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Gustavo Santaolalla - Intervista: la musica come ponte tra le radici e il mondo

Dal cuore delle tradizioni musicali argentine al Cinema internazionale, tra ronroco, profumi, parkour e corazonade 

Gustavo Santaolalla è un musicista eclettico, polistrumentista e produttore argentino, due volte Premio Oscar per le colonne sonore di Babel (diretto da Alejandro G. Iñárritu) e I segreti di Brokeback Mountain (diretto da Ang Lee).

 

Santaolalla sarà in Italia in tre date: il 23 ottobre a Cagliari, il 16 novembre a Roma e il 18 a Vercelli (biglietti disponibili online sul sito di Hidden Door), per celebrare l’anniversario del suo iconico album Ronroco

A 25 anni dalla sua uscita l’artista torna a far vibrare quello strumento originario delle Ande a cui l’album è dedicato, che ha dato voce a storie e mondi raccontati nel Cinema. 

 

Maria Socci 

Che significato hanno per te questo album e questo strumento?

 

Gustavo Santaolalla

Ronroco è stato molto importante per la mia vita e la mia musica. 

Il disco è composto da registrazioni che avevo raccolto in un periodo di 13 anni della mia vita ed è stato Jaime Torres, un grande suonatore di charango (strumento vicino al ronroco), il Ravi Shankar del charango, che mi ha spinto a mettere insieme una compilation quando ha sentito il mio materiale.

 

L'ho pubblicato con l'etichetta Nonesuch perché non si adattava al catalogo di Surco, la mia label di musica alternativa che si concentra principalmente su rock, hip hop e generi simili. 

Abbiamo pubblicato il disco senza fare molta promozione, ma le radio universitarie qui a Los Angeles hanno cominciato a trasmetterlo.

È stato attraverso questo album che sono entrato nel mondo del Cinema.

 

Un giorno ho ricevuto una telefonata da Michael Mann che voleva usare uno dei pezzi per The Insider, il film con Al Pacino e Russell Crowe.

Così in seguito fui contattato anche da Alejandro G. Iñárritu, con cui adesso festeggiamo il 25° anniversario di Amores perros, per la cui colonna sonora ho utilizzato proprio il ronroco. 

Amores perros poi mi ha portato a I diari della motocicletta (Walter Salles) e così via fino a The Last of Us, il cui tema principale è eseguito sempre con questo strumento.

 

I segreti di Brokeback Mountainè l’unico film in cui non ho usato il ronroco, ma solo la chitarra.

 

 

[Gustavo Santaolalla e le musiche di The Last of Us Parte II]

 

 

MS

Come ti sei deciso a dedicare un concerto a questo album?

 

Gustavo Santaolalla

Normalmente nei miei concerti eseguo un repertorio molto eclettico: ci sono pezzi energetici, accanto ad altri più calmi, pezzi acustici, folk e classici.

Ronroco è un album più omogeneo come suono e mood, ma ho deciso che lo strumento meritava un suo concerto, così come pure il mio rapporto con esso.

 

L’anno scorso abbiamo fatto un sacco di cose per preparare questo anniversario: ho creato una versione digitale del ronroco con Spitfire, ho inventato un nuovo strumento che è un’unione di ronroco e chitarra elettrica.

Sto addirittura lanciando un profumo, in collaborazione con un’azienda che ha sede a Milano, realizzato a partire dai legni dello strumento.

 

Infine ho deciso di mettere insieme questo concerto che sono felicissimo di portare in Italia, considerando anche il mio background che è per metà spagnolo e per metà italiano, come la maggior parte degli argentini.

 

MS

Senti un certo legame con il nostro paese quindi?

 

Gustavo Santaolalla

Moltissimo! Vorrei tanto parlare italiano (in italiano)! 

 

MS

Hai descritto una volta questo album come un “soundscape non tradizionale”: cosa intendevi con questa espressione?

 

Gustavo Santaolalla

La musica che faccio con questo strumento non è necessariamente musica tradizionale delle Ande.

Alcune tracce ne avranno certamente qualche eco, ma altre hanno sentori di musica africana, altre di musica dell’Europa orientale o dall’Asia. 

 

È una gioia per me aver portato e integrato questo strumento nell’orchestra.

 

 

[Gustavo Santaolalla con il Premio Oscar]

 

 

MS

Nella tua ricerca artistica affronti spesso il tema dell’identità. Del resto, la tua musica riflette fortemente il legame profondo con le tue origini argentine. 

 

Opere come Qhapaq Ñan: Desandando el Camino (documentario da lui prodotto al quale partecipa anche come protagonista e autore delle musiche) vanno controcorrente: in un mondo che ci impone di essere cosmopoliti e in qualche modo senza radici, tu affermi l’opposto.

 

Gustavo Santaolalla

È così. Sai, io ho iniziato a scrivere musica a una età molto precoce.

Ho avuto una formazione tradizionale tra i cinque e i dieci anni, ma non ho mai gestito bene l’aspetto accademico della musica. 

Una delle prime cose in cui mi sono cimentato sono state canzoni folkloristiche e il primo gruppo che ho formato a dieci anni era un trio di musica folk argentina.

A 12-13 anni andavo a una scuola britannica e ho iniziato a scrivere le prime piccole cose ispirate ai Beatles in inglese.

 

Molto presto ho capito che dovevo cantare nella mia lingua, ma non volevo che fossimo semplicemente una band britannica che canta in spagnolo: volevo suonare la mia terra. 

E così ho iniziato a fondere rock con musica folk argentina e latinoamericana. Sono stato molto criticato dall’establishment rock per questo, dicevano che la musica non era rock e che stavo solo suonando una chacarera [ndr: danza argentina] con la chitarra elettrica.  

