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Aftersun - Recensione: sempre il solito maledetto tempo

Aftersun di Charlotte Wells è un film che utilizza la ricerca del tempo per ricostruire i ricordi di una vacanza tra padre e figlia

C’è un dialogo nei primi minuti di Aftersun - il folgorante esordio alla regia di Charlotte Wells - che sembra racchiudere il senso del film. 

“Perché non vai a presentarti?” 

“Papà, no! Sono bambine. Perché non vai tu a presentarti?” (indicando le mamme delle bambine in questione) 

“Sophie, sono grandi”. 

 

Uno scambio di battute tra un padre e una figlia apparentemente innocuo, ma che cela dietro di sé il peso del tempo.

Da una parte abbiamo Sophie (Frankie Corio), in vacanza con il papà in un resort, che attende trepidante di crescere per emulare i ragazzi e le ragazze più grandi di lei che osserva e ascolta con interesse.

 

Dall’altra parte invece c’è Calum (Paul Mescal), sorpreso di essere arrivato a trent’anni e che dietro i sorrisi rassicuranti verso la figlia nasconde un dolore lancinante. 

 

[Il trailer di Aftersun]

 

 

Charlotte Wells ci mostra una contrapposizione tra i due personaggi principali legati dalla ricerca del tempo perduto.

 

Anche la narrazione di Aftersun sembra voler ribadire un percorso di riappropriazione temporale, andando contro ogni accenno di verticalità della trama per inseguire invece la ciclicità delle giornate, che nella loro monotonia racchiudono sempre sprazzi che vale la pena fermare in una Polaroid. 

 

La regista britannica parte dai video che Sophie ha realizzato durante la vacanza con suo padre per scandagliare i ricordi, ricostruendo - in modo fallace o meno - un rapporto che all’epoca sembrava per lei normale.

È il peso di non aver capito lo stato psicologico del padre che Charlotte Wells fa trasparire delicatamente con il procedere del film.

La vacanza tra papà e figlia diventa un viaggio con la “videocamera mentale” della Sophie adulta per piegare la forma degli eventi verso la ricerca di un senso che, sapientemente, ci viene solo suggerito, ma che si presta a diverse interpretazioni a seconda di chi vede. 

 

Notiamo che la presunta realtà in Aftersun non è quella registrata sui video delle vacanze - il Cinema è verità? - ma nel fuoricampo, dove Calum fuma e balla tristemente sul balcone del resort mentre la figlia dorme: l’uso del sonoro in questa scena è rivelatore. 

 

 

 

 

[Paul Mescal è stato candidato agli Oscar 2023 come Migliore Attore Protagonista grazie alla sua struggente prova]

 

 

Piano piano quindi il tono del film e di quel flashforward iniziale acquista tutt’altra piega, inferendo allo spettatore tanti piccoli tagli che formano una ferita sgorgante sangue, verso un finale che è un vortice emotivo dal quale non ci si riprende facilmente.

 

Ma la grandezza di Aftersun è data anche dalla capacità di trasmettere questo dolore universalmente, rielaborando il senso di perdita ed espandendolo a ogni tipo di rapporto. 

 

Il tempo quindi tiranno si frappone tra le persone, pone fine a relazioni solo per tempi - appunto - sbagliati, dove l’amore non basta per fare da collante perché Charlotte Wells sembra voler dire che il tempo è il doposole (aftersun) per rimediare alle scottature prese, alcune indelebili e altre meno. 

 

L’inserimento del brano Under Pressure nella colonna sonora durante il finale sembra fornici le parole che il film non ci ha dato, ma solo - fortunatamente - mostrato:  

 

"Can't we give ourselves one more chance? 

Why can't we give love that one more chance? 

Why can't we give love, give love, give love, give love 

Give love, give love, give love, give love..."

 

[Non possiamo darci un'altra possibilità? 

Perché non diamo all'amore un'altra possibilità? 

Perché non diamo amore, diamo amore, diamo amore...]

 

 

[I dettagli in Aftersun sono fondamentali: luce (Sophie) buio (Calum)]

 

 

Quale miglior modo, se non attraverso l’uso mirato del montaggio, per rappresentare la percezione del ricordo dove le ellissi temporali e le dissolvenze vanno a formare un collage interpretativo figlio di un lavoro di scrittura invisibile ma estremamente curato?  

 

Aftersun non si pone come film nostalgico, bensì di elaborazione del sentimento, di uno stato umano che prima o poi - ciclicamente - si ripropone, perché saremo sempre alla ricerca del tempo perduto di Marcel Proust:

“Tutte le cose della vita che sono esistite un tempo tendono a ricrearsi”.

 

Charlotte Wells con il suo esordio ci ricorda perché continuiamo a guardare le immagini: permettono un'evasione rispecchiandoci in esse, trovando conforto in una situazione che magari non abbiamo vissuto, ma che abbiamo solamente percepito di aver fatto.  

 

Immagini che diventano sentimento, carezze che sono un atto d’amore e di fiducia verso noi stessi e il futuro. 

 

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