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Il diritto all’immagine delle celebrità

Chiunque pubblichi abusivamente il ritratto di una persona nota è tenuto al risarcimento del danno

Chiunque pubblichi abusivamente il ritratto di una persona nota è tenuto al risarcimento del danno.

Questa è la regola generale da tenere presente sempre e molto semplicemente.

 

Perchè dovresti risarcire il danno avendo pubblicato l’immagine di un personaggio noto senza il suo consenso?

La ragione sta nel fatto che la pubblicazione determina un danno di natura patrimoniale se la notorietà della persona deriva da un’attività (nella specie nel campo dello spettacolo) cui si ricollega la consuetudine dello sfruttamento rimunerato dell’immagine.

 

La pubblicazione abusiva fa venir meno, per l’interessato, la possibilità di offrire l’uso del proprio ritratto per pubblicità di prodotti o servizi o comunque di commercializzare al meglio la propria immagine.

 

In pratica, pubblicando l'immagine, la fotografia perde di valore anche economico e tu, che l'hai pubblicata, devi risarcire il danno.

 

 

 


 

Con la sentenza n. 1875 del 2019, la Corte di Cassazione ha accolto il ricorso di un vip (che ha voluto rimanere anonimo) contro una casa editrice per aver rubato e poi pubblicato alcune fotografie scattate nel giardino della sua villa mentre era... in compagnia.

 

La sentenza è interessante non tanto per la vicenda trattata quanto per la pronuncia sulla tutela del diritto di immagine delle celebrità.

La Cassazione ripercorre i principi giurisprudenziali in materia.

 

La sentenza della Corte d’Appello, impugnata dal vip, aveva escluso la concreta esistenza di un danno patrimoniale dalla pubblicazione delle fotografie, in quanto era ben noto che il vip in questione avesse, tramite il suo portavoce, espressamente escluso il consenso alla pubblicazione di immagini della propria vita privata.

 

Per questo motivo si sarebbe negata la possibilità dello sfruttamento economico dei ritratti rubati.

 

 



Richiamando la precedente sentenza n. 22513 del 2004 (il caso Sandrelli, dal nome della nota attrice italiana) la Corte di Cassazione ha ribadito che:

 

“L’abusiva pubblicazione, quando comporta la perdita, da parte del titolare del diritto, della facoltà di offrire al mercato l’uso del proprio ritratto, dà luogo al corrispondente pregiudizio.

 

Tale pregiudizio non è poi escluso dall’eventuale rifiuto del soggetto leso di consentire a chicchessia la pubblicazione degli specifici ritratti abusivamente utilizzati, atteso che per un verso detto rifiuto non può essere equiparato ad una sorta di abbandono del diritto, con conseguente caduta in pubblico dominio, in quanto nella gestione del diritto alla propria immagine ben si colloca la facoltà, protratta per il tempo ritenuto necessario, di non pubblicare determinati ritratti, senza che ciò comporti effetto ablativo [..]

con la conseguenza che lo sfruttamento abusivo del ritratto, in quanto frustrante della predetta strategia generale che solo al titolare del diritto spetta di adottare, può risultare fonte di pregiudizio ben più grave di quello corrispondente al valore commerciale della specifica attività abusiva, il cui risarcimento ben può essere effettuato in termini di perdita della reputazione professionale, ove questa sia allegata in giudizio, da valutarsi caso per caso dal giudice di merito nei limiti della ricchezza non conseguita dal danneggiato, ovvero anche con il ricorso al criterio di cui all’art. 1226 cod. civ.“.

 

Per quanto concerne la liquidazione del danno patrimoniale, la Corte di Cassazione richiama il principio già stabilito con la sentenza n. 12433 del 2008 secondo cui:

 

“L’illecita pubblicazione dell’immagine altrui obbliga al risarcimento anche dei danni patrimoniali, che consistono nel pregiudizio economico di cui la persona danneggiata abbia risentito per effetto della suddetta pubblicazione e di cui abbia fornito prova.

 

In ogni caso, qualora non possano essere dimostrate specifiche voci di danno patrimoniale, la parte lesa può far valere il diritto al pagamento di una somma corrispondente al compenso che avrebbe presumibilmente richiesto per concedere il suo consenso alla pubblicazione, determinandosi tale importo in via equitativa, avuto riguardo del vantaggio economico conseguito dall’autore dell’illecita pubblicazione e ad ogni altra circostanza“.

 

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