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#top8

8 film sulle malattie mentali che ci hanno scioccato

Depressione, disturbo post traumatico da stress, autismo, personalità borderline e molti altri! Il crossover tra cinema e psichiatria rappresenta un genere immortale che continua ad affascinarci. Ecco gli migliori film sulle malattie mentali

Sapete quanti film sulle malattie mentali sono stati sono stati diretti nella storia ultracentenaria del Cinema? Più di quanti possiate immaginare! 

 

 

Cinema e psichiatria rappresentano un tutt'uno e a dimostrarlo basterebbe andarsi a spulciare i continui incroci che hanno caratterizzato la storia di entrambi, con le numerose rappresentazioni cinematografiche dei disturbi mentali e degli psichiatri e il parallelo interesse da parte di questi ultimi per la celluloide.

 

Perché questo filone narrativo ha riscosso e continua a riscuotere grande successo?

Insomma, perché siamo così affascinati dai film sulle malattie mentali?

Perché il cervello umano si nutre delle cose più strane.

 

Dall'inizio degli anni '90 a oggi si è constatato che in ambito medico-psichiatrico è decisamente aumentato l'interesse tanto per l'impiego dei mezzi audiovisivi quanto per i rapporti tra Cinema e malattia mentale.

 

Probabilmente ciò deriva dal fatto che Cinema e psichiatria condividono lo stesso soggetto: emozioni, motivazioni, comportamenti e storie di vita rappresentano per l'uno e l'altra la principale, complessa, materia di studio.

 

L'interesse degli psichiatri nei confronti dei film è facilmente intuibile.

Il Cinema, con l'uso delle immagini in movimento, riesce a riprodurre il funzionamento effettivo della mente umana meglio delle forme narrative classiche.

 

La forza di questo connubio sta nella reciprocità di interesse.

Spesso per produrre film a sfondo psichiatrico registi e sceneggiatori si sono ispirati ai saggi scritti da esperti del settore, anche se altrettanto spesso molte pellicole hanno trattato il problema con superficialità e scarsa accuratezza, mantenendo terminologie ormai desuete per la psichiatria ufficiale.

 

In molti casi, tuttavia, la cinematografia è riuscita a veicolare temi e argomenti scottanti, scuotendo le coscienze e innescando talvolta vere e proprie battaglie ideologiche.

 

Insomma, quando Joaquin Phoenix in Joker scrive sul suo diario che “la parte peggiore di avere una malattia mentale è che le persone si aspettano che ti comporti come se non l'avessi” ha sicuramente ragione, ma se si parla di Cinema non si può pronunciare concetto più distante dalla realtà: più percepiamo sul grande schermo un soggetto distante dai nostri canoni di valutazioni, più ne siamo attratti e interessati!

 

E allora andiamo a vedere i casi più eclatanti e qualitativi di film sulle malattie mentali.

 

Riuscire ad assemblare la consueta Top 8 è stato più complicato del solito, visto che i titoli a disposizione sono davvero tanti.

 

 

Nella nostra lista abbiamo voluto inserire un film per ogni malattia mentale, al fine di evitare “doppioni”.

Che ne pensate? 

Quali titoli aggiungereste? 



Posizione 8

Non desiderare la donna d'altri 

(Susanne Bier, 2004)

 

Disturbo Post-Traumatico da Stress

 

La nevrosi da guerra, o disturbo da stress post-traumatico, rappresenta una problematica attualissima e drammatica che affligge il 60% dei soldati europei rientranti da un conflitto.

 

A trattare questa patologia in maniera efficacissima ci ha pensato la regista danese Susanne Bier (Oscar 2011 al Miglior Film in Lingua Straniera per In un mondo migliore) nel film Brødre, in italiano Non desiderare la donna d'altri (quando impareremo a lasciare il titolo originale dei film sarà un giorno migliore).

 

Il film racconta la storia di Michael, militare pluridecorato con una vita perfetta, bella moglie e figlie adorabili.

 

Il suo unico cruccio è rappresentato dal fratello minore Jannik, sbandato che vive ai margini della legalità.

Michael convince Jannik a trasferirsi da lui per gestire con più serenità il rientro in società e suo fratello accetta.

Pochi giorni dopo però, Michael viene richiamato al fronte, dove vivrà una quantità infinita di traumi e verrà addirittura rapito dai militari afghani.

 

Sua moglie, credendolo morto, si avvicina a suo fratello, sfiorando una relazione.

Michael però riesce a tornare miracolosamente a casa, presentandosi però come un uomo profondamente cambiato e alienato.

 

 Aldilà dell'intreccio familiare e amoroso della pellicola, Non desiderare la donna d'altri riesce a tracciare perfettamente il profilo di una persona afflitta da PTSD.

