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Inside Out è filosofia ¦ Dentro e fuori la nostra infanzia

Una disamina fatta con il cuore, con riferimento all'utilitarismo di John S. Mill e Jeremy Bentham, a Freud, alla Psicologia della Gestalt ed alla Psicologia dello sviluppo.

Il tutto si apre con il consueto corto che da sempre accompagna ogni lungometraggio targato Pixar: questa volta in scena scorre Lava, di James Ford Mur­phy, e non poteva che essere anch'esso un inno alle emozioni; nella versione originale è ancora più delizioso poichè gioca sull'assonanza fra le parole "lava" e "love". 

 

Poi si passa un'ora e mezza a nuotare immersi in una sinestesia. 

 

Inside Out è un'opera incredibilmente adulta, piena e zeppa di "tecnicismi" relativi alla psicologia infantile e, in generale, all'evoluzione cognitiva: sono citati molti concetti propri dei movimenti classici della psicologia e, fra tutti, certamente la psicanalisi e la la psicologia della Gestalt; non solo, le stesse coprotagoniste, le Emozioni, non sono state scelte casualmente, ma sono quelle che sono state definite "emozioni primarie" (ossia quelle innate e presenti in qualunque etnia, e da sempre - questa è la definizione di "universale"). 

 

 

 

 

A onor del vero mancano anche "disprezzo" e "sorpresa", tuttavia impersonificate rispettivamente da "disgusto" e "gioia". 

 

Questo basta a fare di Inside Out il film d'animazione incredibilmente maturo che è, ma la sala era comunque piena di bambini, e a ragione!

Perché quest'opera è anche un'incredibile esplosione cromatica ed è ricca di una fantasia ed una visionarietà senza pari: quello che si vede ad "Immagilandia" o il solo concetto della "Cineproduzione sogni" sembra impossibile pensare che non sia stato scritto da un bambino. 

 

Ma Inside Out è un'opera strepitosa anche per altri motivi, ad esempio perché il soggetto è a dir poco brillante, ma, allo stesso tempo, rischiosissimo.

 

Mi spiego: soprattutto i primi venti/trenta minuti (fino a quando si delinea un intreccio anche dentro la mente di Riley, per intenderci) assistiamo a una padronanza della sceneggiatura e del montaggio davvero notevoli, perché sarebbe stato facilissimo rendere l'operato delle Emozioni una sorta di "sala dei bottoni" dove dei mostriciattoli onnipotenti si divertivano a pilotare quasi sadicamente un essere umano, invece, dicevo, gli autori sono stati bravissimi a trovare un equilibrio fra il loro operato e il decorso naturale (e realistico) della vita. 

 

 



Insomma, la "sorpresa" per le novità della vita in realtà coinvolge anche le stesse Emozioni che, sì, hanno un indubitabile "potere" su Riley, ma non possono ad esempio cambiare sempre e comunque l'umore della bimba: più che burattinai onnipotenti sono demiurghi che plasmano l'emotività della bambina solo con quello che hanno a disposizione (una console dall'ampiezza limitata, i personalissimi e contingenti ricordi di Riley...).

 

Insomma loro non sono Riley, perché Riley - e lo si dice chiaramente ad un certo punto - è le sue passioni, le sue "Isole della personalità", tutt'al più i suoi "ricordi base".

 

Questo è stato un colpo di genio e ci suggerisce anche una riflessione sulla preminenza di queste istanze sulle nostre emozioni; e stessa cosa fa un'idea ben radicata (pensate ad Inception).

 

A ragione di questo vedremo Gioia e Tristezza inermi vittime del subconscio piuttosto che spettatrici impotenti dello sgretolamento della personalità della bimba.

Questo per quanto riguarda la sceneggiatura.

 

 

Il montaggio, poi, è un continuo saltare "inside out" in un bilanciamento davvero perfetto.   

 

 



Un altro rischio per questo progetto era la sua totale originalità.

 

Intendiamoci, esiste qualche altro prodotto che aveva sviluppato un soggetto simile (penso al capitolo conclusivo di Tutto quello che avreste voluto sapere sul sesso* (*ma non avete mai osato chiedere) di Woody Allen...), ma l'originalità con di certe trovate e tematiche resta lo stesso indubbia.

 

Un rischio, dicevo, perché vedendo il trailer (composto dalla scena della cena) uno spettatore poteva illudersi di aver capito tutto su come sarebbe stato il film, ma la trovata di portare l'intreccio dall'"esterno" - in cui se ci si pensa succedono invece davvero pochissime cose - all"'interno" ha spazzato ogni scetticismo che poteva sorgere circa la possibile ripetitività della storia. 

 

 

 

Ed è una pellicola d'animazione anticonvenzionale anche per il fatto di non delineare mai "un cattivo" ben riconoscibile, e questo poteva certamente confondere lo spettatore bambino (figurarsi che io stesso ad un certo punto pensavo che dovesse essere Bing Bong).

 

Per questo Inside Out piace moltissimo agli adulti, ma fra i più piccoli non diventerà mai un cult come ad esempio Frozen, il cui intreccio è indubbiamente più classico; ma dopotutto questa è sempre stata la differenza dei prodotti targati Pixar.

 

Che poi il "cattivo" esiste, sebbene sia troppo astratto per essere colto da un bimbo, ed è l'apatia.

Sono il crollo delle passioni e della personalità di Riley che la porterebbero all'incomunicabilità. 