 

Ma il tempo mi ha dato ragione.

 

 

[Trailer di Qhapaq Ñan: Desandando el Camino, miniserie documentaria prodotta da Gustavo Santaolalla che racconta, attraverso la sua voce e le sue musiche, un viaggio verso le origini]

 

 

MS

Un’identità geografica specifica può parlare un linguaggio universale: come preservi l’autenticità delle tue radici mentre componi per progetti come quelli cinematografici che superano i confini geografici?

 

Gustavo Santaolalla

Sai, prima negli Stati Uniti la parola “latino” veniva subito ricollegata allo stereotipo del tipo con il sombrero da mariachi e le congas. 

Ma adesso c’è un gruppo di persone latine, penso ad artisti come Alejandro Iñárritu, Alfonso Cuarón, Guillermo del Toro, che ha portato qualcosa di diverso, un tocco diverso e la cui identità emerge sempre indipendentemente dal materiale che producono.

 

È importante non dimenticare mai le radici perché è dove tutto inizia. Il resto è solo un’espansione di quell’identità originaria. 

Se penso, per esempio, alle musiche che ho composto per I segreti di Brokeback Mountain so che Atahualpa Yupanqui è lì, in quei silenzi, nel modo in cui suono la chitarra.

Così le mie radici sono sempre presenti in tutto quello che faccio e si manifestano in questo tocco diverso… anche senza congas!

 

Ma sicuramente devo aggiungere che l'identità è un qualcosa che si espande: all'inizio della vita la tua identità coincide con la tua casa, nel confronto con le sorelle, i fratelli, i genitori.

Poi si espande a chi sei nel tuo quartiere, nella tua città, nel tuo paese, nel tuo continente.

Sono un latino che viene dall'Argentina, che vive a Los Angeles e che ha lavorato molto in Messico.

Ho vissuto per molti anni negli Stati Uniti e c'è qualcosa nella musica nordamericana che ormai fa parte della mia identità.

 

È importante non dimenticare le radici, perché è ciò da cui tutto inizia.

 

[Trailer de I segreti di Brokeback Mountain con le musiche di Gustavo Santaolalla]  

 

 

MS

Nel film Babel colleghi e unisci storie ambientate in parti diverse del mondo con un’unica voce musicale: qual era il tuo obiettivo con le musiche composte per questo film?

 

Gustavo Santaolalla

Volevo creare una colonna sonora in stile world music, che però non fosse riconducibile a una specifica realtà geografica.

La mia intenzione era trovare sonorità che collegassero quei mondi senza sembrare un documentario della National Geographic.

 

Ho trovato il timbro giusto nell’oud che è un antico strumento a corde antenato del liuto (quindi anche del ronroco).

Ne ho fatto un uso massiccio suonandolo però sempre a modo mio, non come fanno gli oudisti: loro suonano con il plettro, io invece suono con le dita e il fraseggio è totalmente diverso.

 

MS

Tu ami suonare gli strumenti in modo non convenzionale!

 

Gustavo Santaolalla

Esatto, suonare strumenti che non so suonare è la mia passione! 

Credo che se sei un artista e ti danno uno strumento, devi essere in grado di produrre un qualche tipo di evento musicale, anche se ciò significa calpestare lo strumento o romperlo.

 

MS

Le tue colonne sonore sono spesso minimali, sospese, essenziali.

Qual è la funzione narrativa del silenzio nella tua musica?

 

Gustavo Santaolalla

Beh, penso che il silenzio sia molto importante perché dà più valore alle note; non suonare richiede un esercizio di controllo critico.

I silenzi sono eloquenti, pieni di informazioni, non sono semplice assenza. A volte può essere più forte un silenzio di una chitarra distorta.

 

Ultimamente mi sono molto appassionato al parkour. Non lo pratico ovviamente, ma mi piace guardare video di chi lo fa.

Ho notato un parallelo tra questa disciplina e la musica. 

Quando saltano da un edificio all’altro, prendono la rincorsa e poi decidono dove saltare.

Ecco: il momento in cui decidono di saltare è come l’ultima nota prima del silenzio e il punto in cui atterrano rappresenta la nota successiva.

 

Quella sospensione piena di tensione tra lo stacco e l’arrivo è come il silenzio in musica.

 

 

[Gustavo Santaolalla durante un'esibizione]

 

MS

Come differisce il tuo approccio alla composizione di una colonna sonora rispetto alla musica puramente strumentale?

 

Gustavo Santaolalla

Non differisce perché si tratta sempre di raccontare una storia, che sia per un videogioco, un film o una canzone.

 

MS

Hai descritto il tuo approccio alla composizione come più intuitivo e istintivo che razionale.

Racconti spesso che la tua insegnante di musica, quando eri piccolo, smise di darti lezioni dicendo a tua madre: "Il suo orecchio è più forte della mia musica".

Qual è il confine tra razionalità e istintività nell'arte? Pensi che un approccio più accademico possa interferire in qualche modo con la creatività?

 

Gustavo Santaolalla

No, no, non lo penso. Credo però che la musica sia profondamente collegata all’emozione e, se è solo mentale, non rappresenta pienamente l’essere umano, che non è fatto solo di cervello ma anche di cuore, elemento fondamentale. 

In termini elettromagnetici credo che il cuore vibri dieci volte più forte del cervello e ha anche capacità cognitive.

 

Questo intendiamo con il termine “corazonada”: che è quando il cuore intuisce qualcosa prima ancora che la mente riesca a comprenderla.

___

 

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