui allo spettatore è concesso abbandonare per un attimo il caldo arido del deserto del Texas, per seguire lo sceriffo nella memoria di un sogno che vale la pena citare per intero e che lo vede protagonista insieme alla figura del padre: “era come se fossimo tornati tutt'e due indietro nel tempo, io ero a cavallo e attraversavo le montagne di notte, attraversavo un passo in mezzo alle montagne; faceva freddo e a terra c'era la neve, e lui mi superava col suo cavallo e andava avanti, continuava a cavalcare senza dire una parola; lui era avvolto in una coperta e teneva la testa bassa; mi ha sorpassato e io mi sono accorto che teneva una fiaccola, ricavata da un corno, come usava ai vecchi tempi, e il corno alla luce della fiamma che c'era dentro era del colore della luna. E nel sogno sapevo che stava andando avanti, per accendere un fuoco da qualche parte, in mezzo a tutto quel buio e a quel freddo, e che quando ci sarei arrivato, lo avrei trovato lì. Poi mi sono svegliato”. Le parole dello sceriffo vengono accompagnate dal ticchettio inesorabile di un orologio, che si fa ancora più martellante dopo quel perentorio “poi mi sono svegliato” fino ai titoli di coda, come a riportare protagonista e pubblico violentemente alla realtà dura e cruda. Il sogno, come del resto tutti i sogni, potrebbe avere diverse legittime interpretazioni: dal mio punto di vista lo sceriffo è consapevole di non essere più in grado di andare avanti per accendere un fuoco da qualche parte con quel corno, a differenza del padre, che nel sogno è vent'anni più giovane di Ed Tom e quindi ancora capace di perforare di luce quel buio e quel freddo, che rappresentano una sorta di upside-down onirico della realtà di questo mondo. Nel mare caotico e nero del contingente, in cui qualsiasi morale viene soggiogata dalla sete di denaro e dalla violenza, quel corno perlaceo con quella fiamma rappresentano l'unico mezzo in grado di fare luce, al fine di alimentare un fuoco, che non tutti sarebbero in grado di raggiungere, ma intorno al quale l'uomo può cercare tanto più sollievo quanto più viene rinnovato da queste piccole fiammelle solitarie, le quali ognuno di noi dovrebbe impegnarsi a preservare,dal momento che rappresentano l'unico scampolo di ragione e valore nel bel mezzo del nulla più oscuro.
La figura di Anton Chigurh:
Il killer dalla capigliatura bizzarra, interpretato magistralmente da Javier Bardem, si stampa nella mente dello spettatore ed entra di prepotenza nell'olimpo dei cattivi più malvagi e inquietanti dell'immaginario collettivo, al pari di Hannibal Lecter o di Kayser Söze. Nel film Chigurh viene qualificato con diverse espressioni dai personaggi: “figlio di puttana” o “madre di tutte le carogne” da Moss, “fantasma” o “senza peli sullo stomaco” da parte di Bell, “uomo strano a cui manca completamente il senso dell'umorismo” da parte di Carson Wells, quest' ultimo interpretato in maniera impeccabile dal mitico Woody Harlesson; tutte queste espressioni però risultano solo parziali, infatti la figura di Anton si presta a molteplici simboli e interpretazioni. In ogni scena in cui si materializza quasi dal nulla, come un fantasma appunto, appare come uno psicopatico del tutto svestito di sentimenti e umanità, freddo, imperturbabile, incorruttibile e paradossalmente con propri principi granitici, completamente estranei da ogni logica per qualsiasi persona normale (Carla Jean prima del suo assassinio:“Non ha alcun senso, hai giurato a mio marito che mi avresti ammazzata?” “quando ti ho visto seduto lì ho capito subito che eri pazzo”; Carson prima che Chigurh lo uccida: “Hai una vaga idea ti quanto tu sia pazzo?”). Dalla sceneggiatura si potrebbe evincere che questa affascinante e spaventosa figura rappresenti il destino, un angelo della morte che agisce in virtù del fatto che gli eventi avessero già imboccato un sentiero predefinito, del quale il lancio della moneta ne rappresenta solo una prova a posteriori. Anton stesso ne è consapevole e si compiace di questa sua condizione super partes, iconica è la scena in cui spara ad un corvo dalla macchina passando sotto l'impalcatura di un ponte, facendo risuonare tutta la struttura come una fanfara mortifera. Lo sceriffo in prima persona è portato a dubitare che questo “cane sciolto” esista sul serio, come nell' ambigua scena in cui Ed Tom ritorna sul luogo dell'omicidio di Lleweylin: apre la porta della camera del motel, la cui serratura era stata fatta saltare da Chigrh e sul riflesso della quale scorge qualcuno muoversi all'interno, ma una volta dentro lo psicopatico non c'è e la finestra del bagno è chiusa dell'interno.
Nonostante l'entità quasi eterea di questo demone seminatore di morte, nella penultima scena del film è Chigurh stesso ad essere ironicamente vittima del fato, o meglio del caso, in un banale incidente ad un incrocio con semaforo. I Coen si prendono gioco anche del cattivo, il destino diviene vittima del caso, come a voler sottolineare che non c'è nulla di scritto in questo mondo buio e senza senso.
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6 anni fa
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Fabrizio
07/11/2024
Emanuele
18/10/2024
Emanuele
18/11/2024
#IlTuoLivello
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Joe Riga
6 anni fa
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Gigi Dag
6 anni fa
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