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Il Signore degli Anelli di Ralph Bakshi

Il primo splendido (e sfortunatissimo) adattamento de Il Signore degli Anelli di J.R.R. Tolkien, firmato Ralph Bakshi

Buonanotte amici della notte.

Sarò onesto: devo dire di non essere mai stato un grande appassionato del genere fantasy.


Le riproposizioni (più o meno) contemporanee del mito della cappa e della spada non hanno mai avuto grande presa sul sottoscritto.

Eppure esiste un’opera di questo ceppo letterario dalla quale ho sempre subito un’enorme fascinazione.


Ovviamente sto parlando de Il Signore degli Anelli

 

 

[Un artwork originale dal film Il Signore degli Anelli di Ralph Bakshi]

 


C’è stato un tempo in cui avrei saputo recitare nella Lingua Nera di Mordor il passaggio più famoso della Poesia dell’Anello e – come moltissimi del "grande pubblico" – ho decisamente apprezzato il lavoro fatto da Peter Jackson con la sacra trilogia (un po’ meno quello per Lo Hobbit, ma soprassediamo). 


Tuttavia, l’origine della mia passione, prima ancora dell’incontro con il tomone del romanziere britannico, è collocabile quando – ancora bambino – incrociai la strada del primo adattamento cinematografico di The Lord of the Rings.
Un incontro tanto stupefacente e straordinario quanto – a tratti – angosciante per gli occhi di un bambino.


Una di quelle esperienze in grado di segnare indelebilmente il percorso culturale di un individuo.


Era il 1972 quando Ralph Bakshi, nato in Palestina ma cresciuto nel Bronx, entrava sgomitando nel mondo dell’animazione underground americana.  

La prima creatura sprigionata dalla sua matita fu Friz il gatto, tratto dall’omonimo fumetto di Robert Crumb.

 

Il film (che è stato il primo prodotto di animazione ad essere stato vietato ai minori di 18 anni) racconta le avventure di un gatto antropomorfo nell’America degli anni ’60.

 

Permeato di una satira caustica, sesso, abusi di buffe sostanze psicotrope ed etnie animalesche ben rappresentate dai corrispettivi slang (il linguaggio black dei corvi-afroamericani è entrato nella storia), Friz il gatto – nonostante sia stato vittima di un doppiaggio-killer in italiano – fu un successo che proiettò l’autore verso una carriera che prometteva rose e fiori.

 

[Friz il gatto, 1972]



Negli anni seguenti Bakshi continuò la sua avventura nel mondo dell’animazione creando pellicole come Coonskin (con Barry White che prestò la sua voce al protagonista) e Wizards.

 

La natura controversa dei film, l’animazione sperimentale e i contenuti “forti” di queste tre pellicole segnano il contributo essenziale dato dal regista alla nascita del cinema d’animazione per adulti.

Qualche anno prima dell’uscita di Friz il gatto, la United Artists aveva acquistato i diritti de Il Signore degli Anelli con l’intenzione di farne un film in live-action.

 

Il progetto venne quindi affidato a John Boorman (Zardoz, Un tranquillo weekend di paura, Excalibur, Il sarto di Panama) che, dopo essersi beccato 3 milioni di dollari per scrivere e dirigere il film, tirò fuori una sceneggiatura talmente fuori luogo e poco coerente col mondo di Tolkien da essere messo gentilmente alla porta dai produttori.

“Grazie ancora per i tre testoni, mi facevano comodo” pare abbia dichiarato in seguito. 

 

 

[Sangue, sesso e black slang. Uno dei corvi di Friz il gatto



A questo punto entra in scena il nostro Bakshi.

 

Saul Zaentz, già produttore di Friz il gatto, persuase la United Artists a tradurre il progetto in una versione disegnata e animata dallo stesso Bakshi.

 

Il regista, da appassionato dell’opera, si propose di mantenere vive il più possibile le atmosfere del romanzo, tanto da incontrare Priscilla Tolkien (la ultimogenita dello scrittore) per garantirglielo.

Cominciò quindi la travagliata produzione del film.

Bakshi ottenne di poter dividere il film in due sezioni, al contrario di quanto previsto dalla sceneggiatura di Boorman, e di eliminare e rivedere tutte le scelte scellerate e poco aderenti alla storia proposte dal regista del bizzarro mondo fantascientifico di Zardoz.

