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8 film da guardare con vostro padre (o forse no)

Otto film da (non) guardare con il proprio papà

La mano dura della punizione. Il caldo abbraccio del perdono. Lo scontro generazionale, il modello da superare.

Padre, dal Sole che feconda la Terra all’iconografia di Dio al Dio che si adira con gli uomini.

 

La figura del padre nella Storia dell’arte è rappresentativa della sua importanza.

 

Dio stesso è soltanto un orpello al miracolo della vita di cui la Vergine Maria e Gesù bambino sono protagonisti.

 

Tutt’oggi la società, nonostante le sue evoluzioni, rimane profondamente ancorata a questo modello.

 

 

[Il personaggio di Javier Bardem in madre! di Darren Aronofsky è padre in ogni senso: è divinità archetipica e creatrice della sua arte, del mondo intero e, solo in misura minore, del frutto del suo seme]

 

 

Lo esprime perfettamente Nora Fanshaw (Laura Dern) in Storia di un matrimonio:

"Alla base del nostro giudaico-cristiano c’è Maria madre di Gesù: lei è perfetta, è una vergine che ha generato la vita, che senza esitare ha supportato suo figlio e ha stretto fra le braccia il suo corpo esanime e il padre non era lì, non si è fatto vivo nemmeno per scoparla.

Dio è in paradiso, Dio è il padre e non si è nemmeno presentato".

 

Nell’iconografia occidentale, escludendo alcune celebri rappresentazioni, il rapporto padre-figlio ha sempre avuto una rilevanza limitata rispetto alla relazione madre-figlio e l'uomo rappresenta perlopiù il capofamiglia, una figura granitica e inscalfibile.

 

Nel Novecento inizia un’evoluzione della famiglia.

È un processo lento e arduo che va di pari passo con l’emancipazione femminile.

L’uomo inizia a rinunciare a una parte della sua autorità in favore dell’affetto.

 

La Festa del Papà è stata istituita proprio nei primi decenni del XX secolo in concomitanza con la festa di San Giuseppe: il tutore, pur non essendo biologicamente genitore, che lo diventa con la sua costante presenza.

 

La famiglia inizia a diventare orizzontale.

Il Cinema, l’arte che nella sua ecletticità più caratterizza il secolo scorso, ha raccontato cosa vuol dire paternità attraverso centinaia di pellicole, ma anche tante serie televisive.

 

Cercherò di citare alcune tra le più memorabili.

 

Siamo nel 1921 e Charlie Chaplin dirige il suo primo lungometraggio: Il monello è la storia del vagabondo Charlot che si prende cura di un bambino abbandonato, facendogli da padre nonostante la disastrosa situazione economica. 

 

 

[Il vagabondo e il monello]

 

Nel 1950 viene distribuito Il padre della sposa di Vincente Minnelli, una classica commedia americana nonché una delle più famose, di cui sono stati girati un remake nel 1991 con Steve Martin e una serie TV.

 

La storia è delle più archetipiche: un padre che non riesce a accettare la presenza di un altro uomo nella vita di sua figlia.

 

D’altra parte però il Cinema non ha documentato solo l’amore: basti pensare, per esempio, a Brutti, sporchi e cattivi di Ettore Scola in cui il padre-padrone di una numerosissima e poverissima famiglia è pronto a sacrificare ogni rapporto umano per avidità.

 

E proprio sul nascere degli anni ’80 arriva una scioccante rivelazione ne L'impero colpisce ancora. 

 

La space-opera più famosa di sempre è una metafora in salsa epica del conflitto generazionale, del figlio che ha il dovere di emanciparsi dal modello paterno e di diventare adulto proprio sconfiggendo il genitore.

 

 

[Ne L'impero colpisce ancora, il quinto episodio della saga di Star Wars, Luke Skywalker fa una scoperta sconvolgente]

 

Anche Eraserhead, l’incubo in bianco e nero di David Lynch, è in parte un film sulla paternità o, meglio, un rifiuto parziale di questa: la martellante necessità di evasione nei primi mesi della vita di un infante che succhia ogni linfa vitale dei suoi genitori, come un mostro.

 

La vita è bella di Roberto Benigni è la storia di un padre che, oltre a tentare difendere fisicamente il figlio per quanto possibile, cerca di tutelarlo dall’orrore della Storia e salvare la purezza della sua fanciullezza.