 

Nella rappresentazione della Bier si vede come Michael, tornato a casa, presenti disturbi del sonno, cambi d'umore, ipervigilanza e momenti della giornata in cui si isola, si assenti e riviva momenti del conflitto sotto forma di flashback.

 

Talvolta intraprende azioni di difesa non necessarie anche contro sua moglie e le sue figlie, dovute a un’interpretazione inadeguata della realtà e condizionata dall’esperienza in Afghanistan.

 

Il film mostra inoltre quanto sia difficile uscirne, e non è un caso che Non desiderare la donna d'altri sia stato protagonista di un remake americano nel 2009.

 

Brothers, con Tobey Maguire, Jake Gyllenhaal e Natalie Portman, è infatti totalmente ispirato alla pellicola della Bier.

Nonostante un cast stellare però, il remake statunitense si è rivelato un prodotto nettamente inferiore all'originale.

 



Posizione 7

Prozac Nation

(Erik Skjoldbjærg, 2001)

 

Depressione

 

Nella Top 8 dedicata ai film sulle malattie mentali, non potevamo non inserire un film sulla più diffusa malattia mentale al mondo, vale a dire la depressione.

 

Negli Stati Uniti un cittadino su 10 assume antidepressivi, ed è proprio questo lo spunto da cui parte il regista indipendente Erik Skjoldbjærg (Insomnia) per raccontare la storia di Lizzie (Christina Ricci), studentessa del corso di giornalismo a Harvard.

 

Lizzie è una ragazza profondamente instabile che rischia di perdere tutto a causa della depressione e che proprio per questo arriva alla decisione di fare uso in modo massiccio di Prozac per risolvere le sue problematiche.

 

Il film, basato su un romanzo autobiografico di Elizabeth Wurtzel, riesce a rappresentare molto bene il disagio e le problematiche che intercorrono in una situazione, piuttosto comune, come quella vissuta dalla protagonista.

 

A colpire poi è la performance di Christina Ricci (Casper, La Famiglia Addams) che in Prozac Nation tira fuori la prova attoriale della carriera, donandosi come mai prima, osando nudo e scene madri di intensità e difficoltà notevoli.

 

Carina l'ambientazione, personaggi curati e funzionali a trattare il tema della depressione, già citata Christina Ricci sugli scudi e colonna sonora perfetta.

 

Ah, e se vi interessa c'è anche un cameo di Lou Reed.

 



Posizione 6

Qualcosa è cambiato

(James L. Brooks, 1997)

 

Disturbo Ossessivo Compulsivo

 

Quando si parla di film sulle malattie mentali non può che palesarsi Jack Nicholson!

 

L'attore 3 volte Premio Oscar offre una performance superba in questo film di James L. Brooks, performance che appunto gli valse l'Oscar come Miglior Attore Protagonista nel 1998.

 

In Qualcosa è cambiato Nicholson veste i panni di Melvin, scrittore burbero, intransigente, moralista e misantropo afflitto da un evidente disturbo ossessivo-compulsivo.

Insomma un mix perfetto per instaurare qualsiasi tipo di rapporto umano con le persone!

 

Melvin teme qualsiasi tipo di contagio, va in giro con i guanti, porta le sue posate di plastica puntualmente sigillate al ristorante, si lava le mani appena arriva a casa e getta il sapone appena utilizzato.

Finita qui? Neanche per sogno...

Melvin fa tre docce al giorno con acqua bollente, chiude la porta in modo ripetitivo per un certo numero di volte, ripete mentalmente alcune parole e non calpesta determinate linee sui marciapiedi.

 

La pellicola, seppur affrontando queste problematiche con l'arma della commedia, riesce perfettamente a mostrare una patologia spesso trascurata.

 

Vedere interagire Nicholson con Helen Hunt (Oscar anche per lei), Cuba Gooding Jr. e Greg Kinnear risulta esilarante.

 

Qualcosa è cambiato è un cocktail di felicità, tristezza, compassione, egoismo, simpatia, diversità e ossessioni di ogni tipo. 

 

 

Posizione 5

Joker

(Todd Phillips, 2019)

 

Sindrome Pseudobulbare

 

Uno dei film sulle malattie mentali più potenti è anche uno dei film più recenti del cinema hollywoodiano.

La forza della pellicola è dovuta in primis al suo protagonista Joaquin Phoenix.

 

In Joker la sua è un’esibizione drammatica, violenta e avvincente allo stesso tempo, un’interpretazione che avrebbe funzionato perfettamente anche senza il collegamento con la saga di Batman.