Contrariamente, non gli venne accordata la possibilità di far realizzare la colonna sonora ai Led Zeppelin, come avrebbe voluto per conferire al film la giusta alternanza fra il classicismo dell’opera di Tolkien e l’avanguardia rock della band britannica.

 

Su suggerimento di Zaentz le musiche vennero affidate invece a Leonard Rosenman (vincitore di due premi Oscar e autore di colonne sonore come quelle di Gioventù bruciata e Barry Lyndon: non proprio l’ultimo dei piccioni, insomma) il quale confezionò degli accompagnamenti musicali troppo tradizionali e classici che, sia per Bakshi, sia per i critici, risultarono essere una delle poche note stonate del film.

 

 

[I terrificanti orchi realizzati per l'opera di Bakshi. Un bel colpo d'occhio per un film di 40 anni, no?]



Terminata la produzione, la prima trasposizione de Il Signore degli Anelli si consegnò alla Storia del Cinema di Animazione come un’opera artistica visionaria, sperimentale e di altissimo valore.


Realizzato con la tecnica del Rotoscoping (modalità di rappresentazione animata iperrealistica dove il disegnatore “ricalca” immagini riprese in precedenza, rimodellandole secondo un preciso stile figurativo), Bakshi definì il proprio lavoro come: 

“Il primo esempio di pittura realistica in movimento”

 

[Bakshi sul set]



A mio parere (ma anche di critici del calibro di Roger Ebert), nell’affermazione del regista non c’è traccia presunzione: Il Signore degli Anelli è un film riuscitissimo nelle sue atmosfere dark e nella sua aderenza – seppur con qualche logico taglio e modifica – alla storia raccontata nell’epico romanzo di John Ronald Ruel Tolkien.


Tant’è vero che lo stesso Peter Jackson ha affermato che, nella realizzazione della sua trilogia, il film di Bakshi è stato un vero e proprio punto di riferimento.

 
 

[Un modello per Peter Jackson]



Come detto in precedenza, il film doveva essere diviso in due parti: la prima, infatti, si conclude con la Battaglia del Fosso di Helm mentre, purtroppo, la seconda non è mai stata girata a fronte di un supposto insuccesso commerciale.

“Supposto”, già.

La United Artists bollò in questo modo il risultato del film, anche se il lavoro di Bakshi rese otto volte tanto il budget stanziato (4 milioni circa contro gli oltre 30 milioni di dollari incassati al botteghino americano) e incontrò il favore di molti critici eminenti e testate giornalistiche di rilievo.

Ralph Bakshi continuò il suo percorso nel mondo dell’animazione dirigendo nel 1981 American Pop e Fire and Ice nel 1983.

 

L’opera di questo artista ha illuminato il mondo dell’animazione – contaminando, a mio modo di vedere, classici come Heavy Metal – fino al 1992, quando diresse Fuga dal mondo dei sogni, il cugino violento e sboccato di Chi ha incastrato Roger Rabbit con Brad Pitt, Kim Basinger e Gabriel Bryne.

 

 
 

[Un paio di frame dall'allucinato Fuga dal mondo dei sogni di Bakshi]

 

 

Da lì in avanti… puff… Stile Keiser Soze.

 

Il che è un dannatissimo peccato. 

Il mio consiglio per voi è quindi di recuperare non solo il suo splendido Signore degli Anelli (magari evitando versioni doppiate piene zeppe di nomi di personaggi storpiati) ma l’intera filmografia di questo pioniere dell’animazione americana costretto (ahinoi) a una cessazione prematura dell’attività.

- Il Signore degli Anelli, di Ralph Bakshi, 1978

 

Buonanotte, miei cari Balrog di Khazad-dûm. 

 

 

 

P.S.: Piccolo cinefact in chiusura: pur non essendo accreditato nei titoli di coda, fra gli animatori del film, alla sua prima esperienza cinematografica, c’è un giovanissimo Tim Burton.


P.P.S.: se per caso vi imbatteste nei film di animazione de Lo Hobbit e Il Ritorno del Re, evitateli come la peste.

Non hanno nulla a che vedere con il tenore visivo/narrativo dell'opera di Ralph Bakshi.

 

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2 commenti

Adriano Meis

5 anni fa

Sì, dopo 40 anni il peso del tempo lo sente un po'...ma resta comunque una pietra miliare del cinema di animazione!

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Adriano Meis

5 anni fa

...e il tema musicale che li accompagnava era davvero lugubre. Probabilmente l’unico segmento azzeccato della colonna sonora di Rosenman

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