 

Un altro regista ad aver scandagliato il tema è stato sicuramente Wes Anderson: nel suo Cinema il conflitto genitore-figlio è spesso centrale, soprattutto il tentativo di riallacciare i rapporti indeboliti del tempo e dagli errori.

 

Ne sono un esempio lampante I Tenenbaum e Le avventure acquatiche di Steve Zissou.

 

 

[Bill Murray e Owen Wilson alla ricerca dello squalo giaguaro ne Le avventure acquatiche di Steve Zissou]

 

In queste famiglie fittizie dove meriti e colpe subiscono un'agrodolce sovrapposizione. 

 

I confini tra bene e male sono sicuramente meno labili nel capolavoro di Anderson, questa volta Paul Thomas, che ne Il petroliere descrive un rapporto padre-figlio progressivamente corrotto dall’avidità e dall’ambizione.

 

Nel già citato Storia di un matrimonio di Noah Baumbach avviene proprio l’inverso: Charlie sacrifica la sua ambizione per godere appieno della genitorialità.

 

Tra le opere del Cinema contemporaneo sicuramente l’esempio più lampante di amore genitoriale che trascende letteralmente lo spazio-tempo è rappresentato da Interstellar, di Christopher Nolan.  

 

Anche nel mondo della serialità il rapporto tra famiglie è spesso centrale.

In decine di sitcom spesso diventa proprio il perno intorno a cui ruota tutta la trama.

 

Basti pensare a quello che è probabilmente il padre americano più famoso della Storia dell'animazione televisiva: Homer Simpson.

 

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Posizione 8

Captain Fantastic

Matt Ross, 2016

 

Il film di Ross, in bilico sul filo dell'hipsterismo senza mai degenerare nel posticcio, racconta la storia della famiglia Cash, cioè Ben (Viggo Mortensen), la moglie Leslie gravemente malata e i loro sei bambini cresciuti senza TV, corrente elettrica, cibo preconfezionato.

 

Si sostentano tramite l'agricoltura biologica, leggono Fëdor Dostoevskij, discutono di trotskismo.

Un evento tragico li riporterà alla civiltà. 

 

Cash è un padre tanto amorevole quanto dittatoriale, protettivo e soffocante, le sue scelte di vita fanno di Captain Fantastic una pellicola con velleità più provocatorie che poetiche, che spinge a ragionare sull'importanza del compromesso e della mediazione. 

 

Posizione 7

Nebraska

Alexander Payne, 2013

 

Alexander Payne racconta della provincia gretta e meschina in un elegantissimo bianco e nero, tramite lo sguardo cinico di Woody Grant (Bruce Dern), padre anziano, cinico e alcolizzato. 

 

L'uomo, spinto da una vincita che si rivelerà fasulla, intraprende un viaggio a piedi dal Montana al Nebraska, nonostante i dubbi di suo figlio David (Will Forte) che, accompagnandolo, avrà occasione di conoscerlo meglio.

 

In questo road-movie caustico viene demolita sia l'idea del paesino custode prezioso dei valori identitari e comunitari sia la retorica di un passato felice rispetto a un presente impietoso; il rapporto padre-figlio è l'unico valore a uscirne vincitore. 

 

O, per meglio dire, sopravvissuto. 

 

Posizione 6

La samaritana 

Kim Ki-duk, 2004

 

Jae- yeong e Yeo-Jin sono due giovanissime liceali legate da un sentimento morboso e torbido.

Una si prostituisce, l'altra è complice, vogliono raccogliere soldi per un viaggio in Europa.

 

Senza scegliere nei tragici dettagli, a scoprire questo inganno ci sarà il padre poliziotto di Yeo-Jin.

 

Il rapporto padre-figlia diventa predominante nella seconda parte della pellicola, il film acquisisce i connotati di un deforme ma a sua volta anche amorevole romanzo di formazione.

 

Il loro rapporto segnato da piccole attenzioni segue un percorso parabolico: dopo un climax ascendente di dolore mortificato e represso il film sfuma in un viaggio catartico nella natura, dove padre e figlia si riconciliano, senza retorica ma solo attraverso segni e simboli.

 

Posizione 5

Padre Padrone

Paolo e Vittorio Taviani, 1977

 

Liberamente ispirato dall'omonimo romanzo autobiografico di Gavino Ledda, la grottesca pellicola racconta la vicenda del giovane pastore Gavino (Saverio Marconi) e del suo rapporto con Efisio, dispotico capofamiglia (Omero Antonutti) che gli impedì di frequentare la scuola, lasciandolo analfabeta fino all'età adulta.