 

Il Joker di Phoenix richiama ai classici degli anni '70 sull’alienazione, film come Taxi Driver, Serpico, Re per una notte e Arancia Meccanica rappresentano una traccia per raccontare la Gotham City del tempo che, ovviamente, si può identificare con New York.

 

Era un’epoca in cui a farla da padrone erano la corruzione, il crimine dilagante, le crisi economiche e le disparità sociali, in un contesto infernale che Phillips rappresenta perfettamente.

 

E in questo contesto infernale ci sta perfettamente il Joker.

Preso in giro sul lavoro, per la strada, incapace di interagire con gli altri e di costruire qualsiasi tipo di legame.

Arthur Fleck è un relitto in decadimento, a metà tra fantasma e persona reale, ma in lui resta vivo sempre il desiderio di apparire, di “farsi vedere”.

 

Arthur Fleck a.k.a. Joker soffre di numerose psicosi ma una su tutte fa davvero impressione, vale a dire quella che gli provoca una risata incontrollabile.

 

Ebbene, la risata di Arthur così malata e inquietante esiste davvero, o meglio, va associata a un disturbo psichiatrico ben preciso: la Sindrome Pseudobulbare, una condizione caratterizzata dall'incapacità di controllare i muscoli del distretto facciale, causata da diverse malattie neurologiche.

 

Pare che Joaquin Phoenix, per riprodurre una delle risate più folli della Storia del Cinema, si sia basato su materiali audiovisivi di un certo tipo:

 

Ho visto dei video che mostravano persone affette da risata patologica, una disfunzione psichica che rende incontrollabile la mimica.

Non pensavo di essere in grado di farlo, ho provato a lavorare da solo ma ho dovuto chiamare Todd per fare un’audizione a questa risata, mi ci è voluto molto tempo per trovarla”. 

 

 

Posizione 4

Ragazze Interrotte

(James Mangold, 1999)

 

Disturbo Borderline di Personalità

 

Ipercoinvolgimento nelle relazioni, sindrome dell'abbandono, senso di indegnità e senso di vulnerabilità.

Di che stiamo parlando?

Dei sintomi cardine del disturbo borderline, che trova la sua bibbia in Ragazze Interrotte di James Mangold (Walk the Line - Quando l'amore brucia l'anima, Logan, Le Mans '66 - La Grande Sfida).

 

Un titolo di questa caratura non può non starci nella nostra Top 8 sui film sulle malattie mentali.

 

La pellicola portò alla consacrazione di Angelina Jolie (Lisa) nell'olimpo di Hollywood (Oscar come Migliore Attrice non Protagonista) e rappresentò uno dei punti più alti toccati da Winona Ryder (Susanna).

 

Le sequenze del film presentano i temi problematici di ogni ragazza in un contesto poco accogliente e piuttosto alienante, più custodialistico che curativo.

Le patologie che Ragazze Interrotte tratta sono ad esempio la bulimia, l'anoressia, l'autolesionismo, affrontando il tutto sempre da un punto di vista femminile, spesso snobbato e poco considerato a livello cinematografico.

 

Essere borderline significa vivere le proprie emozioni al limite, su un filo molto sottile che divide la normalità alla psicosi e, come si evince dal film, le cause spesso più che intime sono ambientali.

 

La tag line del film - “Nel 1969 i più scatenati andavano a Woodstock, i più sfortunati andavano in guerra, mentre quelli che non sapevano cosa scegliere andavano a Claymore” - ci anticipa tutte le contraddizioni di un sistema sanitario che, soprattutto a quell'epoca, spesso tutto fa tranne che alleviare e migliorare le condizioni delle malate. 

 

 

Posizione 3

A Beautiful Mind

(Ron Howard, 2001)

 

Schizofrenia

  

Nonostante presenti alcune imprecisioni e inesattezze, tra cui in particolare la scelta di far apparire per necessità cinematografiche le allucinazioni uditive come visive e di definire le tematiche deliranti dei protagonisti con delle allucinazioni complesse, A Beautiful Mind è ancora oggi ritenuto da gran parte degli psichiatri uno dei film sulle malattie mentali che descrivono più efficacemente la schizofrenia.

 

 A viverla in prima persona è il matematico e premio Nobel John Forbes Nash jr., interpretato magistralmente da Russell Crowe.

 

Nash vive in un dualismo costante prodotto dalla sua mente, dove distinguere tra realtà e fantasia risulta spesso impossibile.

 

Le allucinazioni e i deliri causati dalla schizofrenia non sono mai spariti ma Nash, anche grazie all'aiuto di sua moglie, è riuscito a tenerli sotto controllo al punto che, dopo anni di visite e internamenti psichiatrici, è tornato a insegnare matematica a Harvard.