 

 



Ed è molto chiaro il concetto che le emozioni siano lì per proteggere la nostra incolumità in tutti i sensi. 

 

A questo proposito la presa di coscienza dell'importanza di Tristezza - personaggio (e concetto) che tutti sono subito portati a ritenere negativo ed inutile - è stata deliziosa: anch'essa stava inconsciamente proteggendo Riley fin dall'inizio.

 

Deliziosa e rivoluzionaria, soprattutto in una società come quella americana le cui radici psicologiche affondano nell'utilitarismo di J. S. Mill e Jeremy Bentham, per cui l'unico criterio moralmente retto ed ambito è il piacere (e la felicità). 

 

 

 

 

Altri aspetti che ho adorato sono che le emozioni maturino in consapevolezza assieme alla bambina e vedere sul finale le "isole della personalità" maturate perché frutto di una naturale complessificazione delle emozioni, ora miste e "secondarie"!

 

Inside Out è un film che fa pensare davvero tanto.

 

Io ho passato un'ora e mezza a divertirmi a scovare tutti i riferimenti alla psicologia cognitiva - per quel che potessi conoscere dati i miei rari studi in merito - ma, al tempo stesso, mi sentivo amareggiato pensando a me stesso di fronte a scene come quelle dell'infantile "stupidera" perduta e all'immensa discarica di ricordi evanescenti.

 

La scena di Bing Bong che diviene un ricordo cancellato (o meglio, un non-ricordo, che è peggio) mi ha davvero commosso moltissimo.

Da notare su questo, di nuovo, l'attenzione degli autori a non intralciare con la loro storia la vera e naturale evoluzione di una psiche.

 

Mi avrebbe infatti infastidito vedere Riley che, senza motivo, riaccedeva a un ricordo praticamente obliato. 

 

 

 

 

In questi termini era inevitabile che le due Emozioni ritornassero al "quartier generale" (L'"Io", per dirla con S. Freud), poichè, come si dice ad un certo punto,

"Noi emozioni non possiamo assolutamente squagliarcela".

 

Uno spettatore minimamente attento si sarà certamente reso conto della paradossale sfera emotiva delle stesse emozioni (vediamo Gioia piangere, per dire), ma oltre ad alimentare vertiginose e divertenti speculazioni sulla presenza di altre cinque Emozioncine dentro le Emozioni stesse (e così in un "regresso ad infinitum") in realtà è tutto spiegabile nei termini a cui accennavo, e cioè con la maturazione delle emozioni primarie in "secondarie" e, quindi, miste. 

 

Che poi sarebbe stato molto noioso vedere cinque personalità totalmente unidimensionali per tutto il tempo, diciamo che la cosa avrebbe intrattenuto per, appunto, il tempo di un trailer.

 

Altre idee esilaranti e geniali sono state i sogni come set di un film senza trama, la sequenza nella stanza del pensiero astratto (fasi teorizzate dalla psicologia dello sviluppo) e, più di tutto, il treno dei pensieri con i binari che si creavano "in itinere".

 

Inside Out, inoltre, è un'espressione inglese che significa sia "dentro e fuori" che "al rovescio": ottima trovata pure quella!  

 

 



Infine vorrei spendere due parole sul regista, Pete Docter: coideatore e cosceneggiatore dei primi due capitoli di Toy Story, di WALL-E e già regista di Monsters & Co. e Up. 

Niente di meno.

 

Le musiche, invece, sono di Michael Giacchino, che in passato ha curato le partiture - per limitarci ai film d'animazione Pixar - de Gli Incredibili, Ratatouille, Up e Cars 2.

 

Unico rimpianto è che per questa pellicola non ci sia stata nessuna canzone candidabile ai premi Oscar 2016: mi sarebbe piaciuto sentirla nei titoli di coda, magari scritta sulle note del bellissimo tema principale. 

 

Il premio Oscar, meritatissimo, se lo sarebbe però dovuto spartire con il capolavoro di Charlie Kaufman, Anomalisa; ma questa è un'altra storia e, forse, un'altra filorecensione.

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40 commenti

Sebastiano Miotti

5 anni fa

Fantastico

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Sebastiano Miotti

5 anni fa

Non mi vergogno a dire che mi commuove tutto il film, con picchi particolari quando cadono le isole della personalità e nei due momenti di cui parli tu, sì

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Sebastiano Miotti

5 anni fa

Grazie Misa :) 
Penso anche io che possa risuonare a tutte le fasi della vita. I più fortunati saranno quelli che all'uscita avevano l'età di Riley

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Vi.

5 anni fa

Io sinceramente ce lo vedrei per il suo essere atipico! Chi lo sa, tra un paio di anni si vedrà 😁😝

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Panda

5 anni fa

Più che altro mi riferisco a progetti singoli, quali il datato Fritz il Gatto o il relativamente recente Anomalisa. Ma ci sarebbero tanti esempi anche nell'animazione giapponese, che ha più familiarità nel campo.

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Sebastiano Miotti

5 anni fa

Un nuovo classico la vedo dura, un film indimenticabile sì!

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Sebastiano Miotti

5 anni fa

Grazie a te!

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Sebastiano Miotti

5 anni fa

Grazie davvero

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Sebastiano Miotti

5 anni fa

Belle parole Kelevra

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Sebastiano Miotti

5 anni fa

Voi studenti di psicologia dovete regalarceli questi approfondimenti, però ahah

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