 

Gavino cresce isolato dalla civiltà e l'inettitudine sociale, oltre che l'estrema solitudine, lo spinge a avere persino rapporti carnali con animali.

 

La voglia di cambiare del ragazzo però è più forte dell'autorità e della freddezza del padre e riuscirà a dare una svolta alla sua vita.

Padre Padrone è un urlo spietato contro la granitica cultura patriarcale. 

 

Posizione 4

Decalogo 1

Krzysztof Kieslowski, 1989

 

Decalogo è una serie di 10 mediometraggi indipendenti l'uno dall'altro, della durata all'incirca di 55 minuti, prodotti tra il 1988 e il 1989.

Ognuno degli episodi racconta una storia di vita quotidiana, direttamente o indirettamente ispirati a uno dei Dieci Comandamenti. 

 

Krzysztof (Henryk Baranowski) è un padre ateo e professore di fisica che cresce solo e con attenzione suo figlio Pawel (Wojciech Klata).

 

Liquida i dubbi di suo figlio su tutto ciò che c'è di trascendentale, crede nella potenza della tecnologia.

Sarà proprio per la troppa fiducia nell'infallibilità del computer che suo figlio Pawel morirà. 

 

Dilaniato dal senso di colpa Krzysztof si recherà in chiesa, dove la cera di una candela scorre dall'occhio di una Madonna dipinta, come a voler simboleggiare l'empatia divina verso il dolore e la possibilità di perdono.  

 

Posizione 3

Father and Son

Hirokazu Kore'eda, 2013

 

Due bambini sono stati scambiati alla nascita.

Passano sei anni e le due famiglie scoprono dello scambio. 

 

Il film, sfruttando il cliché classico della commedia sullo scambio di culle, spinge a riflettere su cosa vuol dire paternità, a maggior ragione al giorno d'oggi, ma soprattutto sull'importanza del legame di sangue per definirsi genitore.

 

Vediamo dunque due famiglie agli antipodi, da un lato quella del severo e ambizioso Ryota Nonomiya (Masaharu Fukuyama), dall'altro quella squinternata ma allegra di Saiki. 

 

Il protagonista è sostanzialmente Ryota che, affascinato dal fatto che l'indole dei due bambini rispecchi il loro pattern genetico, vivrà un complicato conflitto interiore che lo porterà alla scelta finale. 

 

Posizione 2

La fontana della vergine

Ingmar Bergman, 1960

 

Avete presente Taken, il film d'azione in cui Liam Neeson ribalta mezzo mondo per salvare la figlia da un rapimento, intriso di voglia di vendetta?

 

A una storia "simile", ma molto più tragica, molto più autoriale, incredibilmente più profonda, aveva pensato Ingmar Bergman nel 1960.

 

Siamo nel medioevo e una famiglia benestante manda in chiesa Karin (Birgitta Pettersson), la giovane e bella figlia, poiché la tradizione vuole che sia una vergine ad accendere i ceri alla Madonna.

Purtroppo la sfortunata e giovanissima ragazza morirà brutalmente e suo padre Tore (Max Von Sydow, da poco scomparso) avrà modo di vendicarsi di stupratori e assassini. 

 

Bergman, meglio di chiunque altro, scandaglia l'animo umano e porta in scena il dolore di un padre distrutto che si sente abbandonato da Dio. 

 

Posizione 1

Tarda Primavera

Yasujiirō Ozu, 1949

 

Noriko (Setsuko Hara), ragazza dolce e sempre sorridente, vive con suo padre vedovo Shukichi (Chishû Ryû).

 

Padre e figlia sono legati da un rapporto indissolubile costruito intorno a piccoli gesti di attenzione, sorrisi di comprensione, una grande e sincera considerazione dell'opinione reciproca.

 

Eppure un amore così forte non può fare a meno di essere travolto dal più sottovalutato dei maremoti, la calamità sociale a cui prima o poi tutti dobbiamo sopravvivere: le convenzioni sociali, il conformismo forzato la cui ribellione può costare un posto tra i reietti nella società. 

È tempo di trovare un marito a Noriko. 

 

Il finale delicato e commovente mostra Shukichi mentre sbuccia una mela, nella casa priva del calore di una figlia amorevole, una figlia che si era separata definitivamente da lui con gli occhi tristi di chi sa di consegnarsi ad un futuro non desiderato.

 



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1 commento

Lorenza Guerra

3 anni fa

Mi manca ancora!

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