 

Secondo il famoso psichiatra Glen Gabbard ad esempio, il film di Ron Howard è

“Uno dei migliori, se non il migliore ritratto di che cosa sia la schizofrenia”.

 

Al pari della schizofrenia, anche i disturbi dell’umore vengono a volte presentati in maniera convincente, sia per quanto riguarda la mania, sia per la depressione.

 

 

Posizione 2

Rain Man - L'uomo della pioggia

(Barry Levinson, 1988)

 

Autismo

 

Raymond Babbit (Dustin Hoffman) è malato di autismo.

Vive da 40 anni ripiegato su se stesso, senza emozione né sentimento che non sia la paura.

 

Un giorno bussa alla porta del suo istituto Charlie Babbitt (Tom Cruise), bello rampante e senza scrupoli, che sta inseguendo un'eredità di 3 milioni di dollari e scopre invece un fratello cancellato dalla memoria.

Si sviluppa così un rapporto difficile, ma anche la scoperta di una vera fratellanza, un'avventura drammatica e divertente, commovente e piena di sorprese.

 

Prima di Rain Man il Cinema aveva trattato di rado la tematica autismo.

 

L'interpretazione di Dustin Hoffman (Oscar come Miglior Attore Protagonista nel 1989) riesce a trasmettere un prisma di emozioni uniche, facendo capire e conoscere al pubblico sia la sofferenza di chi soffre di questa patologia, sia riuscendo a trasmettere le emozioni del proprio mondo nel vedere e vivere cose nuove, mostrando come non sia facile da parte di un familiare l’interazione con una persona autistica.

 

Il film di Barry Levinson non solo ci racconta come si possa vivere un legame con una persona non “normale”, fa molto di più.

Vuole dirci che a volte il disadattamento può salvarci dalla frenesia della società moderna, e che una patologia come questa, seppur tragica e complessa da gestire, può essere a suo modo speciale.

 

E pensare che Dustin Hoffman voleva lasciare il film durante le riprese:

“Non riuscivo a percepire il mio lavoro – dichiarò l'attore – pensavo di non essere all'altezza di una tematica così importante”.

 

Poi Barry Levinson lo prese da parte e gli mostrò il girato in cui Hoffman aveva ricreato l'essenza di Raymond solo per aver risposto “sì” a tutto quello che Cruise gli aveva detto.

 

“Fu una sensazione meravigliosa, mi trovavo in un territorio in cui credevo di stare fallendo.

In quei momenti ti senti come a metà tra due mondi”.

 

 

Posizione 1

Qualcuno volò sul nido del cuculo

(Miloš Forman, 1975)

 

Follia

 

Il vincitore della Top 8 sui film sulle malattie mentali in realtà è una pellicola che in questa lista, ad essere scrupolosi, non dovrebbe nemmeno rientrare.

Perché non parla di una malattia mentale in particolare, ma della follia umana in un senso più ampio, cogliendone tutte le sfumature più recondite.

 

Che dire di questo film meraviglioso di Miloš Forman valso 5 Premi Oscar (Miglior Film, Miglior Regia, Migliore Attore Protagonista, Migliore Attrice Protagonista e Miglior Sceneggiatura) e ancora metaforicamente attualissimo? 

 

Qualcuno volò sul nido del cuculo racconta la storia di Randle Patrick McMurphy (Jack Nicholson) che viene internato in un manicomio inizialmente con il solo scopo di attestare se la sua malattia mentale sia reale o simulata.

 

McMurphy si distingue da subito: ha un comportamento inaccettabile al contrario degli altri pazienti relativamente mansueti, non rispetta le regole dell’ospedale, prende in giro gli altri, gioca a basket da solo e recita la parte di un telecronista sportivo per divertire i compagni.

Allo stesso fine organizza un’uscita di massa non autorizzata, batte tutti a carte ripulendo i malati della loro scorta di sigarette, obbligando il personale medico a razionarle.

 

Pianifica una fuga insieme a Bromben, un paziente finto sordomuto con cui stringe amicizia e soprattutto si inimica la terribile caporeparto Mildred Ratched.

 

Con lei attua una vera e propria guerra fredda, che determinerà i tragici eventi del film. 

 

Il film è un atto di ribellione contro il sistema degli ospedali psichiatrici dell’epoca, in cui i pazienti non venivano riconosciuti come tali bensì erano annientati socialmente e psicologicamente, deturpati dell’anima da un sistema fintamente rivolto alla riabilitazione e all’aiuto.

 

Tante sono le malattie mentali illustrate in questo film, ma forse la peggiore di tutte è quella rappresentata dalla caporeparto Ratched: la crudeltà umana.

 

 



Chi lo ha scritto

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1 commento

Ettore Rocchi

4 anni fa

P.s. Tanto amore per Jack ❤️

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