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The Killer - Recensione: Fincher e una crepa nel ghiaccio

David Fincher e le sue atmosfere incantano ancora una volta il pubblico con The Killer. Uno degli insoliti e cupi personaggi dell'amato regista, questa volta incarnato dal perfetto Michael Fassbender, è all'azione in un thriller irresistibile, dalla Mostra Internazionale d'Arte Cinematografica di Venezia 2023 ora disponibile su Netflix. Dopo tre anni dall'ultimo film, torna sugli schermi il pluripremiato regista di Fight Club e Seven: sarà in grado di sorprenderci ancora?

David Fincher scava in una insolita psiche umana con The Killer, attraverso la sua lente austera e un gelido Michael Fassbender in uno di quei personaggi che gli si cuciono addosso: rigoroso, superiore, perfetto (?). 

 

Questo protagonista, avvolto dal principio da un'aura di onnipotenza, incanta gli occhi dello spettatore, inevitabilmente attratto dall'idea di perfezione, seppur incarnata da un professionista della morte, anzi il professionista: the killer. 

 

[Il trailer internazionale di The Killer]

 

 

Nel grigio di una cupa Parigi The killer, non meglio identificato che da una sequenza di nomi falsi, appare da subito un assassino professionista, meticoloso e infallibile nel suo distacco, come tanti altri killer visti nei film.

Nei film, appunto... perché lo spettatore da subito percepisce questa perfezione sentendosene distanziato, affascinato ma non tanto da venirne catturato e ritrovarsi immedesimato.

 

Il personaggio di Fassbender ha le sue regole da professionista, che sono un mantra ripetuto quanto i gesti ricorrenti di ogni passaggio della sua missione, ineludibili convinzioni e comportamenti che lo hanno reso il migliore. 

 

"Attieniti al piano. Gioca d'anticipo, non improvvisare, non fidarti: mai concedere un vantaggio.

Combatti solo se sei pagato per combattere. Niente empatia, l'empatia è debolezza, la debolezza è vulnerabilità.

A ogni passo del percorso chiediti: io che cosa ci guadagno? Questo è quello che conta. Quello in cui devi impegnarti, se vuoi avere successo... semplice!"

 

L'assassino di The Killer è un individuo superiore, uno dei pochi in grado di accettare l'esistenza e non essere schiavo di un destino ingannevole.

 

Lui può controllare ogni dettaglio per non essere mai sorpreso dagli eventi né sottomesso alla volontà di qualcun altro.

 

 

[The Killer: Michael Fassbender travestito da turista tedesco]

 

 

Finché qualcosa va storto.

 

L'imprevisto fallimento della missione apre una crepa nel ghiaccio di una personalità impenetrabile. La scia di conseguenze porta innavertitamente a galla una vita segreta che the killer deve proteggere.

Il velo di perfezione inizia a scostarsi per mostrare la natura umana, quasi normale, di un professionista che si scopre essere in realtà compromesso, vulnerabile, fallibile.

Il cinismo lascia il popsto all'ira, sempre regolata ma implacabile. Che fine ha fatto il "Non me ne frega un cazzo"?

 

Il mantra del killer, ripetuto dall'inizio alla fine del film, nel corso dello svolgimento si distorce e diventa una cantilena man mano sempre più sterile e falsa, che suona come un'autoconvinzione, quasi una menzogna ripetuta a un se stesso che non vuole riconoscere e accettare la realtà della propria fragilità. 

Uno smascheramento che trasforma anche il sottofondo dei The Smiths: da disturbante contrasto con l'azione spietata del killer, a colonna sonora della pensione di un uomo comune, di uno... dei tanti. 

 

Quei tanti che disprezzava e che usava come travestimento, quasi a sfregio.

 

 

[Un frame da The Killer]

 

 

Lo svolgimento della vicenda di The Killer è lineare, senza suspense nella suddivisione cronologica in capitoli, coerente con la prevedibilità metodica del killer professionista.

 

Nessun colpo di scena clamoroso farà saltare sulla sedia lo spettatore, incollato comunque allo schermo come incantato da un personaggio che potrebbe avvicinarsi all'uomo comune, ma da cui tenta con determinazione e disprezzo di rimanere estraneo.

L'attrazione, resa anche dalle cupe atmosfere di Fincher, incatena chi guarda, ma non lo assorbe mai completamente.

 

Si rimane spettatori, non realmente interrogati e disturbati dall'analisi di una personalità in cui difficilmente ci si ritrova, ma da cui ci si lascia piacevolmente intrattenere.

 

[articolo a cura di Elisa Rossi]

 

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